Cornicione del lastrico solare in condominio, di chi è la responsabilità in caso di danni?

In condominio, il cornicione del lastrico solare, alla stregua del parapetto, viene considerato quale prolungamento dei muri perimetrali dell’edificio, prolungamento che, pur garantendo protezione al lastrico solare di uso esclusivo, vale a completare strutturalmente lo stabile, contribuendo a definirne le linee architettoniche.

Vediamo questa classificazione cosa comporta in caso di danni, con alcuni casi concreti.

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Occlusione scarico nel cornicione aggettante

Quando vi è un’occlusione della griglia ubicata sul collettore/bocchettone di raccordo al pluviale si possono verificare fenomeni infiltrativi negli appartamenti sottostanti al lastrico. Le pilette di raccolta delle acque meteoriche dei lastrici di uno stabile condominiale costituiscono (al pari delle gronde, dei doccioni e dei canali di scarico delle acque piovane del tetto) una parte comune, atteso che, svolgendo una funzione necessaria all’uso e al godimento comune, ricadono tra le parti comuni dell’edificio ex art. 1117 c.c.

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Di conseguenza per l’inadeguatezza della piletta di scarico e dei conseguenti fenomeni infiltrativi nell’appartamento sottostante, risponde il condominio, potendo però ravvisarsi a carico del proprietario (o usuario) del lastrico o terrazzo un concorso di colpa, costituito dal mancato controllo della piletta di scarico e della sua pulizia periodica, in modo tale da impedire che le foglie presenti sulle piante del terrazzo e comunque portate eventualmente dal vento, coprano lo scarico, impedendo il deflusso delle acque (Trib. Milano 6 giugno 2017, n. 6353).

Quanto sopra vale a maggior ragione se l’occlusione riguarda il bocchettone di scarico collocato nel cornicione aggettante oltre la ringhiera della terrazza (Trib. La Spezia 19 ottobre 2023 n. 739). In tal caso i condomini rischiano di non poter contare neppure sulla copertura assicurativa, spesso esclusa per i danni derivanti da insufficiente smaltimento delle acque di origine meteoriche (di solito risultano coperti invece i danni conseguenti a rottura accidentale di pluviali o grondaie del fabbricato o a loro occlusioni provocati da neve o grandine).

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Cornicione pericolante: quando il condominio non è responsabile

Quale custode dei beni e dei servizi comuni, il condominio è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno. Conseguentemente, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., a carico del soggetto titolare del potere fisico sulla cosa sussiste una presunzione iuris tantum di colpa, che può essere vinta unicamente dalla prova che l’evento dannoso sia derivato dal caso fortuito, inteso nel senso più ampio, comprensivo della forza maggiore, del fatto del terzo e del fatto del danneggiato.

Tuttavia non è possibile dimostrare la responsabilità del condominio, se non si può provare il nesso causale tra lo stato del bene comune e le lesioni riportate dopo una caduta. Quindi, colui che intende ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla caduta di frammenti di cornicione di un condominio è tenuto a dimostrare il nesso di causalità tra il fenomeno del “crollo” di parti cementizie e il danno fisico riportato. Alla luce di quanto sopra è possibile che il condominio non sia riconosciuto responsabile delle conseguenze derivanti dal crollo di parti del cornicione.

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A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione della Cassazione. Nel caso di specie un uomo citava davanti al Tribunale un condominio affinché fosse accertata la responsabilità della collettività condominiale per l’omessa manutenzione del casseggiato e la conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

L’attore sosteneva che, mentre attraversava a piedi il corridoio del caseggiato, veniva colpito da pezzi di intonaco e cemento distaccatisi dal cornicione, e nel tentativo di evitarli scivolava a terra riportando gravi lesioni. Si costituiva in giudizio il condominio, contestando la domanda dell’attore; istruita la causa, il Tribunale dava ragione ai condomini, ritenendo non provato il fatto. La Corte d’Appello, confermava la sentenza di primo grado, ritenendo condivisibili le considerazioni del Tribunale circa il difetto di prova. Anche la Cassazione ha dato ragione al condominio; del resto come hanno osservato giudici supremi la Corte d’appello ha esaminato il materiale istruttorio evidenziando, con riferimento alle deposizioni di due testimoni e al verbale di pronto soccorso, le molteplici incongruenze e contraddizioni che non hanno consentito di ritenere provata né la dinamica del sinistro né il nesso causale tra il danno e l’asserita caduta di calcinacci. Inevitabile quindi che il ricorso sia risultato inammissibile (Cass. civ., 25/01/2023, n. 2118).

Cornicione pericolante e spese anticipate dal singolo condomino: diritto al rimborso

Un condomino titolare del lastrico solare riceveva una diffida del Comune ad eseguire alcuni lavori per la messa in sicurezza del cornicione pericolante e quale destinatario del provvedimento (e non per supplenza dell’amministratore) eseguiva prontamente le opere richieste. Successivamente richiedeva a gli altri condomini il rimborso delle spese sostenute, richiesta che veniva ignorata.

Di conseguenza citava in giudizio il condominio davanti al Tribunale per sentir accertare e dichiarare il suo diritto alla ripetizione delle spese di risanamento sostenute in via d’urgenza ai sensi dell’art. 1134 c.c., con conseguente condanna del condominio al pagamento delle spese sostenute per i lavori urgenti conseguenti alla diffida sindacale. Il Tribunale ha dato torto al condominio. Il giudice ha evidenziato come dai rilievi effettuati dalla Polizia Locale, dal sopralluogo dei Vigili del fuoco (depositato in atti), dal certificato di eliminato pericolo sia emersa con chiarezza la necessità di intervenire repentinamente onde eliminare i pericoli derivanti dal distacco di intonaco dal cornicione. In ogni caso il Tribunale ha evidenziato che l’attore (condomino titolare del lastrico) è riuscito a provare documentalmente, a mezzo di fatture, copie di bonifici ed assegni bancari, le anticipazioni di cui ha chiesto la restituzione al condominio (Trib. Napoli 10 ottobre 2023 n. 9189).

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista 

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Il volume illustra la nuova elencazione delle parti comuni (art. 1117 c.c.) che, oltre a considerare il multiproprietario come condomino, estende in modo evidente la disciplina condominiale al fenomeno del supercondominio ma anche al condhotel, fattispecie recentemente introdotta nel nostro ordinamento.

Si prendono in considerazione anche le parti comuni del supercondominio, condominio minimo e condominio parziale.

Sono analizzate inoltre le modifiche in materia di mutamento di destinazione d’uso delle parti comuni.

Non manca poi un capitolo dedicato all’uso delle parti comuni, evidenziando il nuovo orientamento della Cassazione che sembra favorire sempre più un utilizzo maggiormente rispondente all’esigenze dei condomini.

Vengono prese in considerazione inoltre le innovazioni con particolare riguardo a quelle di “interesse sociale” e a quelle legate al fenomeno superbonus 110% (fotovoltaico, colonnine di ricarica, cappotto termico, ecc.), prendendo in considerazione le importanti novità legate all’installazione di un ascensore.

Viene approfondito poi il tema della sopraelevazione in condominio con accurato esame delle questioni legate ai limiti del sopralzo.

Infine viene affrontato il tema del perimento dell’edificio condominiale; conclude l’opera il problema delle opere nelle parti esclusive e dei limiti regolamentari all’utilizzo delle porzioni private.

Giuseppe Bordolli
Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. Attualmente è direttore editoriale del sito Condominioweb. È collaboratore del Quotidiano condominio 24 ore, di Diritto.it e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia.

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Bonus Mobili e accorpamento immobili: come calcolare la detrazione?

Bonus Mobili e accorpamento immobili, si ha diritto o meno ad una doppia agevolazione? Il quesito è stato posto da una contribuente a “La posta di FiscoOggi”, la rubrica di fiscoggi.it a cura dell’Agenzia delle Entrate.

Il caso in oggetto interessa la ristrutturazione di un’abitazione che, a fine lavori, sarà accorpata ad un’altra. La contribuente pone inoltre i seguenti dubbi: come inserire l’acquisto dei mobili nella precompilata, trattandosi di due unità immobiliare censite separatamente? Quali sono i limiti di detraibilità?

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Nella risposta, a cura di Paolo Calderone, si fa riferimento alla Circolare delle Entrate n.17 del 2023 del 26 giugno 2023, dove vengono, appunto, dettagliati i limiti di detraibilità nel caso di interventi di recupero edilizio che comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa.

Vediamo nel dettaglio quale spiegazione è stata fornita alla contribuente.

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Bonus Mobili: quando viene riconosciuto più volte?

La detrazione fiscale per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici è un beneficio che si applica al 50% delle spese sostenute, ma con alcune specifiche per il 2023 e il 2024. Nel 2023, la detrazione è calcolata su un limite massimo di 8 mila euro, mentre nel 2024 tale importo si riduce a 5 mila euro. È importante sottolineare che tale limite è legato a ogni singola unità immobiliare coinvolta nella ristrutturazione.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che quando un contribuente esegue interventi su più unità immobiliari, il diritto alla detrazione è riconosciuto più volte.

Pertanto, in risposta alla contribuente viene citata la Circolare 17/e del 2023 dove si legge che nel caso di interventi di recupero edilizio che comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa, per l’individuazione del limite di spesa vanno considerate le unità immobiliari censite in Catasto all’inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori (Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 3).

Ciò anche nell’ipotesi in cui l’unità immobiliare su cui si effettuano i lavori non sia ad uso abitativo (per esempio, fienile).

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Pubblicazione atti di gara: cosa cambia dal 1° gennaio 2024 per gli appalti pubblici

ANAC informa che, a partire dal 1° gennaio 2024, entreranno in vigore nuove regole per quanto riguarda la pubblicazione degli atti di gara. La novità rientra nella politica di digitalizzazione dei contratti pubblici.

Ad essere coinvolte sono le stazioni appaltanti che dovranno adottare una nuova procedura per la pubblicità legale di appalti e contratti pubblici. Come previsto dal nuovo Codice Appalti, si dirà addio alla Gazzetta Ufficiale e il nuovo obbligo sarà assolto attraverso la Piattaforma Anac per la pubblicità legale.

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Con tale semplificazione, le stazioni appaltanti non dovranno impiegare risorse per forme di pubblicità a pagamento pertanto le stesse non addebiteranno costi agli aggiudicatari per avvisi e bandi pubblicati a partire dal 1° gennaio 2024.

L’avvio delle nuove procedure è stato annunciato anche sul sito della Gazzetta Ufficiale dedicato alle inserzioni online, attraverso la seguente nota:

“Si ricorda che dal 1° gennaio 2024 acquisteranno efficacia le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n.36/2023) in tema di pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara. Pertanto, da quella data la pubblicità di tali atti sarà garantita dalla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) nei termini e secondo le modalità riportate nella Delibera n. 263 del 20.06.23, adottata dall’ANAC in attuazione dell’art. 27 del nuovo Codice. Gli effetti giuridici degli atti oggetto di pubblicazione, a partire dal 1° gennaio 2024, decorreranno dalla data di pubblicazione nella citata Banca dati, come sancito al comma 2 dell’art. 27 (“Pubblicità legale degli atti”) e al comma 4, ultimo periodo, dell’art. 85 (“Pubblicazione a livello nazionale”) del D.lgs. n. 36/2023. Nel frattempo, fino al 31 dicembre 2023, gli avvisi e i bandi sono pubblicati, ai fini della decorrenza degli effetti di legge, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, V Serie Speciale – Contratti Pubblici.”

Vediamo meglio come funziona il nuovo servizio.

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Come funziona il servizio

La piattaforma Anac, parte integrante della Banca Dati Anac, garantirà la pubblicità legale degli atti, trasmettendo i dati all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea per bandi e avvisi di appalti di importo pari o superiore alle soglie europee.

La Banca dati Anac prenderà in carico quotidianamente le richieste di pubblicazione trasmesse attraverso le piattaforme digitali da parte delle stazioni appaltanti, trasmettendole all’Ufficio europeo.

Per gli affidamenti inferiori alla soglia di rilevanza europea, la Banca Dati Anac garantirà direttamente la pubblicità nazionale sulla sua piattaforma.

Dalla data di pubblicazione degli atti nella Banca Dati Anac, le stazioni appaltanti dovranno rendere accessibili i documenti di gara, garantendo l’accesso fino al completamento della procedura e all’esecuzione del contratto.

La responsabilità della correttezza e veridicità delle informazioni contenute negli atti trasmessi alla Banca Dati Anac sarà a carico delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.

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Nuovo servizio attivo dal 2 gennaio 2024

Sono previste tre sezioni (bandi e avvisi di indizione, esiti di gara, altri avvisi), il servizio mette inoltre a disposizione filtri per una ricerca agevolata. Il nuovo servizio pubblicità legale sarà accessibile al link dedicato a partire dal 2 gennaio 2024, senza la necessità di credenziali di accesso.

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Source: Ediltecnico.it

No sostituzione infissi e serramenti con le nuove regole del Bonus Barriere 75%

Tra le novità del 2024 c’è la rimodulazione del Bonus Barriere Architettoniche al 75%. Abbiamo spiegato nel dettaglio cosa resta e cosa salta dell’agevolazione, dopo la pubblicazione in Gazzetta del DL del 29 dicembre 2023, n. 212, ma la notizia più eclatante riguarda l’esclusione, tra gli interventi che rientrano nel perimetro del Bonus, della sostituzione di infissi e serramenti.

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La possibilità di godere della detrazione per questo tipo di intervento era stata confermata con un chiarimento esplicito da parte dell’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta 461/2022. A seguire ANFIT, Associazione nazionale che tutela la finestra Made in Italy, con un comunicato stampa annunciava la possibilità di estendere sconto in fattura e cessione del credito anche al Bonus Barriere Architettoniche 75%.

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No sostituzione infissi e serramenti, no domotica

Con il provvedimento normativo di fine anno 2023 cambiano le regole e decade così la possibilità di sfruttare la detrazione per rinnovare infissi e serramenti e installare sistemi automatici per le aperture e il sollevamento delle tapparelle.

Il Bonus, dal 1° gennaio 2024, è pertanto applicabile solo per la realizzazione, in edifici già esistenti, di interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto esclusivamente scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

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Come cambia il Bonus Barriere 75% dal 1° gennaio 2024?

Per conoscere nel dettaglio tutte le novità del Bonus Barriere e sciogliere tutti i dubbi in merito, non perdere il webinar in diretta – che si terrà mercoledì 24 gennaio 2024 (ore 14:30 – 17:30) – Detrazione 75%: il bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, in cui l’esperta Antonella Donati illustrerà nel dettaglio le regole 2024, i soggetti e gli interventi ammessi, i meccanismi di cessione credito e di sconto in fattura, tutti i requisiti e le attestazioni necessarie.

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Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% - eBook in pdf


Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% – eBook in pdf

Le detrazioni fiscali fino al 75% dei costi per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche sono una opzione concreta, rilanciata dopo la fine del c.d. Super Bonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate con una serie di documenti di prassi ha riconosciuto la possibilità di avete il bonus per tutte le tipologie di intervento che presentano le caratteristiche previste dalle norme.

La presente guida fornisce tutte le indicazioni sulle tipologie di interventi ammessi alle detrazioni (dal rifacimento del bagno ai serramenti, dall’installazione di ascensori e servoscale agli impianti domotici, ecc. con l’indicazione delle regole e delle procedure da seguire per richiedere l’agevolazione, compresa l’applicazione dell’IVA al 4%.

La guida è arricchita da una sezione di casi concreti, in forma di quesiti risolti, che completano la trattazione analitica.

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Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassazione in materia fiscale e condominiale.
 
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Articolo No sostituzione infissi e serramenti con le nuove regole del Bonus Barriere 75% di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Ultime Superbonus: salvo 110 per lavori già pagati, contributo per pochi, rischio contenziosi in condominio

Salva la detrazione del 110% per tutti i lavori pagati entro fine anno, anche se non è possibile cedere il SAL perché non sono stati conclusi. La quota di spese pagata che non entra nel SAL si potrà comunque detrarre, e la detrazione non si perde in ogni caso, anche se alla fine non si raggiunge la riduzione di due classi energetiche perché si decide di tagliare i lavori piuttosto che far fronte alle spese con la detrazione ridotta al 70%.

Per i proprietari con redditi familiari fino a 15.000 euro arriva la possibilità di ottenere il rimborso delle spese eventualmente dovute nel 2024, sia per gli interventi condominiali sia nel caso di villette, in modo da azzerare i costi dei lavori.

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Dalla lettura del testo del decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 28 dicembre sembra essere questa la soluzione trovata dal governo, che di fatto permette di evitare la perdita dell’agevolazione anche per chi non finisce i lavori e quindi non raggiunge gli obbiettivi di risparmio energetico (>> ecco il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Insomma la detrazione si salva anche se in questo modo si vanifica l’obbiettivo stesso del Superbonus, ossia quello di assicurare l’efficientamento energetico degli edifici.

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Sì alla detrazione anche senza chiudere i lavori

Per come è scritto il testo fin qui circolato, infatti, si conferma lo stop al 110% con il 31 dicembre di quest’anno, ma si dà la possibilità di usufruire di questa aliquota per tutte le spese effettuate fino a questa data anche se non è stato possibile presentare il SAL, ossia la dichiarazione di stato di avanzamento dei lavori.

La relazione al provvedimento spiega infatti che con la formula individuata le detrazioni spettanti “non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione degli interventi, limitatamente all’importo corrispondente alla detrazione riferibile alla quota dell’intervento effettuato entro il 31 dicembre 2023”.

Resta da capire a questo punto se la quota di spesa effettuata entro il 31 dicembre, ma che non può essere inserita in un SAL, può essere comunque ceduta o solo usufruita in detrazione. Nel primo caso si avrebbe il famoso “SAL straordinario”, nel secondo caso invece si potrebbe solo portare in detrazione l’importo pagato. Il tutto, comunque, anche nel malaugurato caso in cui non sia possibile chiudere il cantiere e quindi non sia possibile ottenere il salto di due classi energetiche.

I cantieri rimasti a metà

Per come è scritto il decreto, dunque, si riconosce il diritto all’agevolazione fiscale anche se i lavori restano a metà, in quanto la detrazione non si perde “in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche”.

Insomma si vanificano tutti gli sforzi fatti raggiungere la riqualificazione, perché se i condomini non vogliono farsi carico della quota di spesa necessaria per chiudere il cantiere possono farne a meno, anche lasciando il lavoro a metà. Certo è difficile pensare che una volta avviati i lavori per la coibentazione ci sia chi è disposto a lasciare il palazzo senza le rifiniture, ma è un dato di fatto che questa formulazione può dare la possibilità, a chi era contrario fin dall’inizio, di rimettere in discussione il versamento delle rate nel 2024, dal momento che si dovrebbe far carico di pagare il 30% del costo dei lavori (visto il taglio della detrazione al 70% nel 2024), aprendo così il contenzioso sia con gli altri condomini che con la ditta incaricata dei lavori.

Rimborso solo per i redditi bassi

Nello stesso decreto il governo, comunque, offre la possibilità di avere un rimborso per la quota eventualmente a carico ai proprietari con un reddito familiare fino a 15.000 euro, ma anche in questo caso l’intervento è circoscritto. Per avere diritto al rimborso, infatti, deve essere  stato raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento.

Il decreto, comunque, salva i proprietari a basso reddito sia per gli interventi in condominio che per le villette.

Nulla da fare negli altri casi: chi non avesse completato i lavori dovrà scegliere se restare con la casa a metà o pagare la quota a carico, che in questo caso è più elevata. Per le case unifamiliari, diversamente che per i condomini, la detrazione scende al 65% per i lavori di Ecobonus, e al 50% per gli altri interventi.

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Stop alla cessione del credito anche nelle aree sismiche

Il decreto, poi, interviene anche sugli interventi di consolidamento nelle zone sismiche per i quali è ammesso il Superbonus al 110% per gli interventi di ricostruzione fino al 31 dicembre 2025. Si prevede infatti che sia possibile usufruire delle opzioni per sconto in fattura o cessione del credito solo per gli interventi di demolizione e ricostruzione, e solo per questi, a patto che risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori in data antecedente a quella dell’entrata in vigore del decreto.

Inoltre in relazione alle spese per gli interventi avviati dopo l’entrata in vigore del decreto diventa obbligatorio stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori, polizze “catastrofali”, ossia a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamità naturali.

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Stretta Bonus Barriere Architettoniche 2024: cosa resta e cosa salta

Addio alla detrazione più amata del 2023: con l’arrivo del nuovo anno non sarà più possibile usare il Bonus Barriere Architettoniche 75% ad ampio raggio per cambiare infissi o rifare il bagno. Con il nuovo decreto-legge approvato il 28 dicembre il governo ha deciso di tornare alle origini e lasciare la detrazione solo per scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Sconto in fattura e cessione del credito restano solo per i lavori condominiali e quelli nelle villette con proprietari a basso reddito o disabili in casa. Si salvano però dalla stretta i lavori già avviati e quelli per i quali è stato firmato un preventivo e pagato un acconto.

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Detrazione sì, ma niente sconto e cessione per i soggetti IRES. Insomma le Entrate avevano allargato le maglie, e ora il governo sconfessa questa interpretazione e torna a quella che doveva essere l’effettiva ragione del bonus.

Solo ascensori in prima battuta

La detrazione al 75% per l’abbattimento delle barriere architettoniche era stata inserita nella legge di Bilancio per il 2022 (poi prorogata al 2025) con l’intento – dichiarato nel corso dei lavori parlamentari – di consentire di installare gli ascensori nei condomini, oppure all’interno delle villette, con una detrazione più elevata rispetto a quella ordinaria del 50%, per favorire, appunto, la mobilità.

Per questo, non a caso, il testo di legge agevolava gli interventi sugli “edifici” prevedendo tetti di spesa differenziati a seconda del numero di immobili presenti nell’edificio stesso, riconoscendo la stessa detrazione anche alle spese di automazione e smaltimento dei vecchi impianti. E anche la differenziazione del tetto di spesa faceva ricondurre a questa interpretazione: previsto infatti un importo massimo detraibile di 50.000 euro per  gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari  funzionalmente autonome; 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari; 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.

Il bonus a maglie larghe dopo l’intervento delle Entrate

Da una prima lettura del testo di legge, dunque, tutto sembrava voler ricondurre l’agevolazione all’abbattimento delle barriere intese, appunto, come scale e altri dislivelli, e ai lavori sulle parti comuni oppure sugli edifici indipendenti, non certo a quelli nei singoli appartamenti. E questa è stata l’interpretazione prevalente almeno  per i primi mesi del 2022.

Inaspettatamente, però, l’Agenzia delle entrate rispondendo ad un interpello, nel settembre di quell’anno, aveva dato una interpretazione estensiva, riconoscendo il bonus al 75% anche per il rifacimento dei bagni e degli infissi, prevedendo in più la possibilità di utilizzare due tetti di spesa, uno per gli eventuali lavori in condominio e l’altro per i lavori all’interno degli appartamenti, prevedendo per questi ultimi un ammontare detraibile di ben 50.000 euro, come per le villette, insomma.

E non solo: il via libera ai lavori agevolati con il bonus è stato dato, infatti, anche per i lavori su edifici non a destinazione residenziale, quindi riconoscendo la possibilità di avere la detrazione anche per i soggetti IRES, ad esempio per installare un ascensore in un capannone destinato a showroom. Così per tutto il 2023 il bonus barriere di fatto è stato il più gettonato grazie anche al fatto che solo questo era stato salvato dal blocco delle opzioni di cessione e sconto scattato a febbraio di quest’anno.

Un boom che però non è passato inosservato, tanto da essere oggetto anche di un’interrogazione parlamentare, con la quale si chiedeva al governo se non ci fosse in questo modo il rischio di abusi. E ora il governo ha detto stop.

Bonus Barriere Architettoniche 2024, cosa cambia

Il nuovo decreto sul Superbonus, infatti, come era stato preannunciato, contiene la stretta sul Bonus Barriere (>> ecco il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale). A partire dal 1° gennaio 2024 la detrazione è riservata solo a agli interventi aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Ammessi ancora i lavori su tutti gli edifici e non solo quelli a destinazione residenziale, ma viene meno possibilità di avere l’agevolazione per i soli interventi di automazione.

Quando si salvano sconto e cessione

Per quanto riguarda poi sconto in fattura e cessione del credito, da gennaio 2024 l’opzione è possibile solo per gli interventi sulle parti comuni di edifici residenziali o nelle villette, villette a condizione che il proprietario abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, oppure che nel nucleo familiare sia presente un disabile.

Salvi i lavori in corso e i contratti con acconti già versati

Il decreto salva comunque dalla stretta su sconto e cessione solo nel caso di interventi per i quali, in data antecedente a quella dell’entrata in vigore del decreto:

  • sia stata presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
  • siano già iniziati i lavori se si tratta di edilizia libera;
  • se i lavori non sono iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Il solo preventivo accettato, insomma, non basta.

Obbligatorio comunque in tutti i casi pagare con il bonifico parlante e avere l’asseverazione del rispetto dei requisiti del D.M. 236/1989 che detta le regole per gli interventi a norma della legge di abbattimento delle barriere architettoniche.

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Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% - eBook in pdf


Barriere architettoniche: guida alle agevolazioni fiscali 75% – eBook in pdf

Le detrazioni fiscali fino al 75% dei costi per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche sono una opzione concreta, rilanciata dopo la fine del c.d. Super Bonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate con una serie di documenti di prassi ha riconosciuto la possibilità di avete il bonus per tutte le tipologie di intervento che presentano le caratteristiche previste dalle norme.

La presente guida fornisce tutte le indicazioni sulle tipologie di interventi ammessi alle detrazioni (dal rifacimento del bagno ai serramenti, dall’installazione di ascensori e servoscale agli impianti domotici, ecc. con l’indicazione delle regole e delle procedure da seguire per richiedere l’agevolazione, compresa l’applicazione dell’IVA al 4%.

La guida è arricchita da una sezione di casi concreti, in forma di quesiti risolti, che completano la trattazione analitica.

Lisa De Simone,
Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassazione in materia fiscale e condominiale.
 
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Lisa De Simone, 2023, Maggioli Editore
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Articolo Stretta Bonus Barriere Architettoniche 2024: cosa resta e cosa salta di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Nuovo decreto Superbonus: contributo redditi bassi, stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75% e cessione Sismabonus

Come anticipato ieri, sfumata l’ipotesi di proroga Superbonus nella Legge di Bilancio 2024, nel Consiglio dei ministri del pomeriggio del 28 dicembre il governo ha presentato, oltre al nuovo Milleproroghe, un decreto legge ad hoc che va ad affrontare nello specifico Superbonus, Bonus Barriere Architettoniche 75% e Sismabonus.

Il nuovo decreto legge di fine anno reca infatti “Misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.77 (decreto-legge)”. Ecco cosa prevede (>> qui trovi la bozza datata 28 dicembre 2023, ore 20:30, qui invece il provvedimento così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale).

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Superbonus 2024

Come si legge nel comunicato stampa del governo, “in relazione ai cantieri avviati nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul Superbonus 110%, sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023“. Per gli interventi ancora da effettuare invece, a partire dal 1° gennaio 2024 “si confermano le percentuali previste a legislazione vigente” (quindi il 70%).

Inoltre, al fine di tutelare i cittadini con i redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri Superbonus 110% che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori SAL non inferiore al 60% al 31 dicembre 2023, “è previsto uno specifico contributo, riservato ai percettori di redditi inferiori a 15.000 euro, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024“. A quanto si legge nel comunicato, il contributo sarà erogato dall’Agenzia delle entrate nei limiti delle risorse disponibili, secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (da adottare entro 60 giorni) e non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.

Approfondisci con l’articolo: Ultime Superbonus: salvo 110 per lavori già pagati, contributo per pochi, rischio contenziosi in condominio

Stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75%

Nello stesso provvedimento – come era stato anticipato ieri – è entrata anche una decisiva stretta al Bonus Barriere Architettoniche 75%, verso il quale come abbiamo visto in molti si stavano indirizzando a fronte delle difficoltà e dei timori legati alla fine del Superbonus.

Nel comunicato stampa si legge che “a tutela delle persone con disabilità e al fine di evitare l’uso improprio dei bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, si limita il novero degli interventi sottoposti all’agevolazione e i casi per i quali continua a essere previsto sconto in fattura e cessione del credito, salvaguardano la tutela delle persone con disabilità”.

In particolare, si legge nella relazione illustrativa della prima bozza del DL che l’agevolazione sarà limitata agli interventi “aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici“. Non c’è quindi più alcuna possibilità di sfruttare il Bonus Barriere Architettoniche per l’installazione di nuovi infissi, per rifare il bagno o per gli interventi di automazione e domotica.

Aggiunto inoltre l’obbligo di “apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti” e di tracciabilità dei pagamenti, da effettuare quindi con il cosiddetto bonifico parlante.

Approfondisci con l’articolo: Stretta Bonus Barriere Architettoniche 2024: cosa resta e cosa salta

Stretta su cessione/sconto Sismabonus

Infine sono entrate nel nuovo DL anche le preannunciate “norme di maggior rigore” per cessione del credito e sconto in fattura in caso di Sismabonus. Nel comunicato si legge: “A partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, si esclude la possibilità di cessione del credito d’imposta nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici relativi alle zone sismiche 1-2-3 compresi in piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per le quali non sia stato richiesto, prima della stessa data, il relativo titolo abilitativo.”

Leggi anche Bonus Edilizi: riepilogo per l’anno 2024

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Articolo Nuovo decreto Superbonus: contributo redditi bassi, stretta su Bonus Barriere Architettoniche 75% e cessione Sismabonus di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Dove si nascondono i ponti termici?

Per studiare e per tenere poi conto degli effetti di un ponte termico è necessario prima individuarlo. Questa considerazione potrebbe sembrare banale, ma non lo è.

Abbiamo spiegato Cosa non è un ponte termico, ma adesso cerchiamo di capire dove si nascondono i ponti termici e perché non è poi così banale la loro individuazione, in questo articolo estratto dal volume Ponti termici: valutazione e correzione, di Sergio Pesaresi (Maggioli Editore).

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Perché non è banale riconoscere un ponte termico?

Non è banale per il progettista di un nuovo edificio, del quale è l’artefice e di cui conosce perfettamente ogni singolo dettaglio, riconoscere e individuare dove si nasconde l’insidia di un ponte termico.

A maggior ragione non è banale per un progettista che si accinge a ristrutturare un edificio esistente, realizzato da altri, in altre epoche, con altre tecnologie e con altri materiali, e di cui non conosce la posizione e la dimensione dei pilastri, dei cordoli, degli architravi, dei camini e di tutti quei punti singolari e particolari presenti negli edifici costruiti, ampliati e modificati più volte nel corso della loro esistenza.

E allora possiamo darci un metodo, perché i ponti termici lineari sono generalmente presenti in alcune posizioni specifiche dell’edificio. Vediamo dove.

Leggi anche: Cappotto termico esterno: come è fatto e come avviene la posa

Dove si nascondono i ponti termici

I ponti termici possono essere classificati in geometrici e strutturali. Ecco dove si trovano.

Ponti termici geometrici dovuti a variazioni dell’asse geometrico:

  • nelle connessioni esterne tra elementi diversi dell’involucro:
    • nella connessione verticale fra due pareti d’angolo (spigoli esterni);
    • nella connessione orizzontale fra la parete esterna e il solaio di copertura (spigolo di gronda);
    • nelle connessioni orizzontali fra la parete esterna e i terrazzi e gli sbalzi;
  • in corrispondenza di una diminuzione e/o aumento dello spessore della parete:
    • nicchia sotto davanzale per alloggiamento termosifone;
    • nicchia nel muro per incasso di impianti.

Ponti termici strutturali dovuti ad una compenetrazione totale o parziale fra materiali a conduttività diversa:

  • in corrispondenza di pilastri, travi, cordoli, architravi inseriti nella parete esterna;
  • in corrispondenza di vuoti quali canne dei camini, sfiati…;
  • in corrispondenza di finestre e porte.

Quelli indicati sono sicuramente ponti termici da indagare. Poi ce ne sono altri che il progettista, una volta assimilati i concetti appena espressi, è in grado di riconoscere per analogia.

Vorresti saperne di più sui ponti termici? Leggi anche:
Ponti termici e Superbonus. La qualità dei materiali isolanti è garantita?
Edifici a energia zero: i ponti termici sono realmente un problema?
Ponti termici sbalzi: come isolare balconi e terrazzi su edifici esistenti
Come risolvere i ponti termici del tetto a falda e del tetto piano?

Per saperne di più, continua a leggere dal volume


Ponti termici: valutazione e correzione


Ponti termici: valutazione e correzione

I ponti termici, non risolti nella progettazione di un edificio nuovo o non attenuati e resi “inoffensivi” negli edifici esistenti, sono la plastica rappresentazione di un’edilizia inutilmente e colpevolmente energivora, di bassa qualità, destinata ad un rapido e costoso deterioramento.

Quest’opera si rivolge ai tecnici che desiderano comprendere il “funzionamento” dei ponti termici per poterli valutare e correggere adeguatamente.

Attraverso un linguaggio molto chiaro, il libro offre ai tecnici una guida pratica alla progettazione degli interventi correttivi dei ponti termici.

Perché non basta inserire dati in un computer per avere la soluzione ai problemi del costruire e abitare sostenibile.

Con questo manuale l’autore fornisce ai lettori uno stimolo costante ad approfondire gli aspetti del comportamento termo-igrometrico di ciascuna struttura, valutazioni indispensabili non solo per verificare le prestazioni energetiche dell’edificio e rispettare le prescrizioni di legge, ma anche per progettare edifici robusti e durevoli nel tempo e mantenere condizioni di comfort e salubrità all’interno degli ambienti.

L’opera quindi si rivolge a tutti i progettisti che vogliono approfondire l’argomento, perchè ha il pregio di presentare i concetti in modo lineare, accompagnando i ragionamenti
con diversi esempi chiarificatori.

Sergio Pesaresi
Ingegnere civile, progettista specializzato in costruzioni ecosostenibili e di bio-architettura. È consulente e docente dell’Agenzia CasaClima di Bolzano. Progettista di case passive certificato dal Passvhaus Institut di Darmstadt (D) e accreditato presso il PHI-Ita di Bolzano. Supervisor della Fondazione ClimAbita e SouthZeb designer. Tecnico base di ARCA e Tecnico ufficiale Biosafe Certificato EES Avanzato – Esperto in Edilizia Sostenibile italiana. Studioso delle tematiche del Paesaggio e della Mobilità Sostenibile. È docente in corsi di aggiornamento professionale e consulente di Fisica Edile.

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Sergio Pesaresi, 2022, Maggioli Editore
34.00 €
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Le patologie del cappotto termico


Le patologie del cappotto termico

Il cappotto termico si è imposto come il sistema più adatto a migliorare l’efficienza energetica degli edifici esistenti e a risolverne i ponti termici presenti, e il più utilizzato per garantire un basso fabbisogno energetico ed un alto comfort abitativo negli edifici di nuova costruzione.

Anche se i primi cappotti sono stati installati trent’anni, fa spesso con metodi “naif”, la stragrande maggioranza ha meno di dieci anni e questo significa che le prime patologie si stanno palesando proprio ora. Il sottotitolo “prevenzione e diagnosi” riassume il programma e il metodo con i quali questo libro intende procedere per affrontare il tema delle patologie del cappotto termico.

Rappresentano i due punti di vista di un medesimo tema, sguardi antitetici ma fra loro complementari. La prevenzione delle patologie edilizie è il compito del progettista, di colui che crea l’opera. Egli deve applicare tutte le conoscenze che ha appreso per ottenere qualità costruttiva e per evitare che l’opera progettata possa, in un lasso di tempo inferiore rispetto alla durata programmata e richiesta, ammalarsi e divenire obsoleta o, addirittura, pericolosa. Il suo è un intervento a monte, ante. La diagnosi delle patologie è compito del perito. Egli deve saper individuare le cause che le hanno determinate e, quando richiesto, saperle curare.

Spesso viene chiamato anche ad anticipare un probabile danno futuro interpretando i piccoli segnali visibili o utilizzando tecnologie adatte a monitorare un processo patologico nascosto in corso o sul punto di attivarsi. Il suo è un intervento a valle, post. Dal suo operato e dalla sua perizia tecnica deve risultare con chiarezza sia la causa dei danni che si sono manifestati sia le responsabilità di quanto, purtroppo, accaduto. L’obiettivo dichiarato di questo quaderno, che esce per la apprezzata collana dedicata alle patologie edilizie, è fornire le conoscenze dei meccanismi che sovrintendono al corretto comportamento del sistema cappotto in modo tale che possano essere utilizzate indifferentemente sia in sede di prevenzione che di diagnosi. A rafforzare il taglio pratico e operativo dell’opera contribuiscono i casi di studio che l’autore propone, descrivendo svariati casi di patologie che hanno interessato i cappotti termici.

Sergio Pesaresi
Ingegnere civile, progettista specializzato in costruzioni ecosostenibili e di bioarchitettura. È consulente e docente dell’Agenzia CasaClima di Bolzano. Progettista di case passive certificato dal Passvhaus Institut di Darmstadt (D) e accreditato presso il PHI-Ita di Bolzano. Supervisor della Fondazione ClimAbita e SouthZeb designer. Tecnico base di ARCA e Tecnico ufficiale Biosafe Certificato EES Avanzato – Esperto in Edilizia Sostenibile italiana. Studioso delle tematiche del Paesaggio e della Mobilità Sostenibile. È docente in corsi di aggiornamento professionale e consulente di Fisica Edile.

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Articolo Dove si nascondono i ponti termici? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

L’acquisto crediti da Bonus Edilizi non genera reddito imponibile per lo studio professionale

Acquistare crediti fiscali per pagare le imposte. Un’operazione tanto più conveniente quanto più basso è il prezzo di acquisto. Ma il vantaggio economico che si ricava è a sua volta soggetto a tassazione?

Un interrogativo che si sono posti in molti, ora che sono attive diverse piattaforme private per la cessione dei crediti a partire da quelli di Superbonus, che consentono di effettuare acquisti a tutti i soggetti interessati.

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I dubbi sono stati risolti una volta per tutte dall’Agenzia delle Entrate con la riposta 472 del 30 novembre scorso che apre a nuove possibilità di effettuare operazioni di questo tipo per tutti coloro che non hanno redditi da imprese e non hanno svolto alcuna attività professionale nei confronti del soggetto che cede il credito.

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Acquisto crediti come operazione finanziaria

Il quesito al quale le Entrate hanno fornito risposta nasce da un’associazione di dottori commercialisti, uno studio associato, che intende acquistare un credito fiscale da Superbonus ceduto da un loro cliente. Si tratta di un’operazione di tipo strettamente economico, in quanto né lo studio in quanto tale né i singoli professionisti hanno svolto alcun tipo di attività legata al Superbonus nei confronti del cliente, neppure l’emissione del visto di conformità sulla pratica. Il credito, quindi, non viene acquistato come corrispettivo di una prestazione.

Ma visto che l’acquisto avviene ad un prezzo inferiore al valore degli stessi crediti, dovrà essere tassato o no il “differenziale positivo” che risulta dall’operazione, o si deve tener conto del fatto che in questo caso non c’è stata alcuna prestazione professionale?

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Le regole per i professionisti

Come chiarito dall’Agenzia nella circolare 23/2022, se un professionista appone il visto di conformità applicando lo sconto in fattura, l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110%, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell’articolo 54 del TUIR che prevede l’imponibilità dei “corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale”.

Quindi anche se la prestazione è pari, ad esempio a 500 euro, dal momento che il credito ottenuto è di 550 euro, l’Agenzia ritiene che debba essere soggetto a tassazione questo intero importo, e non il valore della semplice prestazione.

Tuttavia nel caso dello studio associato non viene fornita alcuna prestazione professionale, né lo studio genera reddito d’impresa.

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La tassazione per le imprese

Un’impresa che acquista un credito d’imposta pagandolo meno rispetto al suo valore utilizzabile in compensazione, infatti, come precisato nella risposta 105/2020, deve tassare la sopravvenienza attiva, ai sensi dell’articolo 88 del TUIR.

L’importo corrisponde alla differenza tra il valore nominale e il costo di acquisto, e va dichiarato nell’esercizio in cui il credito è acquisito. Non è però questo il caso, dato che l’associazione non produce questa tipologia di redditi.

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Associazione e tassazione

Le associazione professionali senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, ricorda infatti l’Agenzia, sono assimilate alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi. Questo comporta che non possono svolgere attività d’impresa e che il proprio reddito imponibile costituito dalla sommatoria delle singole categorie di reddito indicate all’art. 6 del TUIR, e imputato per trasparenza in capo a ciascun associato e assoggettato a IRPEF.

Quindi ai fini della tassazione occorre verificare se il ”provento” (che si determina tra la somma impiegata per acquisire il credito e il valore nominale dello stesso) rientri tra i redditi di capitale, i redditi di lavoro autonomo o i redditi diversi di cui, rispettivamente, agli articoli 44, 53 e 67 del TUIR.

Ai fini IRPEF, infatti, solo se si ha un arricchimento inquadrabile in una delle categorie reddituali individuate dalla normativa il “provento” è soggetto a tassazione.

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Niente norme ad hoc, nessuna tassazione

Analizzando le voci una per una, l’Agenzia ritiene che il differenziale dato dal conto di acquisto del credito e importo utilizzabile in compensazione non rientri in nessuna delle categorie di reddito individuate dalla legge in quanto:

  • non costituisce un impiego di capitale e, quindi, non può essere considerato un reddito di capitale;
  • non può essere considerato un reddito di lavoro autonomo in quanto per il suo calcolo si considera la differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, e per quanto ampia, la nozione di 兎lementi immateriali・ non include i differenziali derivanti dall’acquisto di crediti di imposta a un valore inferiore a quello nominale;
  • non rientra neanche tra i redditi dal carattere eterogeneo e residuale rispetto alle altre categorie tra le quali le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, ovvero dal rimborso di titoli o certificati di massa.

Quindi, conclude l’Agenzia, in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all’eventuale differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, si ritiene che detto acquisto non genera reddito imponibile in capo all’associazione.

In sostanza per tutti i professionisti è possibile acquistare crediti d’imposta ad un prezzo più basso del valore nominale senza essere soggetti a tassazione sul differenziale tra prezzo e importo utilizzabile in compensazione.

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Articolo L’acquisto crediti da Bonus Edilizi non genera reddito imponibile per lo studio professionale di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Legittima la modifica di destinazione d’uso decisa dall’assemblea con delibera condominiale

La giurisprudenza ha già avuto modo di puntualizzare che la delibera assembleare di destinazione di aree condominiali scoperte in parte a parcheggio autovetture dei singoli condomini ed in parte a parco giochi ha ad oggetto un’innovazione diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento della cosa comune (Cass. civ., sez. II, 29 dicembre 2004, n. 24146) e che la deliberazione di destinazione a parcheggio di un cortile è diretta a disciplinare le modalità d’uso del detto bene comune (Cass. civ., sez. II, 8 novembre 2004, n. 21287), stabilendo, in entrambi i casi, la legittimità delle delibere adottate anche soltanto a maggioranza.

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Vediamo di seguito cosa prevede l’articolo 1117-ter del Codice Civile. Il presente testo è estratto dal volume Parti comuni ed esclusive in condominio di Giuseppe Bordolli, edito da Maggioli Editore.

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Modifica destinazione d’uso: il ruolo dell’assemblea

Il concetto è stato recentemente ribadito. Quindi a maggioranza è possibile destinare una parte del giardino o del cortile condominiale a parco giochi per i bambini o a parcheggio oppure trasformare l’ex portineria in un asilo nido, in una lavanderia o in un deposito per biciclette.

Da notare che le delibere possono riguardare sia la destinazione di un bene comune che non è utilizzato perché è cessata la sua destinazione originaria (si pensi a un ex locale caldaia o alla ex portineria) sia una modificazione della destinazione esistente.

Quindi secondo la giurisprudenza è legittima la trasformazione di una parte del giardino condominiale in parcheggio decisa dall’assemblea con una delibera. L’articolo 1117-ter, a prima vista, sembra riprodurre i risultati che la giurisprudenza ha acquisito in ordine al fenomeno delle “innovazioni” (già disciplinato dagli artt. 1120 e 1121 c.c.) e per la quale è innovazione non solo l’opera nuova ma anche il “mutamento della destinazione originaria” del bene. Ma così non è.

Detto articolo infatti sembra ammettere la possibilità che un bene/impianto comune possa essere “trasformato” fino a consentirne un uso completamente estraneo rispetto alla sua originaria destinazione oggettiva e strutturale. Si tratta di situazioni in cui alcuni condomini  possono subire diminuzioni dei loro diritti: si pensi al caso del condominio con accesso dal giardino che a seguito di delibera viene trasformato in piscina o campo da tennis.

Si pensi al caso del condomino che ha scelto un appartamento in un condominio perché tranquillo e poi viene con delibera modificato l’uso del cortile comune per realizzarne un supermercato.

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Quanto sopra trova conferma:

  • nella maggioranza (che non viene specificato se detto quorum vale per la prima o la seconda convocazione) richiesta per approvare detti interventi (quattro quinti del valore dell’edificio, cioè, 800/1000, oltre 4/5 partecipanti al condominio), così elevata da apparire “normalmente” irraggiungibile (quanto meno rispetto alle “presenze” ottenibili solitamente in assemblea);
  • nel fatto che l’art. 1117-ter precisi come dette trasformazioni non possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o alterare il decoro architettonico ma non menzioni il divieto di rendere talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino, divieto che invece continuerebbe a trovare applicazione per le innovazioni ai sensi del predetto articolo 1120.

In ogni caso per l’approvazione della delibera è previsto un procedimento aggravato di convocazione diretto a garantire il massimo di conoscibilità della proposta.

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Il contenuto della lettera di convocazione dell’assemblea

Per quanto riguarda le modalità della convocazione dell’assemblea viene previsto che la lettera di convocazione:

  1. deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati;
  2. deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.

Per quanto riguarda il contenuto la lettera di convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso. Per quanto riguarda il contenuto del verbale assembleare la deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti.

In ogni caso l’assemblea non può approvare le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico (sarà poi eventualmente il giudice di merito a stabilire caso per caso se questo è invece avvenuto).

A tale proposito merita di essere sottolineato che non si precisa come siano illegittime anche le modificazioni della destinazione d’uso che rendono talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino, divieto che invece continuerebbe a trovare applicazione per le innovazioni ai sensi del predetto articolo 1120.

In ogni caso la modifica approvata dall’assemblea non deve essere esplicitamente vietata da una norma del regolamento condominiale di natura contrattuale.

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Parti comuni ed esclusive in condominio


Parti comuni ed esclusive in condominio

Il volume illustra la nuova elencazione delle parti comuni (art. 1117 c.c.) che, oltre a considerare il multiproprietario come condomino, estende in modo evidente la disciplina condominiale al fenomeno del supercondominio ma anche al condhotel, fattispecie recentemente introdotta nel nostro ordinamento.

Si prendono in considerazione anche le parti comuni del supercondominio, condominio minimo e condominio parziale.

Sono analizzate inoltre le modifiche in materia di mutamento di destinazione d’uso delle parti comuni.

Non manca poi un capitolo dedicato all’uso delle parti comuni, evidenziando il nuovo orientamento della Cassazione che sembra favorire sempre più un utilizzo maggiormente rispondente all’esigenze dei condomini.

Vengono prese in considerazione inoltre le innovazioni con particolare riguardo a quelle di “interesse sociale” e a quelle legate al fenomeno superbonus 110% (fotovoltaico, colonnine di ricarica, cappotto termico, ecc.), prendendo in considerazione le importanti novità legate all’installazione di un ascensore.

Viene approfondito poi il tema della sopraelevazione in condominio con accurato esame delle questioni legate ai limiti del sopralzo.

Infine viene affrontato il tema del perimento dell’edificio condominiale; conclude l’opera il problema delle opere nelle parti esclusive e dei limiti regolamentari all’utilizzo delle porzioni private.

Giuseppe Bordolli
Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. Attualmente è direttore editoriale del sito Condominioweb. È collaboratore del Quotidiano condominio 24 ore, di Diritto.it e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia.

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