Bonus Mobili e accorpamento immobili: come calcolare la detrazione?

Bonus Mobili e accorpamento immobili, si ha diritto o meno ad una doppia agevolazione? Il quesito è stato posto da una contribuente a “La posta di FiscoOggi”, la rubrica di fiscoggi.it a cura dell’Agenzia delle Entrate.

Il caso in oggetto interessa la ristrutturazione di un’abitazione che, a fine lavori, sarà accorpata ad un’altra. La contribuente pone inoltre i seguenti dubbi: come inserire l’acquisto dei mobili nella precompilata, trattandosi di due unità immobiliare censite separatamente? Quali sono i limiti di detraibilità?

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Nella risposta, a cura di Paolo Calderone, si fa riferimento alla Circolare delle Entrate n.17 del 2023 del 26 giugno 2023, dove vengono, appunto, dettagliati i limiti di detraibilità nel caso di interventi di recupero edilizio che comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa.

Vediamo nel dettaglio quale spiegazione è stata fornita alla contribuente.

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Bonus Mobili: quando viene riconosciuto più volte?

La detrazione fiscale per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici è un beneficio che si applica al 50% delle spese sostenute, ma con alcune specifiche per il 2023 e il 2024. Nel 2023, la detrazione è calcolata su un limite massimo di 8 mila euro, mentre nel 2024 tale importo si riduce a 5 mila euro. È importante sottolineare che tale limite è legato a ogni singola unità immobiliare coinvolta nella ristrutturazione.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che quando un contribuente esegue interventi su più unità immobiliari, il diritto alla detrazione è riconosciuto più volte.

Pertanto, in risposta alla contribuente viene citata la Circolare 17/e del 2023 dove si legge che nel caso di interventi di recupero edilizio che comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa, per l’individuazione del limite di spesa vanno considerate le unità immobiliari censite in Catasto all’inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori (Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 3).

Ciò anche nell’ipotesi in cui l’unità immobiliare su cui si effettuano i lavori non sia ad uso abitativo (per esempio, fienile).

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Superbonus, cessione credito e Bonus Barriere Architettoniche: i dubbi del CNI

Il Decreto Legge 29 dicembre 2023, n. 212 recante “Misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”, introduce l’ennesima modifica (di cui si è ormai perso il conto) alle norme del Superbonus 110%, oltre ad altre novità sulle opzioni alternative alle detrazioni fiscali e sul Bonus Barriere Architettoniche.

Le pressanti richieste degli operatori però non sono state soddisfatte e si teme fortemente che molti di quelli che avevano avviato gli interventi e che si sono improvvisamente scontrati con il problema del blocco della cessione dei crediti, non troveranno adeguate soluzioni.

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Necessario qualche mese in più

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri riteneva, e ritiene, che per i numerosi cantieri in avanzato stato di esecuzione la semplice concessione di qualche mese in più per concludere i lavori sarebbe stata sufficiente per poter completare molti interventi rimasti bloccati, anche a causa delle continue variazioni alle possibili opzioni alternative alle detrazioni fiscali (sconto in fattura e cessione del credito).

L’introduzione di una sorta di sanatoria, prevista dall’art. 1, c. 1, del D.L. per chi non riuscirà a terminare i lavori, che esclude il recupero delle detrazioni fiscali indirette (a seguito di opzione alternativa) anche in caso di mancato raggiungimento del “salto” di due classi energetiche, non può essere considerata completamente soddisfacente in quanto non tiene minimamente conto del mancato miglioramento energetico degli edifici e dei contenziosi che molto probabilmente ne seguiranno.

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Limite di reddito troppo basso

Inoltre, desta perplessità il meccanismo del contributo previsto dall’art. 1, c. 2, del D.L. a favore dei proprietari di unità immobiliari in condominio con reddito di riferimento non superiore a 15 mila euro, per le spese sostenute nel 2024. Tale limite di reddito, infatti, appare estremamente basso e non viene specificato l’ammontare del contributo che sarà erogato, nei limiti delle risorse disponibili. In tal senso bisognerà attendere l’emanazione del previsto decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Infine, sorprendono le limitazioni imposte dagli artt. 2 e 3 del D.L. alle possibilità ormai residue di utilizzare le opzioni alternative alle detrazioni fiscali (cessione del credito e sconto in fattura) per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici nei Comuni dei territori colpiti da eventi sismici, nonché alle spese sostenute per gli interventi di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’art. 119-ter del D.L. 34/2020, riducendone anche l’ambito di applicazione.

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I dubbi del CNI

In conclusione, il Consiglio Nazionale Ingegneri si domanda se effettivamente il nuovo Decreto sia sufficiente ed adeguato per risolvere le problematiche attualmente esistenti sul tema, che rischiano di creare seri danni e contenziosi. In tal senso si attendono e, soprattutto, auspicano approfondimenti ed eventuali variazioni/integrazioni in sede di conversione in legge del decreto.

Allo stesso tempo, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ribadisce la mancanza di un piano generale programmatico per il risanamento del patrimonio edilizio, strettamente necessario per affrontare concretamente il tema complesso del sistematico risanamento energetico previsto dalle nuove disposizioni europee, che dovrebbe impegnare il Paese intero per i prossimi decenni.

Comunicato stampa a cura di Antonio Felici, capo Ufficio Stampa Consiglio Nazionale degli Ingegneri

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Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% - eBook in pdf


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Le detrazioni fiscali fino al 75% dei costi per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche sono una opzione concreta, rilanciata dopo la fine del c.d. Super Bonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate con una serie di documenti di prassi ha riconosciuto la possibilità di avete il bonus per tutte le tipologie di intervento che presentano le caratteristiche previste dalle norme.

La presente guida fornisce tutte le indicazioni sulle tipologie di interventi ammessi alle detrazioni (dal rifacimento del bagno ai serramenti, dall’installazione di ascensori e servoscale agli impianti domotici, ecc. con l’indicazione delle regole e delle procedure da seguire per richiedere l’agevolazione, compresa l’applicazione dell’IVA al 4%.

La guida è arricchita da una sezione di casi concreti, in forma di quesiti risolti, che completano la trattazione analitica.

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Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassazione in materia fiscale e condominiale.
 
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Source: Ediltecnico.it

No sostituzione infissi e serramenti con le nuove regole del Bonus Barriere 75%

Tra le novità del 2024 c’è la rimodulazione del Bonus Barriere Architettoniche al 75%. Abbiamo spiegato nel dettaglio cosa resta e cosa salta dell’agevolazione, dopo la pubblicazione in Gazzetta del DL del 29 dicembre 2023, n. 212, ma la notizia più eclatante riguarda l’esclusione, tra gli interventi che rientrano nel perimetro del Bonus, della sostituzione di infissi e serramenti.

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La possibilità di godere della detrazione per questo tipo di intervento era stata confermata con un chiarimento esplicito da parte dell’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta 461/2022. A seguire ANFIT, Associazione nazionale che tutela la finestra Made in Italy, con un comunicato stampa annunciava la possibilità di estendere sconto in fattura e cessione del credito anche al Bonus Barriere Architettoniche 75%.

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No sostituzione infissi e serramenti, no domotica

Con il provvedimento normativo di fine anno 2023 cambiano le regole e decade così la possibilità di sfruttare la detrazione per rinnovare infissi e serramenti e installare sistemi automatici per le aperture e il sollevamento delle tapparelle.

Il Bonus, dal 1° gennaio 2024, è pertanto applicabile solo per la realizzazione, in edifici già esistenti, di interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto esclusivamente scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Non perderti: Nuovo decreto Superbonus: contributo redditi bassi, stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75% e cessione Sismabonus

Come cambia il Bonus Barriere 75% dal 1° gennaio 2024?

Per conoscere nel dettaglio tutte le novità del Bonus Barriere e sciogliere tutti i dubbi in merito, non perdere il webinar in diretta – che si terrà mercoledì 24 gennaio 2024 (ore 14:30 – 17:30) – Detrazione 75%: il bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, in cui l’esperta Antonella Donati illustrerà nel dettaglio le regole 2024, i soggetti e gli interventi ammessi, i meccanismi di cessione credito e di sconto in fattura, tutti i requisiti e le attestazioni necessarie.

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Ultime Superbonus: salvo 110 per lavori già pagati, contributo per pochi, rischio contenziosi in condominio

Salva la detrazione del 110% per tutti i lavori pagati entro fine anno, anche se non è possibile cedere il SAL perché non sono stati conclusi. La quota di spese pagata che non entra nel SAL si potrà comunque detrarre, e la detrazione non si perde in ogni caso, anche se alla fine non si raggiunge la riduzione di due classi energetiche perché si decide di tagliare i lavori piuttosto che far fronte alle spese con la detrazione ridotta al 70%.

Per i proprietari con redditi familiari fino a 15.000 euro arriva la possibilità di ottenere il rimborso delle spese eventualmente dovute nel 2024, sia per gli interventi condominiali sia nel caso di villette, in modo da azzerare i costi dei lavori.

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Dalla lettura del testo del decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 28 dicembre sembra essere questa la soluzione trovata dal governo, che di fatto permette di evitare la perdita dell’agevolazione anche per chi non finisce i lavori e quindi non raggiunge gli obbiettivi di risparmio energetico (>> ecco il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Insomma la detrazione si salva anche se in questo modo si vanifica l’obbiettivo stesso del Superbonus, ossia quello di assicurare l’efficientamento energetico degli edifici.

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Sì alla detrazione anche senza chiudere i lavori

Per come è scritto il testo fin qui circolato, infatti, si conferma lo stop al 110% con il 31 dicembre di quest’anno, ma si dà la possibilità di usufruire di questa aliquota per tutte le spese effettuate fino a questa data anche se non è stato possibile presentare il SAL, ossia la dichiarazione di stato di avanzamento dei lavori.

La relazione al provvedimento spiega infatti che con la formula individuata le detrazioni spettanti “non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione degli interventi, limitatamente all’importo corrispondente alla detrazione riferibile alla quota dell’intervento effettuato entro il 31 dicembre 2023”.

Resta da capire a questo punto se la quota di spesa effettuata entro il 31 dicembre, ma che non può essere inserita in un SAL, può essere comunque ceduta o solo usufruita in detrazione. Nel primo caso si avrebbe il famoso “SAL straordinario”, nel secondo caso invece si potrebbe solo portare in detrazione l’importo pagato. Il tutto, comunque, anche nel malaugurato caso in cui non sia possibile chiudere il cantiere e quindi non sia possibile ottenere il salto di due classi energetiche.

I cantieri rimasti a metà

Per come è scritto il decreto, dunque, si riconosce il diritto all’agevolazione fiscale anche se i lavori restano a metà, in quanto la detrazione non si perde “in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche”.

Insomma si vanificano tutti gli sforzi fatti raggiungere la riqualificazione, perché se i condomini non vogliono farsi carico della quota di spesa necessaria per chiudere il cantiere possono farne a meno, anche lasciando il lavoro a metà. Certo è difficile pensare che una volta avviati i lavori per la coibentazione ci sia chi è disposto a lasciare il palazzo senza le rifiniture, ma è un dato di fatto che questa formulazione può dare la possibilità, a chi era contrario fin dall’inizio, di rimettere in discussione il versamento delle rate nel 2024, dal momento che si dovrebbe far carico di pagare il 30% del costo dei lavori (visto il taglio della detrazione al 70% nel 2024), aprendo così il contenzioso sia con gli altri condomini che con la ditta incaricata dei lavori.

Rimborso solo per i redditi bassi

Nello stesso decreto il governo, comunque, offre la possibilità di avere un rimborso per la quota eventualmente a carico ai proprietari con un reddito familiare fino a 15.000 euro, ma anche in questo caso l’intervento è circoscritto. Per avere diritto al rimborso, infatti, deve essere  stato raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento.

Il decreto, comunque, salva i proprietari a basso reddito sia per gli interventi in condominio che per le villette.

Nulla da fare negli altri casi: chi non avesse completato i lavori dovrà scegliere se restare con la casa a metà o pagare la quota a carico, che in questo caso è più elevata. Per le case unifamiliari, diversamente che per i condomini, la detrazione scende al 65% per i lavori di Ecobonus, e al 50% per gli altri interventi.

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Stop alla cessione del credito anche nelle aree sismiche

Il decreto, poi, interviene anche sugli interventi di consolidamento nelle zone sismiche per i quali è ammesso il Superbonus al 110% per gli interventi di ricostruzione fino al 31 dicembre 2025. Si prevede infatti che sia possibile usufruire delle opzioni per sconto in fattura o cessione del credito solo per gli interventi di demolizione e ricostruzione, e solo per questi, a patto che risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori in data antecedente a quella dell’entrata in vigore del decreto.

Inoltre in relazione alle spese per gli interventi avviati dopo l’entrata in vigore del decreto diventa obbligatorio stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori, polizze “catastrofali”, ossia a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamità naturali.

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Stretta Bonus Barriere Architettoniche 2024: cosa resta e cosa salta

Addio alla detrazione più amata del 2023: con l’arrivo del nuovo anno non sarà più possibile usare il Bonus Barriere Architettoniche 75% ad ampio raggio per cambiare infissi o rifare il bagno. Con il nuovo decreto-legge approvato il 28 dicembre il governo ha deciso di tornare alle origini e lasciare la detrazione solo per scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Sconto in fattura e cessione del credito restano solo per i lavori condominiali e quelli nelle villette con proprietari a basso reddito o disabili in casa. Si salvano però dalla stretta i lavori già avviati e quelli per i quali è stato firmato un preventivo e pagato un acconto.

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Detrazione sì, ma niente sconto e cessione per i soggetti IRES. Insomma le Entrate avevano allargato le maglie, e ora il governo sconfessa questa interpretazione e torna a quella che doveva essere l’effettiva ragione del bonus.

Solo ascensori in prima battuta

La detrazione al 75% per l’abbattimento delle barriere architettoniche era stata inserita nella legge di Bilancio per il 2022 (poi prorogata al 2025) con l’intento – dichiarato nel corso dei lavori parlamentari – di consentire di installare gli ascensori nei condomini, oppure all’interno delle villette, con una detrazione più elevata rispetto a quella ordinaria del 50%, per favorire, appunto, la mobilità.

Per questo, non a caso, il testo di legge agevolava gli interventi sugli “edifici” prevedendo tetti di spesa differenziati a seconda del numero di immobili presenti nell’edificio stesso, riconoscendo la stessa detrazione anche alle spese di automazione e smaltimento dei vecchi impianti. E anche la differenziazione del tetto di spesa faceva ricondurre a questa interpretazione: previsto infatti un importo massimo detraibile di 50.000 euro per  gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari  funzionalmente autonome; 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari; 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.

Il bonus a maglie larghe dopo l’intervento delle Entrate

Da una prima lettura del testo di legge, dunque, tutto sembrava voler ricondurre l’agevolazione all’abbattimento delle barriere intese, appunto, come scale e altri dislivelli, e ai lavori sulle parti comuni oppure sugli edifici indipendenti, non certo a quelli nei singoli appartamenti. E questa è stata l’interpretazione prevalente almeno  per i primi mesi del 2022.

Inaspettatamente, però, l’Agenzia delle entrate rispondendo ad un interpello, nel settembre di quell’anno, aveva dato una interpretazione estensiva, riconoscendo il bonus al 75% anche per il rifacimento dei bagni e degli infissi, prevedendo in più la possibilità di utilizzare due tetti di spesa, uno per gli eventuali lavori in condominio e l’altro per i lavori all’interno degli appartamenti, prevedendo per questi ultimi un ammontare detraibile di ben 50.000 euro, come per le villette, insomma.

E non solo: il via libera ai lavori agevolati con il bonus è stato dato, infatti, anche per i lavori su edifici non a destinazione residenziale, quindi riconoscendo la possibilità di avere la detrazione anche per i soggetti IRES, ad esempio per installare un ascensore in un capannone destinato a showroom. Così per tutto il 2023 il bonus barriere di fatto è stato il più gettonato grazie anche al fatto che solo questo era stato salvato dal blocco delle opzioni di cessione e sconto scattato a febbraio di quest’anno.

Un boom che però non è passato inosservato, tanto da essere oggetto anche di un’interrogazione parlamentare, con la quale si chiedeva al governo se non ci fosse in questo modo il rischio di abusi. E ora il governo ha detto stop.

Bonus Barriere Architettoniche 2024, cosa cambia

Il nuovo decreto sul Superbonus, infatti, come era stato preannunciato, contiene la stretta sul Bonus Barriere (>> ecco il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale). A partire dal 1° gennaio 2024 la detrazione è riservata solo a agli interventi aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Ammessi ancora i lavori su tutti gli edifici e non solo quelli a destinazione residenziale, ma viene meno possibilità di avere l’agevolazione per i soli interventi di automazione.

Quando si salvano sconto e cessione

Per quanto riguarda poi sconto in fattura e cessione del credito, da gennaio 2024 l’opzione è possibile solo per gli interventi sulle parti comuni di edifici residenziali o nelle villette, villette a condizione che il proprietario abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, oppure che nel nucleo familiare sia presente un disabile.

Salvi i lavori in corso e i contratti con acconti già versati

Il decreto salva comunque dalla stretta su sconto e cessione solo nel caso di interventi per i quali, in data antecedente a quella dell’entrata in vigore del decreto:

  • sia stata presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
  • siano già iniziati i lavori se si tratta di edilizia libera;
  • se i lavori non sono iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Il solo preventivo accettato, insomma, non basta.

Obbligatorio comunque in tutti i casi pagare con il bonifico parlante e avere l’asseverazione del rispetto dei requisiti del D.M. 236/1989 che detta le regole per gli interventi a norma della legge di abbattimento delle barriere architettoniche.

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Nuovo decreto Superbonus: contributo redditi bassi, stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75% e cessione Sismabonus

Come anticipato ieri, sfumata l’ipotesi di proroga Superbonus nella Legge di Bilancio 2024, nel Consiglio dei ministri del pomeriggio del 28 dicembre il governo ha presentato, oltre al nuovo Milleproroghe, un decreto legge ad hoc che va ad affrontare nello specifico Superbonus, Bonus Barriere Architettoniche 75% e Sismabonus.

Il nuovo decreto legge di fine anno reca infatti “Misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.77 (decreto-legge)”. Ecco cosa prevede (>> qui trovi la bozza datata 28 dicembre 2023, ore 20:30, qui invece il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale).

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Superbonus 2024

Come si legge nel comunicato stampa del governo, “in relazione ai cantieri avviati nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul Superbonus 110%, sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023“. Per gli interventi ancora da effettuare invece, a partire dal 1° gennaio 2024 “si confermano le percentuali previste a legislazione vigente” (quindi il 70%).

Inoltre, al fine di tutelare i cittadini con i redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri Superbonus 110% che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori SAL non inferiore al 60% al 31 dicembre 2023, “è previsto uno specifico contributo, riservato ai percettori di redditi inferiori a 15.000 euro, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024“. A quanto si legge nel comunicato, il contributo sarà erogato dall’Agenzia delle entrate nei limiti delle risorse disponibili, secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (da adottare entro 60 giorni) e non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.

Approfondisci con l’articolo: Ultime Superbonus: salvo 110 per lavori già pagati, contributo per pochi, rischio contenziosi in condominio

Stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75%

Nello stesso provvedimento – come era stato anticipato ieri – è entrata anche una decisiva stretta al Bonus Barriere Architettoniche 75%, verso il quale come abbiamo visto in molti si stavano indirizzando a fronte delle difficoltà e dei timori legati alla fine del Superbonus.

Nel comunicato stampa si legge che “a tutela delle persone con disabilità e al fine di evitare l’uso improprio dei bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, si limita il novero degli interventi sottoposti all’agevolazione e i casi per i quali continua a essere previsto sconto in fattura e cessione del credito, salvaguardano la tutela delle persone con disabilità”.

In particolare, si legge nella relazione illustrativa della prima bozza del DL che l’agevolazione sarà limitata agli interventi “aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici“. Non c’è quindi più alcuna possibilità di sfruttare il Bonus Barriere Architettoniche per l’installazione di nuovi infissi, per rifare il bagno o per gli interventi di automazione e domotica.

Aggiunto inoltre l’obbligo di “apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti” e di tracciabilità dei pagamenti, da effettuare quindi con il cosiddetto bonifico parlante.

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Stretta su cessione/sconto Sismabonus

Infine sono entrate nel nuovo DL anche le preannunciate “norme di maggior rigore” per cessione del credito e sconto in fattura in caso di Sismabonus. Nel comunicato si legge: “A partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, si esclude la possibilità di cessione del credito d’imposta nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici relativi alle zone sismiche 1-2-3 compresi in piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per le quali non sia stato richiesto, prima della stessa data, il relativo titolo abilitativo.”

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Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% - eBook in pdf


Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% – eBook in pdf

Le detrazioni fiscali fino al 75% dei costi per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche sono una opzione concreta, rilanciata dopo la fine del c.d. Super Bonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate con una serie di documenti di prassi ha riconosciuto la possibilità di avete il bonus per tutte le tipologie di intervento che presentano le caratteristiche previste dalle norme.

La presente guida fornisce tutte le indicazioni sulle tipologie di interventi ammessi alle detrazioni (dal rifacimento del bagno ai serramenti, dall’installazione di ascensori e servoscale agli impianti domotici, ecc. con l’indicazione delle regole e delle procedure da seguire per richiedere l’agevolazione, compresa l’applicazione dell’IVA al 4%.

La guida è arricchita da una sezione di casi concreti, in forma di quesiti risolti, che completano la trattazione analitica.

Lisa De Simone,
Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassazione in materia fiscale e condominiale.
 
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Lisa De Simone, 2023, Maggioli Editore
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Articolo Nuovo decreto Superbonus: contributo redditi bassi, stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75% e cessione Sismabonus di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

L’acquisto crediti da Bonus Edilizi non genera reddito imponibile per lo studio professionale

Acquistare crediti fiscali per pagare le imposte. Un’operazione tanto più conveniente quanto più basso è il prezzo di acquisto. Ma il vantaggio economico che si ricava è a sua volta soggetto a tassazione?

Un interrogativo che si sono posti in molti, ora che sono attive diverse piattaforme private per la cessione dei crediti a partire da quelli di Superbonus, che consentono di effettuare acquisti a tutti i soggetti interessati.

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I dubbi sono stati risolti una volta per tutte dall’Agenzia delle Entrate con la riposta 472 del 30 novembre scorso che apre a nuove possibilità di effettuare operazioni di questo tipo per tutti coloro che non hanno redditi da imprese e non hanno svolto alcuna attività professionale nei confronti del soggetto che cede il credito.

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Acquisto crediti come operazione finanziaria

Il quesito al quale le Entrate hanno fornito risposta nasce da un’associazione di dottori commercialisti, uno studio associato, che intende acquistare un credito fiscale da Superbonus ceduto da un loro cliente. Si tratta di un’operazione di tipo strettamente economico, in quanto né lo studio in quanto tale né i singoli professionisti hanno svolto alcun tipo di attività legata al Superbonus nei confronti del cliente, neppure l’emissione del visto di conformità sulla pratica. Il credito, quindi, non viene acquistato come corrispettivo di una prestazione.

Ma visto che l’acquisto avviene ad un prezzo inferiore al valore degli stessi crediti, dovrà essere tassato o no il “differenziale positivo” che risulta dall’operazione, o si deve tener conto del fatto che in questo caso non c’è stata alcuna prestazione professionale?

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Le regole per i professionisti

Come chiarito dall’Agenzia nella circolare 23/2022, se un professionista appone il visto di conformità applicando lo sconto in fattura, l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110%, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell’articolo 54 del TUIR che prevede l’imponibilità dei “corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale”.

Quindi anche se la prestazione è pari, ad esempio a 500 euro, dal momento che il credito ottenuto è di 550 euro, l’Agenzia ritiene che debba essere soggetto a tassazione questo intero importo, e non il valore della semplice prestazione.

Tuttavia nel caso dello studio associato non viene fornita alcuna prestazione professionale, né lo studio genera reddito d’impresa.

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La tassazione per le imprese

Un’impresa che acquista un credito d’imposta pagandolo meno rispetto al suo valore utilizzabile in compensazione, infatti, come precisato nella risposta 105/2020, deve tassare la sopravvenienza attiva, ai sensi dell’articolo 88 del TUIR.

L’importo corrisponde alla differenza tra il valore nominale e il costo di acquisto, e va dichiarato nell’esercizio in cui il credito è acquisito. Non è però questo il caso, dato che l’associazione non produce questa tipologia di redditi.

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Associazione e tassazione

Le associazione professionali senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, ricorda infatti l’Agenzia, sono assimilate alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi. Questo comporta che non possono svolgere attività d’impresa e che il proprio reddito imponibile costituito dalla sommatoria delle singole categorie di reddito indicate all’art. 6 del TUIR, e imputato per trasparenza in capo a ciascun associato e assoggettato a IRPEF.

Quindi ai fini della tassazione occorre verificare se il ”provento” (che si determina tra la somma impiegata per acquisire il credito e il valore nominale dello stesso) rientri tra i redditi di capitale, i redditi di lavoro autonomo o i redditi diversi di cui, rispettivamente, agli articoli 44, 53 e 67 del TUIR.

Ai fini IRPEF, infatti, solo se si ha un arricchimento inquadrabile in una delle categorie reddituali individuate dalla normativa il “provento” è soggetto a tassazione.

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Niente norme ad hoc, nessuna tassazione

Analizzando le voci una per una, l’Agenzia ritiene che il differenziale dato dal conto di acquisto del credito e importo utilizzabile in compensazione non rientri in nessuna delle categorie di reddito individuate dalla legge in quanto:

  • non costituisce un impiego di capitale e, quindi, non può essere considerato un reddito di capitale;
  • non può essere considerato un reddito di lavoro autonomo in quanto per il suo calcolo si considera la differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, e per quanto ampia, la nozione di 兎lementi immateriali・ non include i differenziali derivanti dall’acquisto di crediti di imposta a un valore inferiore a quello nominale;
  • non rientra neanche tra i redditi dal carattere eterogeneo e residuale rispetto alle altre categorie tra le quali le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, ovvero dal rimborso di titoli o certificati di massa.

Quindi, conclude l’Agenzia, in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all’eventuale differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, si ritiene che detto acquisto non genera reddito imponibile in capo all’associazione.

In sostanza per tutti i professionisti è possibile acquistare crediti d’imposta ad un prezzo più basso del valore nominale senza essere soggetti a tassazione sul differenziale tra prezzo e importo utilizzabile in compensazione.

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Foto:iStock.com/Dilok Klaisataporn

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