Sistri, sarà cancellato a partire dal 1° gennaio 2019

La bozza del Decreto legge Semplificazione che dovrebbe essere approvata a breve dal Consiglio dei Ministri, tra le varie novità, precisamente all’articolo 23, contempla anche la soppressione del Sistri (Sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi) a cominciare dall’anno nuovo (1° gennaio 2019). Per sostituire il Sistri viene previsto il ritorno ai registri cartacei durante l’attesa del nuovo sistema. Inoltre, va specificato che i contributi (contemplati dalla Legge 78/2009 e dall’articolo 7 del Decreto Ministeriale n.78/2016) non sono dovuti.

Sistri abolito, esulta la CNA

In seguito alla decisione di abolire il Sistri, la CNA ha affermato: “Per migliaia di imprese si tratta della liberazione da un incubo. Il Sistri non ha mai funzionato, ma sicuramente impedito che si mettesse a punto nel nostro Paese un sistema efficace e semplice di tracciabilità dei rifiuti pericolosi, come in moltissime occasioni, e in tutte le sedi istituzionali, la CNA ha chiesto in questi anni”. Poi ha aggiunto: “A questo punto sarà finalmente possibile, con la collaborazione delle imprese, costruire un nuovo strumento per tracciare i rifiuti pericolosi basato su una struttura semplice e ad alta efficienza. Dovrà essere in pratica, il contrario del Sistri, un sistema che si è dimostrato sempre molto complicato e inefficiente”.

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Sistri archiviato, l’anticipazione del Sottosegretario Gava

Già verso la fine del mese di ottobre, il sottosegretario all’Ambiente Vannia Gava, dopo essersi confrontata con gli imprenditori italiani, durante l’incontro organizzato da Confindustria, aveva annunciato la chiusura del Sistri, definendolo “sistema complicato e distorto“. Il sottosegretario aveva anche parlato di “un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti più efficace, più semplice e meno costoso”.

Il Sistri, che era stato creato grazie al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare, avrebbe dovuto promuovere la semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (urbani, speciali, ospedalieri). La decisione di chiuderlo è arrivata quando tutte le aspettative erano state ormai deluse, poiché erano state originate solo ulteriori complicanze.

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Articolo Sistri, sarà cancellato a partire dal 1° gennaio 2019 di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Decadenza permesso di costruire, una foto aerea di Google Earth prova il mancato inizio lavori?

Come ogni settimana, ecco la selezione delle sentenze di edilizia e urbanistica pubblicate tra il 29 gennaio e il 2 di febbraio. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono: Decadenza permesso di costruire per mancato inizio lavori (insufficienza di una foto aerea Google Earth) Tettoia (titolo edilizio necessario), Soppalco (titolo edilizio necessario), Abusi edilizi (affidamento nell’autore, esclusione e, se su suolo pubblico, necessità ordine di demolizione, non necessità della comunicazione di avvio del procedimento), SCIA (poteri inibitori, non necessità della comunicazione di avvio del procedimento), Volturazione del titolo edilizio (effetto liberatorio rispetto agli oneri concessori).

Decadenza permesso di costruire per mancato inizio lavori: insufficienza di una foto aerea Google Earth

Estremi della sentenza: TAR Sardegna, sez. II, sent. 31 gennaio 2018, n. 54
Massima: Una foto aerea di Google Earth non è sufficiente per dichiarare la decadenza del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori

L’onere della prova del mancato inizio dei lavori assentiti con il permesso di costruire incombe al Comune che ne dichiara la decadenza, alla stregua del principio generale in forza del quale i presupposti dell’atto adottato devono essere accertati dall’autorità emanante.

La giurisprudenza ritiene che le foto aeree di Google Earth non assicurino con certezza la data del rilevamento; ad esempio, è stato affermato che “il Collegio non ritiene che i rilevamenti tratti da Google Earth prodotti in giudizio possano costituire, di per sé ed in assenza di più circostanziati elementi che la ricorrente non ha fornito, documenti idonei al prefato scopo e ciò, in particolare, in considerazione della provenienza del suddetto rilevamento, delle incertezze in merito all’epoca di risalenza delle immagini visualizzate (come emerge dallo stesso sito – alla pagina: https://support.google.com/earth/answer/21417?hl=it – per impostazione predefinita il software “visualizza le immagini di qualità migliore disponibili per una determinata località”, con la precisazione che “a volte potrebbero essere visualizzate immagini meno recenti se sono più nitide rispetto a quelle più recenti”), della genericità delle informazioni relative ai metodi di esecuzione del rilevamento medesimo” (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 27 novembre 2014 n. 6118).

Di conseguenza, il provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire basato esclusivamente su una foto aerea Google Earth è carente di motivazione e, conseguentemente, illegittimo.

Tettoia, titolo edilizio necessario

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. VII Salerno, sent. 30 gennaio 2018 n. 649
Massima: Serve il permesso di costruire per le tettoie di rilevanti dimensioni

Secondo una consolidata giurisprudenza, (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 19 dicembre 2005, n. 20427; 29 luglio 2005, n. 10479; 2 dicembre 2004, n. 18027), la realizzazione di una tettoia è soggetta al preventivo rilascio del permesso di costruire quando essa, pur avendo carattere pertinenziale rispetto all’immobile cui accede, incide sull’assetto edilizio preesistente.

Di conseguenza, è necessario il suddetto titolo edilizio per la realizzazione di 4 tettoie di rilevanti dimensioni (mq 19 circa; mq 31 circa; mq 86 circa; mq 58 circa), come tali certamente idonee ad incidere sull’assetto edilizio.

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Soppalco, titolo edilizio necessario

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. IV Napoli, sent. 31 gennaio 2018 n. 693
Massima: È necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico

Com’è noto, la disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo che si ricava all’interno di un locale, interponendovi un solaio, non è definita in modo univoco, ma va apprezzata caso per caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto. In linea di principio, è necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico; si rientrerà invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile (Consiglio di Stato, sez. VI, 02/03/2017, n. 985).

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In linea con l’indirizzo suindicato si dispiega la giurisprudenza che ha, di recente, evidenziato come la realizzazione di un soppalco non rientra nell’ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica della superficie utile dell’appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (cfr. Tar Sardegna, Sez. II, 23 settembre 2011, n. 952; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 11 luglio 2011, n. 1863; Tar Campania, Napoli, Sez. II, 21 marzo 2011, n. 1586).

Abusi edilizi: affidamento nell’autore, esclusione

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sez. I Milano, sent. 29 gennaio 2018 n. 231
Massima: La commissione di abusi edilizi non può ingenerare nell’autore dell’abuso alcun affidamento, e ciò a prescindere dal decorso del tempo che comunque non estingue il potere sanzionatorio della p.a., che al contrario è tenuta anche penalmente a perseguire le violazioni edilizie in qualunque tempo accertate

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2017, n. 908; Sez. IV, 12 ottobre 2016, n. 4205; Sez., IV, 31 agosto 2016, n. 3750) che la commissione di abusi edilizi non può ingenerare nell’autore dell’abuso alcun affidamento, e ciò a prescindere dal decorso del tempo che comunque non estingue il potere sanzionatorio della p.a., che al contrario è tenuta anche penalmente a perseguire le violazioni edilizie in qualunque tempo accertate.

Peraltro, con una recente decisione, il Consiglio di Stato (cfr. Adunanza plenaria, sentenza 17 ottobre 2017, n. 9) ha confermato questo indirizzo giurisprudenziale e ne ha fornito, ove fossero mancate, ulteriori ragioni argomentative, chiarendo che: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.

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Abuso edilizio su suolo pubblico: necessità dell’ordine di demolizione e non necessità della comunicazione di avvio del procedimento

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. III Salerno, sent. 30 gennaio 2018 n. 654
Massima: L’ordine di demolizione è l’unica sanzione possibile per l’abuso realizzato su suolo di proprietà pubblica e non deve essere proceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento

Secondo la giurisprudenza, la circostanza che l’abuso sia stato realizzato su suolo di proprietà dello Stato determina l’applicazione dell’art. 35 del DPR n. 380/01, che in tale ipotesi prevede, quale unica ed esclusiva conseguenza, la demolizione a spese del responsabile.

La norma non contempla alcuna ipotesi alternativa alla demolizione, essendo evidentemente preordinata a evitare l’indebito utilizzo del bene demaniale per cui, nei casi di edificazione “contra legem”, non occorre alcun accertamento ulteriore e occorre verificare solo che trattasi di suolo di proprietà pubblica e che nessun titolo è stato rilasciato. Pertanto, dall’abusività dell’opera scaturisce con carattere vincolato l’ordine di demolizione, che in ragione di tale sua natura non esige una specifica motivazione o la comparazione dei contrapposti interessi, né deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento o tener conto del lasso di tempo intercorso (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2014 n. 2196; T.A.R. Campania, sez. III, 14.4.2015, n. 2098).

SCIA: poteri inibitori, non necessità della comunicazione di avvio del procedimento

Estremi della sentenza: TAR Veneto, sez. III, sent. 31 gennaio 2018 n. 95
Massima: Per l’esercizio dei poteri inibitori in materia di SCIA non è richiesta la comunicazione di avvio del procedimento né il preavviso di rigetto

La natura giuridica della segnalazione certificata di inizio attività – che non è una vera e propria istanza di parte per l’avvio di un procedimento amministrativo poi conclusosi in forma tacita, bensì una dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge – induce ad escludere che l’autorità procedente debba comunicare al segnalante l’avvio del procedimento o il preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 prima dell’esercizio dei relativi poteri di controllo e inibitori (cfr. T.A.R. Campania Napoli n. 3896/2017, T.A.R. Catanzaro (Calabria), sez. II, 5 marzo 2015, n. 478, Consiglio di Stato, sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3112, 14 aprile 2014, n. 1800 e 25 gennaio 2013, n. 489).

Il denunciante la SCIA è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso della. P.A. e, pertanto, la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell’amministrazione. In assenza di procedimento, non c’è spazio per la comunicazione di avvio, per il preavviso di rigetto o per atti sospensivi da parte dell’amministrazione (T.A.R. Bolzano, (Trentino-Alto Adige), sez. I, 04/03/2016, n. 79).

Volturazione del titolo edilizio: effetto liberatorio rispetto agli oneri concessori

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. I Catanzaro, sent. 29 gennaio 2018 n. 277
Massima: Solo con la volturazione del titolo edilizio concordata con l’amministrazione il precedente titolare del bene può essere liberato dal pagamento degli oneri concessori

I trasferimenti della proprietà del bene su cui incide l’attività edilizia assentita non hanno efficacia nel rapporto pubblicistico che sorge per effetto del rilascio del provvedimento di assenso, salvo che non vi sia una novazione soggettiva, come tale però concordata con l’amministrazione. Come indicato in passato dalla giurisprudenza, infatti, (T.A.R. Toscana, Sez. III, 12 marzo 2014 n. 493, T.A.R. Molise, 25 luglio 2012 n. 27), “L’originario titolare di un permesso di costruire può liberarsi dagli obblighi connessi al titolo, nel caso in cui alieni il terreno da edificare — ovvero l’edificio in costruzione — cedendo il titolo edilizio mediante apposita volturazione. Con tale atto, il Comune autorizza l’acquirente a subentrare nella titolarità del permesso di costruire e nello stesso tempo accetta l’accollo degli oneri concessori da parte dell’acquirente stesso, con liberazione del precedente titolare”.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Gli interventi edilizi: definizioni e titoli abilitativi - II edizione

Gli interventi edilizi: definizioni e titoli abilitativi – II edizione

M. Petrulli, A. Mafrica, 2017, Maggioli


Articolo Decadenza permesso di costruire, una foto aerea di Google Earth prova il mancato inizio lavori? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Impermeabilizzazioni in edilizia: al tecnico chiedete il PERCHÈ delle cose

Sempre più ci troviamo a affrontare emergenze e sempre nel momento sbagliato. Passare giorni di festa a casa con il tetto che perde mentre fuori c’è la tempesta, essere malati con il vicino che si lamenta perché il balcone gocciola non è certamente la migliore delle situazioni; eppure è la normalità.

Proprio questa mattina un amico applicatore mi ha chiesto: perché non mi trovi una certificazione vera che mi possa finalmente differenziare da tutti gli altri? Certificazioni ce ne sono tante, ma nessuna è unanimemente accettata. Ci sono le norme UNI (che qualche avvocato smonta immediatamente perché non liberamente accessibili), ci sono i certificati dati dai produttori ma il loro senso è più commerciale che altro. Effettivamente non esiste nulla che possa qualificare un posatore, se non la propria storia e la voglia di evolversi.

Impermeabilizzazioni in edilizia: che caratteristiche deve avere il tecnico?

A dire il vero, esiste una piccola cosa che potrebbe essere utile: la Camera di Commercio tiene un albo che si chiama “dei Periti e degli Esperti”. Si tratta di un elenco, di tantissime materie eterogenee, dove le persone (è personale) possono iscriversi provando di essere capaci di trattare una determinata materia. Per l’iscrizione (è molto “cheap”, basta un bollo da 16€) bisogna presentare non solo il curriculum scolastico ma anche le credenziali tecniche (io ad esempio oltre alle relazioni più importanti ho portato anche il mio libro sulla progettazione dei dettagli impermeabilizzativi) che possono essere formate da tutta la documentazione che si può avere. Particolare importante: il primo documento di credenziale tecnica (una perizia o relazione tecnica) deve avere almeno 5 anni e bisogna dimostrare che non sia stata un’attività occasionale.

Peccato che questa iscrizione valga solo per la parte peritale. Certo, una persona che dimostra di essere capace in una singola materia per fare una perizia dovrebbe essere capace anche di progettare e, quindi, di risolverci i problemi al tetto o al terrazzo. Non è sempre così: chi sono i veri e propri esperti nel settore impermeabilizzazioni?

Beh, teoricamente tutti coloro che trattano la materia: tecnici aziendali, venditori, applicatori e progettisti che si sono formati autonomamente (non esiste un corso universitario o altro sulla progettazione di applicazioni impermeabili). Sinceramente la questione non è cosa fa un esperto per vivere ma quale sia la sua moralità professionale e se questa possa andare contro il suo lavoro principale.

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Il venditore perito e il perito applicatore

Vi faccio un esempio: se un venditore di una nota marca di prodotti per impermeabilizzazioni viene chiamato come perito, perché riconosciuto come vero esperto, e si trova davanti a un difetto conclamato del prodotto che lui stesso ha venduto, come si comporta? È abbastanza onesto da dare contro l’azienda che gli da da mangiare? È abbastanza onesto da rinunciare all’incarico per evidente conflitto d’interessi?

Altra situazione, forse peggiore, è il caso in cui il perito chiamato sia un applicatore: cosa succede se il cantiere dove viene interpellato è un lavoro che ha perso a causa di un’offerta migliore di un concorrente? Siamo sicuri che sia così forte da non approfittare della sua momentanea situazione di potere? Siamo sicuri che sia veramente competente nella materia e non sia solo ed esclusivamente una persona formatasi nei corsi commerciali di una nota marca di prodotti?

Insomma la scelta è veramente difficile. A oggi il solo modo di poter scegliere un vero e proprio tecnico è quella di poter consultare il suo curriculum vitae e di poterlo verificare. Visto che quanto una persona fa nella propria vita non sempre è controllabile, l’unico mezzo per verificare le sue capacità è controllare i suoi movimenti sui social network o nelle occasioni pubbliche. Soprattutto, ricordatevi, la soluzione a tutte le vostre domande è un’altra domanda che dovete fare al tecnico che interpellerete: Perché?

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Impermeabilizzazioni in edilizia: perchè?

Perché è la domanda più potente del mondo! I bambini fanno questa domanda da piccoli per sapere come sono fatte le cose che imparano. Anche noi dobbiamo tornare un po’ bambini e non aver paura di chiedere perché quella che ci propongono è la soluzione opportuna! Se la risposta è titubante o lascia a desiderare o, semplicemente, è la copia di un depliant commerciale, lasciate perdere!

Solo chi è veramente esperto può rispondere a questa semplice ma potentissima domanda. A questo punto poco importa quale sia il suo mestiere, siete sicuri che è capace! Quindi vi esorto a fare una cosa: non abbiate paura di chiamare un esperto, non abbiate paura di pagare quanto chiede ma pretendete sempre una relazione scritta che spieghi in modo inequivocabile il perché certe cose avvengono e, soprattutto, il perché la soluzione proposta è quella giusta!

Buona vita a tutti… soprattutto asciutta!

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Articolo Impermeabilizzazioni in edilizia: al tecnico chiedete il PERCHÈ delle cose di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Demolizione Abuso edilizio, quando prevale l’interesse pubblico

La delibera comunale che dichiara che esiste un interesse pubblico che sul ripristino dell’assetto urbanistico violato, bloccando la demolizione di un’opera abusiva (prevista dall’articolo 31, comma 5, del Testo unico dell’edilizia) deve spiegare tutte le specifiche esigenze che giustificano la scelta di non demolizione. Il giudice dell’esecuzione ha il potere di sindacare la scelta di non demolire.

Lo dice la Cassazione, che ha confermato l’ordinanza della Corte d’Appello di Salerno che aveva respinto l’istanza del proprietario di un manufatto abusivo volta a ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di demolizione della stessa Corte territoriale.

Abuso edilizio: quando si può non abbattere per interesse pubblico

La Cassazione è quindi d’accordo con l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il Consiglio comunale può dichiarare la prevalenza di interessi pubblici che ostacolo la demolizione dell’opera abusiva solo se:
– non c’è contrasto con rilevanti interessi urbanistici/ambientali;
– una deliberazione del Consiglio dichiara formalmente la sussistenza dei suddetti presupposti di non contrasto;
– c’è una dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici (Cassazione, Sezione III, sentenza 10 ottobre 2008, n. 41339).

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Source: Ediltecnico.it

Seminterrato: nelle volumetrie rientrano solo i locali fuori terra

Una società proprietaria di un edificio residenziale costruito nel ’70 e condonato con la 47/1985, composto da una sola unità immobiliare che occupa tutto il piano seminterrato e il piano rialzato, ha presentato un progetto di demolizione e ricostruzione, chiedendo di potersi avvalere del Piano Casa che prevede un premio del 35% della volumetria esistente. Come si calcola la volumetria esistente in questo caso? Bella domanda. Una sentenza del Tar Bari (1248/2017) ha tentato di risolvere il quesito.

Il Comune dopo 79 giorni ha emesso una nota di preavviso di rigetto perchè “nel calcolo della volumetria esistente è considerato in toto la volumetria del piano seminterrato e non solamente la parte fuori terra”. Il proprietario fa presente che, per determinare la base da cui partire per calcolare il premio volumetrica del 35%, la legge regionale sul piano casa autorizza tutti i volumi legittimamente realizzati, anche se condonati.

Tocchiamo appena la questione del diniego del permesso di costruire da parte del Comune. Il diniego è stato contestato dal proprietario e il Tar Bari, con la sentenza n. 1248/2017, ha sostenuto che il silenzio assenso sul permesso di costruire non è automatico ma subordinato a determinate questioni. Inoltre, il Tar ha sentenziato che il cittadino che vuole avvalersi del silenzio-assenso deve dimostrare di “avere tutte le carte in regola” e il nostro proprietario, invece, non ha dimostrato la conformità urbanistico-edilizia dell’istanza.

Seminterrato: come si fa il calcolo dei volumi?

Torniamo al calcolo dei volumi, che è l’argomento che ci interessa di più in questo articolo. Il Tar precisa che, il «volume dei fabbricati è determinato dalla somma dei prodotti delle superfici utili di ogni piano per le relative altezze lorde, misurate da pavimento a pavimento». In un intervento edilizio su immobile preesistente, per calcolare quale sia la volumetria assentibile, il punto di riferimento non è la volumetria di fatto esistente ma la volumetria legittimamente esistente (sentenza del Consiglio di Stato 5196/2016).

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Per quanto riguarda la volumetria interrata, il Tar ha precisato che i regolamenti edilizi per il calcolo dei volumi interrati dispongono in base alla destinazione d’uso, quando i volumi sono destinati a residenza, uffici o attività produttive. Se non ci sono disposizioni, nel calcolo del volume complessivo dell’edificio rientra anche il seminterrato solo per la parte che emerge dal piano di campagna.

Il Tar ha sottolineato anche l’irrilevanza del condono per il calcolo delle cubature assentite. L’istanza di condono permette di sanare le opere realizzate sine titulo e in contrasto con le prescrizioni urbanistiche ma questo non determina una deroga alla disciplina generale sul calcolo delle volumetrie che permetta di estendere i volumi fino a includere anche quelli realizzati nel piano terra.

E per le modalità di calcolo dei volumi? L’entrata in vigore della riforma Madia e, in particolare, delle definizioni standardizzate ha creato confusione: sono esatte le modalità di calcolo delle cubature assentite? I volumi interrati devono essere conteggiati o no? La pronuncia del Tar chiarisce almeno che solo i volumi fuori terra devono essere compresi nel calcolo delle volumetrie.

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Source: Ediltecnico.it

Condomini colabrodo, caldi d’estate e freddi d’inverno. Come si fa?

Cosa è venuto fuori? Che molti degli edifici sono case colabrodo che disperdono energia termica d’inverno e si surriscaldano d’estate. Nel 2017 in particolare ha realizzato un’indagine termografica su 10 palazzi condominiali di Roma, Napoli e Potenza costruiti nel dopoguerra e in anni più recenti. I problemi emersi non sono solo evidenti ma anche comuni. Nello specifico, il problema più grosso è quello delle dispersioni termiche da solai, pilastri, infissi e dalle pareti perimetrali.

Condomini colabrodo: quanto costano?

Ecco perché si parla di condomini colabrodo. E i condomini colabrodo costano molto: la spesa energetica media per famiglia è pari a 2689 euro/anno (521 euro per l’energia elettrica, 1.024 euro/anno per la produzione di acqua calda sanitaria, cucina e riscaldamento, 1.144 euro per la mobilità). Sono i dati di cui si è discusso Roma nel corso della presentazione di ‘Civico 5.0, un altro modo di vivere il condominio’, la nuova campagna di studio e informazione di Legambiente. Altri dati significati snocciolati? L’82% degli edifici è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa in materia di efficienza energetica; gli edifici residenziali in stato di conservazione mediocre o pessimo, ma che comunque hanno bisogno di un intervento, sono il 16,8% del totale.

Si tratta di cifre impietose, rese note da Legambiente per sensibilizzare cittadini, amministrazioni e costruttori su un modo di vivere e progettare che deve cambiare. Innovazione ambientale, efficientamento energetico, condivisione e sharing economy, agevolazioni fiscali e ambiente: sono le parole chiave attorno a cui ruota la campagna. Si tratta di un cambiamento culturale grande, difficile da mettere in atto. In quella direzione stanno spingendo anche le leggi.

E una App, che fa parte della campagna Civico 5.0. Contien la mappa dei monitoraggi effettuati, informazioni utili sui nuovi incentivi per la casa previsti nell’ultima Legge Bilancio, i materiali innovativi che si possono usare e le buone pratiche di sharing economy condominiale. È già la secondo volta che la nominiamo, ma cos’è questa  sharing economy condominiale? È il tentativo di rendere i palazzi condominiali luoghi più accoglienti e sorridenti, non più spazi di conflitto o diatribe. La parola d’ordine è condivisione: si mettono a disposizione gli spazi comuni poco utilizzati per trarne un beneficio comune e ridurre i consumi. Il condominio di San Gregorio a Milano è un esempio di sharing economy condominiale ben fatta. Costruito all’inizio del ‘900, con 49 abitazioni totali, fa funzionare raccolta olii esausti, pile, RAEE e farmaci scaduti, orti urbani in cortile e altri servizi.  Di esempi ce ne sono altri, che puoi leggere nel comunicato di Legambiente.

Non dimentichiamo i bonus per la casa e il condominio della Legge di Bilancio 2018

Legambiente invita le famiglie a candidarsi per diventare testimonial di Civico 5.0, raccontare la propria esperienza e richiedere un monitoraggio energetico. Le migliori storie verranno pubblicate sul sito di Legambiente come casi esempio. Il 17 aprile si terrà la giornata dei Condomini Aperti, con eventi in tutto il paese per ricordare che i condomini devono essere dei luoghi di socialità.

Fonte immagine in apertura: www.teleborsa.it

Consigli per la lettura

Manutenzione e responsabilità in Condominio

Manutenzione e responsabilità in Condominio

Giuseppe Bordolli, 2017, Maggioli Editore

Il legislatore del 1942 aveva compreso l’importanza della manutenzione in ambito condominiale.Del resto quanto sopra è coerente con l’interesse dell’ordinamento a che ogni edificio riceva una sufficiente e costante manutenzione.L’art. 1123 c.c., commi 1 e 2,…


Articolo Condomini colabrodo, caldi d’estate e freddi d’inverno. Come si fa? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Con il BIM si può gestire il patrimonio immobiliare

L’attività di rappresentazione grafica e digitale dei manufatti del patrimonio immobiliare è complessa ma con il BIM è possibile. Le informazioni da gestire sono molte e l’utilizzo di procedure informatizzate è necessario per ridurre il rischio di errori e velocizzare l’attività. Al di là di questa complessità, dal 2009 tutte le amministrazioni pubbliche devono obbligatoriamente (dall’art. 2 comma 222 della Legge 191/2009 e art. 2 del Dlgs 118/2011) trasmettere al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’elenco dei propri beni immobiliari, per pemettere la rendicontazione patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato e una corretta gestione e alienazione del  patrimonio stesso.

BIM e gestione del patrimonio

Oggi, come dicevamo, si può censire e gestire il patrimonio immobiliare esistente in modo efficiente e interoperabile con il BIM: per la gestione del patrimonio, il BIM è inteso come un sistema in cui vengono raccolti determinati dati, per essere elaborati e resi noti ai responsabili della risorse patrimoniali.

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BIM e processo di manutenzione

Il BIM permette anche la gestione del processo manutentivo (Facility Management) che deve essere pianificato, gestito e controllato: la norma UNI 10951 definisce le linee guida per progettare, realizzare, usare e aggiornare i sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari. Un’altra norma UNI, la 11337, ancora in fase di stesura, nelle parti 2 e 3, indicherà una metodologia per la denominazione e l’identificazione dei prodotti da costruzione e un modello operativo strutturato per raccogliere e archiviare dati e informazioni tecniche dei prodotti da costruzione.

Concludiamo quindi che il BIM non è solo uno strumento per la progettazione e cantierizzazione ex novo ma anche per la gestione e il controllo della manutenzione del patrimonio edilizio italiano. Un caso pratico? L’Università della Basilicata è tra i primi enti del Sud Italia che ha adottato la metodologia BIM per gestire il patrimonio immobiliare e i cespiti a servizio delle sedi di Potenza e Matera.

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Articolo Con il BIM si può gestire il patrimonio immobiliare di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Ambienti confinati: sono ovunque intorno a noi

Ambienti non ideati e non realizzati per la presenza dell’uomo, con grosse difficoltà di movimento ed enorme scomodità nell’uscita, con aria viziata e rarefatta, inquinata e caratterizzata dalla quasi totale assenza di ossigeno o comunque scarsa ventilazione. Sono gli ambienti confinati, spazi che spesso diventano trappole mortali, per come sono definiti nella normativa italiana.

Parlare di sicurezza nei luoghi di lavoro dopo quanto successo nelle passate settimane è pesante. Ma certo non si può più aspettare ancora, pur utilizzando la massima sensibilità possibile (che comunque non sarà ancora abbastanza). Gli ambienti confinati, come già accennato, sono tutti quei luoghi non idonei per l’attività umana, non progettati e realizzati perché potesse svolgersi all’interno attività alcuna, con ricircolo e ricambio d’aria scarso o nullo, difficoltà di uscita una volta che vi si è all’interno.

Ambienti confinati, manca un orientamento

Nell’ambito lavorativo, gli incidenti negli ambienti confinati sono i più pericolosi, fatali a dirla tutta. Le statistiche sono impietose: gli incidenti che accadono sono mortali e comprendono quasi sempre più persone. Gli ambienti confinati necessitano di maggiore studio e attenzione e certo non sono possibili grovigli illeggibili e incomprensibili di leggi in materie di minore importanza mentre per la totale assenza di insegnamenti e restrizioni normative i lavoratori perdono la vita sul posto di lavoro. Ciò non significa che ci siano materie legislative di serie A o serie B o che il Testo Unico 81/2008 sia da rivedere, anzi, significa che si consta una pressoché totale assenza di qualsivoglia riferimento che fornisca una traccia a chi si trovi a lavorare con ambienti pericolosi, in probabile assenza delle condizioni idonee per la normale respirazione umana.

L’unica norma emanata in materia è il Decreto 177/2011 (a integrazione dell’allegato IV del T.U. 81/2008, punto 3) che ha iniziato un percorso rimasto però ancora incompiuto: quello che porta alla corretta informazione di tutti i lavoratori e della popolazione in generale sulla pericolosità degli ambienti confinati. Potrà sembrare un argomento distante, ma la verità è che intorno a noi ne esistono moltissimi esempi senza che si vadano a ricercare gli immobili prettamente industriali o artigianali. Vasche di liquame, vasche di raccolta degli spurghi abitativi, cisterne, bomboloni del GPL, benzina o altri gas o liquidi, botti per la fermentazione alimentare (vino, lievito, farine), silos, tubazioni sotterranee sono tutti esempi di luoghi o attrezzature che si possono trovare tutto intorno a noi, da una zona industriale ad una agricola o ancora in zone periferiche o isolate dove le abitazioni non sono servite dalla pubblica fognatura.

Ambienti confinati: compiti di impresa e lavoratori

Nel nostro ordinamento giuridico si prevede che per lavorare in tali ambienti serva una precisa abilitazione e una accurata organizzazione dell’impresa, con almeno il 30% di personale con esperienza almeno triennale in tale ambito lavorativo, con situazioni contrattuali stabili (tempo indeterminato). L’impresa deve provvedere alla adeguata sorveglianza sanitaria e alla fornitura dei Dispositivi di Protezione Individuali necessari per lo svolgimento dell’attività. Inoltre tutte le maestranze impiegate devono essere debitamente informate dalla committenza sulle caratteristiche dell’ambiente in cui opereranno e tale prescrizione deve avvenire per la durata di almeno un giorno (fatto piuttosto particolare poiché non si può ricondurre alla durata di un giorno l’informazione dovuta per qualunque caso lavorativo). Le attività devono inoltre esser organizzate per ridurre al minimo, o eliminare, i rischi e con le previsioni di eventuali fase critiche di rischio elevato e di soccorso da attuare in coordinamento con il servizio sanitario nazionale d’emergenza o i Vigili del Fuoco.

Più formazione per il settore edile: l’elettricista maldestro

Ora, bisognerebbe probabilmente fare in modo che i lavoratori del settore edile siano più informati su tali situazioni di pericolo, quand’anche lavorino per un’impresa non abilitata allo svolgimento dell’esame attività negli ambienti confinanti, quanto meno al fine di poter riconoscere questi ultimi con gli annessi pericoli. A giustificazione di ciò si pensi a un semplice esempio: la rottura di parti elettriche presenti all’interno di una cisterna in acciaio inox per la fermentazione e conservazione dei prodotti vinicoli (una ventolina che permette di miscelare il vino o un marchingegno elettronico che misura temperatura o altri fattori). A eseguire la riparazione in loco potrebbe esser un elettricista qualunque, infilando il busto all’interno della cisterna per poter operare. Quasi nessun elettricista ha l’abilitazione ad operare in ambienti confinati poiché quando mai un elettricista pensa di dover lavorare in un ambiente confinato?! Ma nell’esempio in questione il busto viene completamente infilato all’interno di una cisterna senza neanche sapere che qualità di aria vi si trova all’interno. Per un lavoratore in tal caso è fondamentale almeno riconoscere il pericolo e agire di conseguenza con delle verifiche prima di addentrarsi per la riparazione o sospendere momentaneamente la lavorazione in attesa di maggiori informazioni sulla cisterna.

Le verifiche necessarie sono quanto meno sulla quantità di ossigeno presente. Per la respirazione umana è necessario che ne sia presente almeno una quantità pari al 17% (minimo livello vitale), anche se alcuni studi presentano valori più alti, almeno del 19%, anche in virtù del fatto che durante un’attività lavorativa il consumo di ossigeno è maggiore. In ogni caso le precauzioni non sono mai troppe. Devono esser presenti aperture di accesso con dimensioni non inferiori a 30×40 centimetri di larghezza, l’impossibilità del subappalto ed altre prescrizioni contenute anche nell’Allegato 4 al T.U. 81/2008 al punto 3) e nel DPR 177/2011. Tutto ciò deve esser eseguito non solo quando si è riconosciuto l’effettivo pericolo, ma anche quando non è possibile escluderne la potenzialità. Il più delle volte però il pericolo non viene tempestivamente riconosciuto e anche la fase dei soccorsi non viene eseguita in modo sicuro per i soccorritori.

A proposito, consigli per gli acquisti

Il Testo Unico di 
Sicurezza sul lavoro

Il Testo Unico di 
Sicurezza sul lavoro

Luigi Pelliccia, 2016, Maggioli Editore

Il manuale esamina nel dettaglio il Testo Unico di Sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81). La trattazione, pur affrontando l’esame delle norme, è sempre rivolta alla loro attenta ricostruzione sistematica, proponendo anche soluzioni interpretative dei punti maggiormente…


Conclusioni

In tutto questo quadretto sembrerebbe quanto mai opportuno obbligare nei vari corsi di formazione e nella redazione dei Documenti di Valutazione dei Rischi (che non devono rappresentare un semplice incartamento burocratico) la valutazione della possibilità di trovarsi davanti ai pericoli trattati nell’articolo, con la speranza che si possano limitare sempre di più quegli incidenti che sarebbero evitabili con una buona informazione preventiva e con metodi operativi che aiutino la respirazione dei lavoratori, evitando altresì di trascinare nel rischio gli eventuali soccorritori, nei cosiddetti “incidenti a grappolo” di cui non si vorrebbe certo parlare.

Immagine in apertura: testo-unico-sicurezza.com

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Source: Ediltecnico.it

Bonus verde 2018, non serve il bonifico parlante

Una breve news per informarvi che l’Agenzia delle Entrate ha confermato che per il Bonus verde introdotto dalla Legge di bilancio 2018 per gli interventi di sistemazione a verde degli immobili non è obbligatorio pagare con bonifico parlante, ma è sufficiente il bonifico normale. Ai pagamenti di questi interventi non si applica la ritenuta d’acconto dell’8%.

Si tratta in effetti non di una novità ma di una conferma. Infatti, sapevamo già che per poter usufruire del Bonus verde, bisogna pagare con strumenti che consentano la tracciabilità delle operazioni (bonifico bancario o postale) e non con bonifico parlante.

Il vero problema rimane: una detrazione così bassa verrà utilizzata? Vedremo.

Bonus verde 2018: per chi non sapesse cos’è..

Con il Bonus verde, per il 2018 è prevista una detrazione del 36% dall’Irpef delle spese sostenute su unità immobiliari a uso abitativo con un limite massimo di 5000 euro di spesa (e quindi con una detrazione massima di 1800 euro) a singola unità immobiliare per interventi:
– sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi
– realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

Ecco tutte le informazioni sul Bonus verde 2018

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Legge di Bilancio 2018, edilizia: gli ultimi emendamenti approvati

Sono stati approvati quattro emendamenti alla Legge di Bilancio 2018 interessanti per l’edilizia: il primo emendamento introduce un fondo per la messa in sicurezza degli edifici pubblici, il secondo riguarda la messa in sicurezza del territorio e due emendamenti (uguali) sono per la ristrutturazione dell’edilizia sanitaria.

Legge di Bilancio 2018, emendamento per la sicurezza degli edifici pubblici

L’emendamento per la messa in sicurezza degli edifici pubblici prevede 30 milioni di euro ogni anno, dal 2018 al 2030. Saranno finanziati anche i costi connessi dalla redazione dei bandi di gara, alla definizione della sostenibilità finanziaria dei progetti. I dettagli verranno espressi da un decreto del Mit.

Gli enti locali che beneficeranno del Fondo dovranno, entro i tre mesi dalla comunicazione di ammissione al cofinanziamento, affidare la progettazione finanziata e, entro 18 mesi dall’approvazione del progetto definitivo, pubblicare il bando di gara per la progettazione esecutiva. Il Mit vigilerà sul rispetto delle regole.

Un altro emendamento approvato alla Manovra 2018 prevede più finanziamenti per gli investimenti dei Comuni per il ripristino e la messa in sicurezza del territorio, dopo danni derivanti da eventi metereologici eccezionali per cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza nell’anno precedente alla richiesta di finanziamento.

Legge di Bilancio 2018, emendamenti per l’edilizia sanitaria

Due identici emendamenti (approvati) concedono più tempo alle Regioni e alle Province autonome per realizzare gli interventi del programma di ristrutturazione dell’edilizia sanitaria. In particolare, danno 30 mesi di tempo anziché 18 dalla sottoscrizione degli accordi di programma per l’attuazione degli interventi e più tempo, e 18 mesi invece di 9, per l’aggiudicazione.

Consigli di lettura sulla Legge di Bilancio 2018

Legge di Bilancio 2018: tutte le novità per i professionisti

Legge di Bilancio 2018: tutte le novità per i professionisti

2017, Maggioli Editore

Guida pratica in forma ebook che illustra tutte le novità contenute nel testo definitivo della Legge di Bilancio 2018 presentato in Parlamento lo scorso 31 ottobre.La Manovra vale complessivamente 20,4 miliardi di euro e punta alla crescita con il sostegno agli investimenti e…


>>> Legge di Bilancio 2018, il testo finale e le novità per edilizia e professionisti

>>> Legge di Bilancio 2018, tempistiche di approvazione e riassuntone

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