Ampliare un balcone, quale titolo edilizio serve

Siamo tornati e torna anche la rassegna di sentenze: ecco la selezione del mese di agosto, nella quale si tratta in particolare dei titoli edilizi necessari per ampliare un balcone, per procedere a una diversa distribuzione degli ambienti interni di un appartamento e per un pergolato di dimensioni modeste. Ma anche di:

  • rimozione del Permesso di costruire formatosi con silenzio-assenso;
  • sempre a proposito di Permesso di costruire, una sentenza sulla sua data di inizio e di efficacia e una sulla sua decadenza per lo sbancamento;
  • abuso edilizio: natura e conseguenze del trasferimento dell’immobile.

Ampliamento del balcone: titolo edilizio necessario

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. III Napoli, sent. 28 agosto 2017 n. 4143
Massima: Serve il permesso di costruire per l’ampliamento del balcone

 

Come chiarito in precedenza dalla giurisprudenza (cfr., ad esempio, TAR Campania, Napoli, sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5052), l’ampliamento di un balcone costituisce opera di ristrutturazione edilizia, ai sensi degli artt. 3 e 10 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001), dal momento che realizza un’oggettiva trasformazione della facciata del palazzo, comportante modifica della sagoma, dei prospetti e delle superfici. Il titolo edilizio per la realizzazione di tale intervento risulta, quindi, essere il permesso di costruire e la sanzione per la sua assenza è il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 33 del citato Testo Unico.

Leggi anche: Chiusura di un balcone o terrazzo: serve il permesso di costruire?

Permesso di costruire con silenzio-assenso: rimozione

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent. 24 agosto 2017 n. 1365
Massima: Il silenzio assenso formatosi sulla domanda di permesso di costruire può essere rimosso mediante l’esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune

 

Il silenzio assenso formatosi sulla domanda di permesso di costruire può essere rimosso mediante l’esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune e tale misura di autotutela consente di contemperare il ripristino della legalità con l’esigenza, pure avvertita dal legislatore, di rendere effettivamente praticabile l’istituto del silenzio accoglimento.

Tale atto di autotutela trova la sua disciplina normativa nell’art. 21-nonies Legge n. 241/90, che individua le condizioni per l’esercizio in autotutela, da parte dell’Amministrazione, del potere di annullamento d’ufficio nell’illegittimità dell’atto amministrativo, nella sussistenza di ragioni di interesse pubblico, nell’esercizio del potere entro un termine ragionevole e nella valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto all’atto da rimuovere.

Diversa distribuzione degli interni: titoli edilizi

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. I, sent. 22 agosto 2017, n. 4098
Massima: La diversa distribuzione degli ambienti interni di un appartamento, mediante eliminazione e spostamento di tramezzature è soggetta alla CILA se non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; viceversa, è necessaria la SCIA

 

La diversa distribuzione degli ambienti interni mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature, purché non interessi le parti strutturali dell’edificio, costituisce attività di manutenzione straordinaria che la legge riconduce nella attività edilizia libera, soggetta al semplice regime della comunicazione di inizio lavori originariamente in forza dell’art. 6, comma 2, ed ora dell’art. 6 bis del d.P.R. n. 380/01 che disciplina gli interventi subordinati a C.I.L.A. e le conseguenze della omessa comunicazione, e, pertanto, non giustifica l’irrogazione della sanzione demolitoria che presuppone il dato formale della realizzazione dell’opera senza il prescritto titolo abilitativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 14 ottobre 2016, n. 4267).

Quando, invece, questo stesso intervento interessa parti strutturali del fabbricato, allora, ai sensi dell’art. 22, co. 1, lett. a), del d.P.R. n. 380/01 la disciplina applicabile è quella della segnalazione certificata di inizio di attività, la cui mancanza parimenti comporta, di regola, l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria di cui al successivo art. 37.

Permesso di costruire: data di inizio efficacia

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. VIII Napoli, sent. 28 agosto 2017 n. 4126
Massima: Il permesso di costruire viene ad esistenza con la consegna del provvedimento concessorio al richiedente

 

In ordine al momento in cui deve dirsi perfezionato un permesso di costruire, come ricordato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Napoli, Sez. VIII, n. 666 del 4 febbraio 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata), posto che la concessione edilizia (oggi permesso di costruire) è un provvedimento amministrativo “recettizio” (che viene, quindi, ad esistenza con la comunicazione agli interessati – cfr. Consiglio di Stato, V, 27 settembre 1996, nr. 1152; cfr. anche TAR Piemonte, Torino, II, 04 novembre 2008, nr. 2749; TAR Piemonte, Torino, I, 01 settembre 2006, nr. 3166), il termine “rilascio”, riferito al titolo edilizio, che si rinviene nel corpo dell’art. 15, comma 2, del D.P.R. 380/2001 (“il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo”), ancorché in prima lettura non appaia univoco, potendo sostanzialmente significare sia “emanazione”, che “consegna” dell’atto, è in realtà ricollegabile alla materiale consegna di questo, essendo tale significato preferibile poiché più rispondente al lessico del legislatore, se si considera che, laddove quest’ultimo avesse voluto fare riferimento alla data della “emanazione” dell’atto, avrebbe usato sinonimi dal più corretto significato tecnico, come “data dell’atto” oppure, “data di adozione” o, più semplicemente “adozione”.

Sempre il significato di “consegna” del titolo, altresì, deve riconnettersi al medesimo termine “rilascio” cui viene fatto riferimento anche nell’art. 12 del D.P.R. 380/2001 (intestato “presupposti per il rilascio del permesso di costruire”).

Pergolato di modeste dimensioni: titolo edilizio richiesto

Estremi della sentenza: TAR Emilia Romagna, sez. Parma, sent. 14 agosto 2017 n. 275
Massima: Il pergolato di modeste dimensioni è un elemento di arredo delle aree pertinenziali degli edifici

 

L’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 prevede che “nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi: … e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”.

Un pergolato in legno, realizzato su pianta di m. 4,93 x 2,53, non ancorato al suolo, e dotato di una copertura in lastre e cannette anche queste amovibili poiché solo appoggiate, non richiede un titolo edilizio ma rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera.

La posizione espressa trova conferma nella più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto la legittimità di simili manufatti aventi struttura in legno ad uso pergolato aperta su più lati ed avente una copertura amovibile poiché inidonee a costituire volume urbanistico (Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2016 n. 4711).

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Abuso edilizio: conseguenze del trasferimento dell’immobile

Estremi della sentenza: TAR Lazio, sez. II quater Roma, sent. 10 agosto 2017 n. 9286
Massima: L’illecito edilizio permane nel caso di trasferimento della titolarità del bene

 

L’abuso edilizio ha carattere permanente e l’estraneità non può infatti essere fatta valere dal nuovo proprietario rispetto alle opere abusive realizzate dal precedente proprietario, perché altrimenti ciò equivarrebbe ad eludere l’applicazione della normativa concernente la repressione degli abusi edilizi; ne consegue che l’illecito edilizio permane nel caso di trasferimento della titolarità del bene (T.A.R. Veneto, sez. II,10 giugno 2009, n. 1723; TAR Campania – Napoli, sez. II, 2 maggio 2012, n. 1968).

Sbancamento: decadenza del permesso di costruire

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sez. I Brescia, sent. 7 agosto 2017 n. 990
Massima: Lo sbancamento di un’area non basta a concretizzare un effettivo inizio lavori idoneo ad evitare la decadenza del permesso di costruire

 

Secondo la giurisprudenza nettamente prevalente del Consiglio di Stato (cfr., per tutte, sez. IV – 10/7/2017 n. 3371), ai sensi dell’art. 15 comma 2 del D.P.R. 380/2001, l’effetto decadenziale si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio dei lavori entro il termine annuale fissato dalla legge, ossia costituisce il riflesso automatico del trascorrere del tempo.

La pronunzia di decadenza del permesso a costruire ha carattere strettamente vincolato all’accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dalla norma stessa (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga), ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l’inerzia del titolare a darvi attuazione, per cui la decadenza opera di diritto, pertanto non è richiesta l’adozione di un provvedimento amministrativo espresso.

La giurisprudenza amministrativa ha altresì stabilito che “il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore (Consiglio di Stato sez. IV, n. 974/2012, cit.)” (Consiglio di Stato, sez. III – 4/4/2013 n. 1870).

L’inizio dei lavori, idoneo ad impedire la decadenza della concessione edilizia, può ritenersi sussistente quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l’effettiva volontà di realizzare l’opera; ad avviso della giurisprudenza, non è sul punto sufficiente la sola esecuzione dei lavori di scavo e di sbancamento, senza che sia messa a punto l’organizzazione del cantiere (la cui assenza è, al contrario, ostativa a concretizzare un effettivo inizio dei lavori).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Articolo Ampliare un balcone, quale titolo edilizio serve di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Errori di progettazione: colpa dell’impresa, non del progettista

Lo ha affermato nei giorni scorsi la Cassazione con la sentenza 20214/2017: l’impresa appaltatrice è responsabile degli errori di progettazione. L’impresa deve segnalare gli errori e, se non lo fa, viene multata.

Sia che si accorga di errori presenti nel progetto, sia che non se accorga (nonostante le competenze!), l’imprenditore è responsabile degli errori commessi nella realizzazione dell’opera. Nei casi in cui se ne accorge, deve dirlo al committente. Il responsabile non è chi ha fatto il progetto, ma l’impresa che segue i lavori.

Nel caso analizzato dalla Cassazione, un privato aveva commissionato a un’impresa la realizzazione di un immobile, la cui progettazione era stata seguita da un professionista esterno. A fine lavori, l’impresa lamentava un ritardo nel pagamento e il privato la presenza di errori nella realizzazione. La conclusione della Corte territoriale era stata che avevano torto entrambi: committente e impresa. I vizi dipendevano, infatti, dalla direzione dei lavori dell’impresa ma anche dalla volontà e dalle richieste del privato committente.

La Cassazione ha invece sentenziato che l’impresa debba SEMPRE rispettare le regole dell’arte e che sia sempre responsabile di come viene realizzata l’opera, anche in caso di ingerenza del committente, poiché è di competenza dell’impresa vedere se ci sono errori e prendere le decisioni che portino a una realizzazione corretta del progetto.

È l’imprenditore, quindi, che deve pagare il risarcimento al committente in tutti i casi: se si è accorto dei vizi causati da errori di progettazione e non li ha denunciati al committente o se non se n’è accorto, pur avendo la capacità tecnica sufficiente per accorgersene.

Foto: www.corriere.it

Articolo Errori di progettazione: colpa dell’impresa, non del progettista di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Unioni civili, bonus ristrutturazioni valido per il convivente del proprietario di casa

Se siamo in un unione civile, il convivente del proprietario dell’immobile è tra i familiari che possono usufruire delle detrazione 50% delle spese per interventi di ristrutturazione e recupero del patrimonio edilizio.

Tra i soggetti che hanno diritto alla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture, è compreso anche il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento. La disponibilità dell’immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza stessa, senza necessità che trovi fondamento in un titolo contrattuale.

Unioni civili e ristrutturazioni: la normativa

L’Agenzia delle Entrate, già un anno fa, a questo proposito aveva pubblicato questa Circolare, poi ha ribadito il concetto in questi giorni, su Fiscooggi.it.

La legge 76/2016, a tutela dei diritti derivanti dalle unioni civili tra persone delle stesso sesso, equipara al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello prodotto dalle unioni civili, stabilendo che, a esclusione delle previsioni del codice civile non richiamate espressamente e quelle della legge sull’adozione, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole coniuge, coniugi o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche a ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

La legge sulle unioni civili, pur non equiparando la convivenza di fatto all’unione fondata sul matrimonio, ha attribuito valore giuridico a questa formazione sociale, rilevando un “legame concreto” tra il convivente e l’immobile destinato a dimora comune.

Tra gli altri familiari che, intestandosi e pagando la fattura, possono usufruire della detrazione per il lavoro di ristrutturazione rientrano il coniuge dell’intestatario della casa stessa, i suoi parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

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Il comma 21 della legge dispone l’applicabilità di numerose norme del codice civile sulle successioni, fra cui l’art. 540 che riserva come quota legittima a favore del coniuge superstite (a parte la metà del patrimonio) “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare” (alla locuzione “coniuge” deve intendersi sostituita “parte dell’unione civile”: comma 20). Per comune acquisizione, questo dell’abitatore è un diritto reale di godimento (art. 1022 cod. civ.), che viene equiparato all’usufrutto con applicazione delle relative norme in quanto compatibili (art. 1026 cod. civ.).

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Source: Ediltecnico.it

Radon presente in casa: cosa bisogna fare per bonificare?

Il Radon è un elemento chimico naturale, facente parte della famiglia dei gas nobili, deriva dal decadimento nucleare del Radio, derivato a sua volta da quello dell’Uranio. La caratteristica principale è la sua radioattività ed essendo un gas è in grado di spostarsi agevolmente fra gli interstizi del terreno, risalire in superficie ed entrare all’interno delle abitazioni, dove può raggiungere concentrazioni alte concentrazioni e diventare molto pericoloso per gli abitanti.

Il pericolo per la salute dell’uomo è causato dai prodotti del decadimento nucleare, i quali essendo elettricamente carichi, si attaccano al pulviscolo presente nell’aria, che viene inalato mediante la respirazione e depositato nei tessuti polmonari, in particolare nell’albero bronchiale. A causa del Radon oggi in Italia muoiono circa 3.500 persone l’anno con una forbice che si allarga alle 6.000 unità: una vera strage.

Sullo stesso argomento, leggi anche l’articolo di Denis Sugan sulle strategie di intervento in caso di rischio di presenza di questo pericoloso gas radioattivo

Le fonti di ingresso del Radon nelle case

Tutti possiamo essere in pericolo.

Il Radon infatti ha molteplici vie di ingresso all’interno degli edifici,la dinamica di emissione e spostamento del Radon dal suolo all’interno delle case è complessa e dipende da svariati fattori.

I principali sono:

– Il grado di fratturazione delle rocce, in quanto all’interno di rocce compatte il Radon rimane imprigionato, mentre in quelle fratturate può muoversi liberamente; può inoltre essere veicolato da acque contaminate, direttamente o tramite i suoi predecessori (Uranio e Radio), che decadendo lo liberano nel terreno.

– La permeabilità del terreno, dato che più un terreno è permeabile, più è facile che il Radon riesca ad arrivare in superficie, tramite correnti d’aria o fuoriuscita di acqua sorgiva Al contrario un terreno compatto, ad alta presenza di limo e argilla, può costituire una forte barriera alla sua diffusione.

– Le variazioni di temperatura e di pressione dell’aria tra l’interno e l’esterno degli edifici, che provoca oscillazioni stagionali e giornaliere delle concentrazioni di Radon. In genere tali concentrazioni sono maggiori d’inverno che d’estate e durante la notte che durante il giorno. Dipendendo da svariati fattori, tali situazioni sono comunque molto variabili.

Gli edifici svolgono un ruolo attivo, in quanto a causa dei moti convettivi dovuti al riscaldamento, si crea un effetto camino che porta ad avere una depressione nei piani bassi dell’edificio, favorendo così l’ingresso del Radon.

Altri fattori causa di depressione all’interno degli ambienti sono le canne fumarie, impianti di scarico, aspiratori meccanici ed il vento.

L’infiltrazione nelle abitazioni può avvenire in diversi punti:

– crepe e giunti in pavimenti e pareti, fori di passaggio dei cavi, tubazioni e fognature;

– pozzetti ed aperture di controllo;

– prese di luce ed altre aperture nelle pareti delle cantine, camini, ascensori, montacarichi;

– componenti costruttivi permeabili quali solai in legno, laterizi forati, muri in pietra e simili.

Per approfondire ulteriormente anche gli altri inquinanti indoor, consigliamo di leggere questo breve decalogo per prevenire l’inquinamento in casa

Radon presente in casa: cosa fare

La prima cosa da fare se si abita o si lavora in edifici sospetti, è quella di misurare la concentrazione negli ambienti chiusi. Le misurazioni devono coprire un intero anno solare poiché i valori del Radon sono variabili nell’arco della giornata e dell’anno. Ci si può rivolgere a tecnici esperti qualificati / come gli Esperti in Edificio Salubre, oppure, con una piccola spesa (circa 30/40 € inclusa l’analisi di laboratorio), si può acquistare un kit per la misurazione fai da te. Il dispositivo per la misurazione è un dosimetro molto piccolo va  posizionato nell’ambiente che si vuole monitorare e, al termine dell’esposizione, va restituito per l’analisi. Di solito per le analisi e la relazione si da incarico all’Arpa locale, all’Enea, ma esistono molti laboratori privati.

Bonifica da Radon

Una volta accertata la presenza di Radon, si può diminuirne la pericolosità con il supporto di un tecnico che decide quale azione di rimedio più appropriata può essere vantaggiosa per risolvere la problematica. Le azioni di rimedio sono:

  • depressurizzazione del terreno, aerazione degli ambienti;
  • aspirazione dell’aria interna specialmente in cantina;
  • pressurizzazione dell’edificio, ventilazione forzata del vespaio;
  • impermeabilizzazione del pavimento;
  • sigillatura di crepe e fessure;
  • isolamento di porte comunicanti con le cantine;
  • ventilazione forzata del vespaio.

I costi di bonifica, in base alla concentrazione di gas e alla struttura dell’edificio, possono variare da 500 a 3.000 €. Il metodo più efficace ed immediato – ma provvisorio e, d’inverno sicuramente  dispendioso – per liberarsi del gas è arieggiare correttamente ad esempio le finestre devono essere aperte almeno tre volte al giorno per dieci minuti, iniziando dai locali posti ai livelli più bassi; la chiusura, invece, deve iniziare dai piani più alti, per limitare l’effetto “camino”.

Il problema è differente per gli edifici nuovi. Una semplice prevenzione può ridurre il rischio e limitare i costi: intervenendo già in fase di predisposizione dei piani urbanistici e, soprattutto, di progettazione degli edifici. È indispensabile, ad esempio, monitorare il terreno anche dopo lo scavo delle fondazioni, isolare l’edificio dal suolo mediante vespai o pavimenti galleggianti ben ventilati, impermeabilizzare i pavimenti e le pareti delle cantine con guaine isolanti, evitare collegamenti diretti con interrati o seminterrati, isolare le canalizzazioni degli impianti, usare materiali non sospetti: sabbia, ghiaia, calce sono quasi sempre innocui; così come la pietra calcarea, il gesso naturale, il legno, il cemento puro e quello alleggerito.

Entro il 2018 per tutti i luoghi di attività “aperti al pubblico” sarà necessaria la valutazione certificata Radioattività GAS RADON

Il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale Europea la Direttiva 2013/59/Euratom che rivoluziona il campo delle radiazioni ionizzanti ed in particolare del Radon. In particolare, l’Italia entro il 6 febbraio 2018 dovrà emanare delle disposizioni nazionali che attuino tali indicazioni europee.

Tutti gli articoli dedicati alla salubrità degli edifici sono raccolti nel nostro Dossier Inquinamento Indoor.

Un’opportunità per i tecnici del settore edile

Considerato che la norma prevede per tutti i luoghi di attività “aperti al pubblico” e per quelli che comunque hanno vani interrati e seminterrati, ci sarà l’obbligo di verifica da parte del datore di lavoro della concentrazione del Radon, mediante monitoraggio con uso di dosimetri passivi da parte di laboratori autorizzati, sarà necessario collocare i dosimetri all’interno delle strutture. I risultati del monitoraggio che avverrà nell’arco dei 12 mesi come previsto dalla normativa, insieme alla  relazione di un tecnico  Esperto, dovranno poi essere trasmessi al Comune di appartenenza ed all’ARPA.

La stessa procedura dovrà poi essere ripetuta ogni 5 anni

In caso di mancata trasmissione delle misurazioni entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dalla legge, il Comune deve intimare, con ordinanza, la trasmissione delle misurazioni svolte, concedendo un termine non superiore a trenta giorni, la cui eventuale e infruttuosa scadenza comporta la sospensione della certificazione di agibilità e conseguente sospensione dell’attività esercitata.

Appare quindi evidente che i locali aperti al pubblico e le strutture ricettive  devono iniziare immediatamente il monitoraggio per due semestri al fine di poter rispettare l’obbligo di scadenza. Visti i tempi ristretti imposti dalla norma e soprattutto la delicatezza della sanzione (sospensione agibilità e attività) occorre procedere con sollecitudine all’avvio del monitoraggio e se la concentrazione di radon supera il livello d’azione (pari a 500 Bq m-3), il datore di lavoro è obbligato ad intraprendere azioni finalizzate alla riduzione dell’esposizione al radon dei lavoratori e degli occupanti. Gli Amministratori di Condominio sono tenuti ad attivarsi, soprattutto per gli immobili che includono attività commerciali, uffici, studi, laboratori, palestre, ect.

Per poter adempiere all’incarico si suggerisce al tecnico di acquisire:

  • la planimetria degli immobili, per l’individuazione delle aree da monitorare
  • l’autorizzazione ad acquisire tre preventivi dagli Enti preposti (Arpa, Enea, ecc) per l’acquisizione dei dosimetri e la relazione finale.

È bene a titolo informativo che il tecnico faccia presente ai committenti che il radon non ha effetti dannosi immediati, ma solo tardivi e solo da una ventina d’anni è stato riconosciuto la causa dei tumori polmonari e in Italia rappresenta la seconda causa di morte dopo il fumo di sigaretta. L’esposizione degli affittuari , dei lavoratori, degli impiegati, espone i proprietari ed i  titolari delle licenze commerciali, di ristoro, ecc. alla responsabilità per danni alla salute, la cui tutela giuridica trova il suo fondamento normativo nella Carta Costituzionale ( artt. 2, 3, 32 Cost. ), che ha dato i suoi frutti a partire dagli anni 70, con importanti sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione.

La casa salubre

La casa salubre

Del Corno Barbara, Pennisi Alessandra, 2014, Maggioli Editore

Una casa, per essere definita ?salubre?,?deve rispondere a molteplici requisiti che garantiscano il benessere di chi la abita.
Gli elementi principali sono:? benessere ambientale, legato a fattori quali temperatura, umidit?, ventilazione e luminosit?? salubrit? dei materiali utilizzati?…


Articolo Radon presente in casa: cosa bisogna fare per bonificare? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Sisma di Ischia, Savoncelli: “La sicurezza del patrimonio edilizio è imprescindibile”

Maurizio Savoncelli, presidente dei geometri e geometri laureati italiani, commenta i tragici eventi sismici che hanno colpito l’isola di Ischia. E coglie l’occasione per ricordare quanto la sicurezza del nostro patrimonio edilizio sia ormai un obiettivo imprescindibile

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Source: Geometra.Info