L’equo compenso non ha niente a che fare con i minimi tariffari

Ecco le parole di Zambrano, Presidente del CNI, a proposito del parere dell’Antitrust secondo il quale l’equo compenso è contrario ai principi di concorrenza: “Ci stiamo battendo per ottenere il riconoscimento di un diritto e stavolta la politica è stata ad ascoltarci. L’Antitrust ci ha dato una bacchettata, sostenendo che l’equo compenso viola la libera concorrenza. Noi diciamo che una libera concorrenza senza regole penalizza i professionisti, soprattutto quelli giovani”. Zambrano ha dato appuntamento alla manifestazione “Equo compenso: un diritto”, organizzato cda RPT e CUP in programma giovedì mattina a Roma al teatro Brancaccio.

Equo compenso: l’errore dell’Antitrust

Secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, la posizione dell’Antitrust contro l’equo compenso per i liberi professionisti conferma che l’Autorità garante “è rimasta ferma al secolo scorso”. E prosegue: “Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza”.

Stella sottolinea giustamente che l’equo compenso non fissa dei minimi tariffari, ma “interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti”. Non c’è restrizione alla libera concorrenza, quindi, ma limitare le possibilità delle amministrazioni locali a pubblicare bandi con un compenso simbolico per prestazioni complesse e onerose.

I giovani sono stati i più penalizzati

L’Agcm sostiene che l’introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani, continua Stella, perché gli ultimi dieci anni di deregulation hanno colpito loro e i redditi medi dei giovani si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro all’anno. Il processo di liberalizzazione delle professioni ha creato nuove forme di precariato tra i giovani professionisti, “calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro”.

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Equo compenso, il 30 novembre confermata la manifestazione

L’OICE, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura italiane di Confindustria, parteciperà alla manifestazione sull’equo compenso il 30 novembre, al teatro Brancaccio di Roma. Prima dell’episodio del Comune di Solarino, che ha pubblicato un bando da 1 euro per la riqualificazione di due scuole, l’OICE aveva dichiarato: “Importante che il DL Fiscale riconosca il principio, soprattutto sul fronte privato”. Dopo l’episodio di Solarino, la manifestazione, che non sarebbe saltata nemmeno in seguito alla piega positiva che aveva preso la questione con l’inserimento dell’equo compenso nel decreto fiscale, ha ancora più ragione di essere organizzata.

Il Presidente dell’Associazione di Via Flaminia, Gabriele Scicolone, dichiarato: “L’OICE ha deciso di partecipare alla manifestazione del 30 novembre per condividere con la Rete delle Professioni Tecniche (RPT) e con il Comitato Unitario delle Professioni (CUP), una posizione netta e chiara: ridare dignità agli operatori economici che lavorano in ambito professionale in ogni forma giuridica e rifiutare ogni svilimento economico dell’attività professionale”. Queste dichiarazioni risalgono al pre-Solarino e avevano un loro valore e una loro importanza. Dopo quell’episodio, valgono ancora di più.

A proposito di “equo compenso“, l’OICE ha sempre posto molta attenzione nell’ambito locale: da più di 20 anni monitora distorsioni nei comportamenti delle stazioni appaltanti, fino all’ultimo caso di Catanzaro e sentenza 4614 del Consiglio di stato, “padre” e “madre” del caso Solarino. Sono stati proposti due emendamenti al codice degli appalti, accolti dal decreto correttivo, che vietano di usare sponsorizzazioni e rimborsi spese come corrispettivi e impediscono di subordinare il pagamento al finanziamento dell’opera.

È importante che il decreto fiscale riconosca il principio dell’equo compenso per tutelare i professionisti, gli studi e le società che ogni giorno operano fra mille difficoltà. Dopo Solarino e dopo il NO dell’Antitrust all’equo compenso per tutti i professionisti, servirà ribadire con ancora più forza sull’attuazione del principio in ogni ambito, a partire prima di tutto da quello pubblico, dove è necessario individuare meccanismi efficaci per mantenere l’equo compenso. La manifestazione si terrà il 30 novembre a Roma, al Teatro Brancaccio.

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L’equo compenso è contrario ai principi della concorrenza

La norma introdotta dal Senato nel decreto fiscale sarebbe in contrasto con i principi della concorrenza e con i processi di liberalizzazione e l’introduzione nel decreto fiscale dell’equo compenso per tutte le professioni ostacola il processo competitivo e vanifica anche le riforme pro-concorrenziali introdotte di recente

Lo sostiene l’Antitrust in una segnalazione pubblicata sul Bollettino settimanale n. 45 di oggi. Qui puoi scaricare il bollettino dell’AGCOM sull’equo compenso. Eccone i passaggi salienti.

Equo compenso: perchè è contro la libera concorrenza?

L’art. 19 quaterdecies del ddl citato introduce, per tutte le professioni, una disciplina delle clausole vessatorie ulteriore sia rispetto a quella già prevista dal codice civile agli art. 1341 e 1342, sia rispetto a quella introdotta dalla legge 22 maggio 2017, n. 81 (Jobs Act).

La disciplina in questione introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra professionisti e i clienti che fissino un compenso a livello inferiore dei valori previsti nei parametri individuati dai decreti ministeriali sarebbero da considerare vessatorie. Inoltre, è altamente improbabile che i clienti accettino la fissazione di un compenso a livelli inferiori assumendosi, così, il rischio di vedersi contestare in corso d’opera o anche successivamente il mancato rispetto del principio dell’equità.

In definitiva, tramite la disposizione in esame viene sottratta alla libera contrattazione tra le parti la determinazione del compenso dei professionisti (ancorché solo con riferimento a determinate categorie di clienti). L’articolo, che tra l’altro ripresenta alcune disposizioni già inserite in Disegni di legge presentati alla Camera e al Senato, si pone, nel suo complesso, in contrasto con consolidati principi posti a tutela della concorrenza.

Secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, infatti, le tariffe professionali fisse e minime costituiscono una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione.

In quest’ottica, l’effettiva presenza di una concorrenza di prezzo nei servizi professionali non può essere collegata a una dequalificazione della professione, giacché, come più volte ricordato dall’Autorità, è invece la sicurezza offerta dalla protezione di una tariffa fissa o minima a disincentivare l’erogazione di una prestazione adeguata e a garantire ai professionisti già affermati sul mercato di godere di una rendita di posizione determinando la fuoriuscita dal mercato di colleghi più giovani in grado di offrire, all’inizio, un prezzo più basso.

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Equo compenso, bando da 1 euro anche nel Comune di Solarino

Dopo l’inserimento dell’equo compenso nel decreto fiscale per tutte le professioni e non solo per gli avvocati, arriva lo stesso un caso Catanzaro 2: il comune di Solarino (Siracusa) ha pubblicato due bandi con base d’asta 1 euro per la progettazione. La sentenza del Consiglio di Stato n. 4614, precedente al caso Catanzaro, ha fatto scuola, come ha anche osservato Inarsind.

Equo compenso: ancora svalutata la progettazione

A Solarino, quindi, sono stati pubblicati due bandi di gara per la progettazione e DL dei Lavori di efficientamento energetico di due scuole in cui l’importo per la progettazione viene quantificato pari a 1 euro, senza preoccuparsi del DM 17 giugno 2016. È stato considerato legittimo quanto stabilito dalla sentenza del C.d.S. 4614 del 3 ottobre 2017, e quindi l’affidamento dell’incarico al prezzo simbolico di 1 euro. Il presupposto? Sempre quello: il ritorno economico non è per forza legato a un introito finanziario ma può essere legato ad altre utilità, come il ritorno di immagine o l’implementazione del curriculum.

>> Sul caso Catanzaro leggi Compensi dei Professionisti, la PA può anche pagare ZERO

Il bando da un euro, lo ricordiamo, è inconciliabile con l’art. 3 comma 1 lett. ii) del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) che espressamente qualifica come oneroso il contratto di appalto pubblico. La gratuità stessa, inoltre, non è idonea a garantire la qualità dell’offerta e a consentire una sua effettiva valutazione.

La sentenza del CdS sembra aver ormai sdoganato il concetto della legittimità del lavoro gratuito e la possibilità di considerare i liberi professionisti lavoratori di serie B, non degni di essere remunerati nel modo giusto a fronte di una serie infinita di costi obbligatori da sostenere per formazione, previdenza, assicurazione, POS, fatturazione elettronica.

Inarsind sul caso Solarino

“È inaccettabile – commenta Inarsind – che si possa continuare a operare in spregio alla normativa vigente, il comportamento tenuto dalla stazione appaltante in oggetto dimostra che il Codice degli Appalti, che avrebbe dovuto garantire l’impossibilità di un Catanzaro 2, non ha alcun valore e può essere bypassato in funzione della Sentenza 4614 che diventa faro nella notte per le Amministrazioni che necessitino di affidare incarichi in mancanza di fondi o che semplicemente vogliano mettere in atto un risparmio per le proprie casse, da utilizzare a piacimento, peraltro nel caso specifico senza alcun riferimento a un eventuale contratto di sponsorizzazione di cui all’art.19 del Codice”.

E continua Inarsind: “Si genera così una realtà completamente distorta in cui la definizione di cosa potrà essere appaltato secondo i criteri del D. Lgs. 50/2016 e cosa possa sottostare ai concetti espressi nella Sentenza 4614 sarà lasciata alla libertà delle stazioni appaltanti, una situazione inaccettabile su cui va fatta immediata chiarezza”.

Il coordinamento regionale di Inarsind Sicilia ha inviato la segnalazione all’Anac e chiesto il ritiro della procedura alla stazione appaltante.

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