Muro di cinta: in quali casi serve il permesso di costruire?

Serve il permesso di costruire per il muro di cinta con forte impatto sullo stato dei luoghi? Vediamo una recente sentenza a riguardo.

Come è noto, il Testo Unico Edilizia [1] non riconduce espressamente il “muro di cinta” nel novero degli interventi di nuova costruzione per i quali sia prescritto il permesso di costruire (articoli 3, comma 1, lettera e), e 10), ma neppure lo colloca tra quelli soggetti a SCIA.

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A questo riguardo l’orientamento prevalente del Consiglio di Stato[2] è nel senso che, più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio (sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui fondi finitimi), occorre far riferimento all’impatto effettivo che le opere a ciò strumentali generano sul territorio: con la conseguenza che l’intervento edilizio deve qualificarsi quale nuova costruzione (con quanto ne consegue ai fini del previo rilascio dei necessari titoli abilitativi) quante volte abbia l’effettiva idoneità a determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie.

Diversamente, a prescindere “dal mero e astratto nomen iuris utilizzato per qualificare l’opus quale muro di recinzione (o altre simili), la realizzazione di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività di cui all’articolo 22 e, in seguito, al regime della segnalazione certificata di inizio di attività di cui al nuovo articolo 19 della l. n. 241 del 1990[3].

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Applicando il riportato principio, il TAR Molise, sez. I, nella sent. 7 novembre 2023, n. 292, ha ritenuto necessario il permesso di costruire dinanzi ad “una costruzione in cemento armato, dell’altezza di 90cm e larghezza di 40cm, il quale – ben visibile da entrambi i lati – si staglia fuori dal piano di campagna per tutta la lunghezza di 75 metri, radicandosi a terra con una base cd. a “L””.

Similmente, fra la casistica giurisprudenziale che ha ritenuto necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di cinta, segnaliamo:

  • TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 2 agosto 2022, n. 5234, “per un muro di recinzione costituito da muratura di tufo e cemento armato, lungo circa 25 mt. e avente altezza pari a circa 2,70 mt. per uno spessore di circa 25 cm., derivante dalla ricostruzione di parte di un preesistente muro in pietrame lavico”;
  • TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 25 agosto 2021, n. 5624: “per 2 tronconi di muro realizzati con blocchi di lapilcemento – di cui, il primo, a Sud del fondo, per una lunghezza mt 16,45 spesso mt 0.20 e alto di mt 0.40, al cui termine, sul lato Est, si ritrova un cancello in ferro largo mt 3.60 ed alto 2.00 e, il secondo, di mt 17,90, largo mt 0.20 ed alto mt 0.40, cui è posto, a chiusura, un altro cancello in ferro largo mt 3.00 ed alto mt 2,20 -, entrambi con sovrapposizione di rete metallica bendata da materiale plastico sorretta da pali in ferro di altezza mt 2,00”;
  • TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 2 luglio 2021, n. 1341[4]: per un muro perimetrale in cemento armato di altezza media di m 1,65, sovrastato sui vari lati da ringhiera di ferro di m 1,50, con lunghezza complessiva di m 83,00 e per un muro di separazione lungo m 26 circa, alto m 1,45, anch’esso sovrastato da una ringhiera in ferro alta m 1,50, realizzato all’interno della medesima area recintata, parzialmente pavimenta ed adibita ad aiuole e spazi verdi attrezzati;
  • TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 11 giugno 2021, n. 905: “per un muro di confine, realizzato in conci di pomice e pietra calcarea, dell’altezza variabile tra m. 1,75 e m 2,50: infatti, tenuto conto delle relative dimensioni, detto manufatto non si esaurisce nell’esercizio dello jus excludendi alios, ma è tale da determinare la stabile trasformazione del territorio”;
  • TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 28 aprile 2020, n. 1542: per “un muro di recinzione lungo mt. 25 e alto mt. 2,50, munito di cancello carrabile scorrevole in ferro della larghezza di mt. 5, che è certamente qualificabile come opera muraria che incide in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio”.

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Consigliamo

[1] DPR n. 380/2001.

[2] Ex multis: Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 luglio 2014, n. 3408.

[3] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 3 maggio 2011, n. 2621.

[4] Nel caso specifico i giudici catanzaresi hanno affermato che “In applicazione della richiamata giurisprudenza, pertanto, e avuto riguardo alle caratteristiche strutturali delle opere, è da escludersi che tali interventi possano qualificarsi di modesta entità e siano quindi realizzabili in regime di edilizia libera, impattando di contro sull’assetto del territorio, sul piano urbanistico ed edilizio. Né, ancora, è possibile considerare i muri come pertinenze, posto che il concetto di pertinenza previsto dal diritto civile va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso urbanistico, “applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica” (Consiglio di Stato, Sez. II, 9 ottobre 2020, n. 6020)”.

Immagine: iStock/beekeepx

Articolo Muro di cinta: in quali casi serve il permesso di costruire? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Titoli abilitativi edilizi, permesso di costruire, S.C.I.A. e D.I.A.: un ebook per orientarsi

Altalex Editore pubblica il volume in formato digitale che si pone come guida per chi debba orientarsi nel diritto amministrativo dei titoli abilitativi edilizi, permesso di costruire e sanzioni in caso di abuso

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Per chiudere un portico, che permesso serve?

Ecco la selezione settimanale delle sentenze più interessanti pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono: per chiudere un portico, che permesso serve?; muro di contenimento: sempre titolo edilizio necessario; abuso edilizio: onere della prova dell’epoca di realizzazione; parcheggi pertinenziali interrati: esigibilità degli oneri di costruzione; SCIA: limite per annullamento in caso di falsa rappresentazione della realtà.

Chiudere un portico: che titolo edilizio serve?

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, 24 novembre 2017 n. 941
Massima: La chiusura di un preesistente portico richiede il permesso di costruire

 

La chiusura di un preesistente portico comportato, da un punto di vista urbanistico, un aumento di volumetria dell’immobile (con conseguente, seppur lieve, aumento del carico antropico) e, da un punto di vista estetico, una modifica della facciata.

Sotto il profilo tecnico giuridico, è tale, quindi, da poter essere considerato una nuova costruzione ai sensi delle vigenti norme in materia edilizia (art. 3, comma 1, lett. e, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), necessitante di permesso di costruire, e non, invece, trasformazione che non aumenta il carico antropico (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).

Muro di contenimento: che titolo edilizio è necessario?

Estremi della sentenza: TAR Puglia, sez. I Lecce, sent. 23 novembre 2017 n. 1839
Massima: Serve il permesso di costruire per il muro di contenimento

 

I muri di contenimento si differenziano sostanzialmente dalle mere recinzioni non solo per la funzione, ma anche perché servono a sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso.

I muri di contenimento devono, quindi, presentare necessariamente una struttura idonea, per consistenza e modalità costruttive, ad assolvere alla funzione di contenimento. Pertanto, il muro di contenimento, pur potendo avere, in rapporto alla situazione dei luoghi, anche una concomitante funzione di recinzione, è tuttavia sotto il profilo edilizio un’opera più consistente di una recinzione il che esclude la sua riconducibilità alle opere di edilizia libera essendo, invece, necessario il permesso di costruire.

>>> Realizzare un muro di contenimento: serve il permesso di costruire?

Parcheggi pertinenziali interrati: oneri di costruzione

Estremi della sentenza: TAR Emilia Romagna, 20 novembre 2017 n. 751
Massima: Il Comune non può richiedere gli oneri di costruzione per i parcheggi pertinenziali interrati

 

La giurisprudenza ha, in più occasioni, avuto modo di pronunciarsi sulla questione relativa dell’assoggettamento a contributo urbanistico per oneri di costruzione della parte degli interventi edilizi assentiti relativa alle superfici destinate a parcheggi pertinenziali interrati, ritenendo illegittima la relativa pretesa delle amministrazioni comunali (v. T.A.R. Emilia – Romagna sez. I, n. 545 del 2017; sez. II n. 939 del 2014 e 16/4/2010 n. 3533).

In dette pronunce è stato condiviso l’autorevole posizione del Consiglio di Stato che, in tema di controversie aventi ad oggetto “la rideterminazione dei contributi urbanistici da parte delle amministrazioni comunali, con specifico riferimento al preteso assoggettamento a tale contribuzione degli interventi edilizi concernenti la realizzazione sia dei parcheggi pertinenziali sia delle superfici relative ai corselli di manovra e di accesso ai garage interrati”, ha stabilito che tutti i parcheggi pertinenziali, in quanto espressamente individuati quali opere di urbanizzazione, non soggiacciono al contributo di costruzione (v. Cons. Stato sez. IV, 28/11/2012 n. 6033).

Nella citata decisione, il Consiglio di Stato ha infatti precisato quanto segue: “Deve sul punto ribadirsi, infatti, che la legge n. 122/1989 nell’innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2 comma 2 incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq./20mc stabilito inizialmente dall’art. 41 sexies comma 1 della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 è stato portato a 1 mq./10mc- e nello stabilire all’art. 9 comma 1 il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti), all’art. 11 comma 1 ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.”.

Tale decisione del Consiglio di Stato è stata di recente condivisa da questo T.A.R. con la già citata sentenza di questa Sezione n. 939 del 2014, ove si è osservato che i parcheggi pertinenziali vanno quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi che a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: può concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità della questione) la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11 comma 1 della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall’art. 41-sexies comma 1 della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto” di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al D.M più volte citato). Per le chiarite ragioni, quindi, non può accedersi alla tesi del Comune secondo cui a cagione della assenza di espressa abrogazione del citato dm 10 maggio 1977, n. 312400 i parcheggi “equiparati” alle opere di urbanizzazione e conseguentemente esenti dal contributo di costruzione siano soltanto quelli destinati ad uso collettivo. E’ agevole replicare, sul punto, che nulla prova la mancata abrogazione in parte qua del D.M. 10 maggio 1977 in quanto la equiparazione di cui all’art. 11 comma 1 della legge n.122/1989 dei parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione non opera per quelli eccedenti la dotazione obbligatoria che quindi risultano normati dal citato D.M..”.

Per quanto concerne, inoltre, l’ulteriore questione relativa all’applicabilità o no dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 (c.d. legge Tognoli) anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già esistenti (comma 1, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”), il Tribunale osserva che l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, come sostituito dall’art. 2 della citata legge n. 122 del 1989 stabilisce che “…nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.

Da tale chiaro enunciato scaturisce pertanto la necessità di conteggiare i citati spazi a parcheggio nella dotazione degli standard e quindi la correttezza dell’esclusione delle aree di parcheggio, computate nella dotazione degli standard, dal calcolo degli oneri di costruzione (Consiglio di Stato, IV, 24 novembre 2016, n. 4937 e , da ultima: T.A.R. Lombardia –BS- sez. I^ 11/9/2017 n. 1087).

Consigli di lettura

Casi pratici risolti Oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: esonero e riduzione

Casi pratici risolti Oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: esonero e riduzione

Mario Petrulli, 2017, Maggioli Editore

Di notevole rilevanza pratica, la materia del contributo di costruzione correlato al rilascio del permesso di costruire (oneri di urbanizzazione e costi di costruzione) è molto spesso oggetto di difficoltà interpretative e di contenzioso, per quanto riguarda le problematiche…


>>> Parcheggi pertinenziali: quale disciplina è applicabile?

Abuso edilizio: onere della prova dell’epoca di realizzazione

Estremi della sentenza: TAR Puglia, sez. III Bari, 23 novembre 2017, n. 1213
Massima: L’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e non sull’Amministrazione

 

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e non sull’Amministrazione la quale – in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo edilizio che la legittimi – ha solo il potere/dovere di sanzionarla e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1440; Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45; Sez. IV, 29 maggio 2014, n. 2782; Sez. IV, 24 agosto 2017, n. 4060).

Solo il privato, infatti, può fornire inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano “in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto. In siffatti casi, il privato dispone ed è normalmente in grado di esibire la documentazione idonea a fornire utili elementi di valutazione, quali fotografie con data certa dell’immobile, estratti delle planimetrie catastali, il progetto originario e i suoi allegati” (T.A.R. Napoli, Sez. III, 7 novembre 2017, n. 5212; sez. VIII, 28 agosto 2017, n. 4122).

SCIA: falsa rappresentazione della realtà

Estremi della sentenza: TAR Puglia, sez. I Lecce, 23 novembre 2017 n. 1837
Massima: Il limite temporale dei 18 mesi entro cui è possibile l’annullamento di una SCIA non opera nel caso della falsa rappresentazione della realtà

 

Nel caso in cui, in occasione della presentazione di una SCIA, sia stato falsamente rappresentato all’Amministrazione comunale lo stato di fatto dell’immobile preesistente, trova applicazione il comma 2-bis dell’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, ai sensi del quale “I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.

Conseguentemente, nel caso specifico, il limite temporale dei 18 mesi entro cui è possibile l’annullamento della SCIA non opera, proprio in conseguenza della falsa rappresentazione dei fatti contenuta negli atti prodromici alla formazione del provvedimento amministrativo: di conseguenza, è legittimo il provvedimento comunale che annulla la SCIA anche successivamente allo spirare del termine di 18 mesi.

Leggi anche Lavori edilizi 2017: quando serve CIL, CILA o SCIA (e quando niente)

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Articolo Per chiudere un portico, che permesso serve? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Per una roulotte, serve il permesso di costruire?

Arriva la selezione delle sentenze della settimana scorsa su edilizia e urbanistica. Gli argomenti questa volta sono: il permesso di costruire per le case mobili e le roulotte; il cambio destinazione d’uso da industriale a commerciale e il conseguente aggravio degli oneri concessori; il permesso di costruire per un muro di contenimento; osservazioni al PRG; la lottizzazione abusiva è esclusa se l’attività lottizzatoria è già stata intrapresa dal precedente proprietario?

Roulotte, serve il permesso di costruire?

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 settembre 2017 n. 1824
Massima: Per le case mobili e le roulotte utilizzate come residenza abitativa serve il permesso di costruire

 

Come ha di recente chiarito il Consiglio di Sato, per effetto di quanto disposto dal citato art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, “…l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper e case mobili, può ritenersi consentita in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti se sono diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, non determinandosi una trasformazione irreversibile o permanente del territorio su cui insistono, mentre l’installazione stabile di mezzi (teoricamente) mobili di pernottamento determina una trasformazione irreversibile o permanente del territorio, con la conseguenza che per tali manufatti, equiparabili alle nuove costruzioni, necessita il permesso di costruire” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 1 aprile 2016, n. 1291).

Di conseguenza, case mobili e roulotte per le quali i relativi utilizzatori richiedono l’iscrizione nel registro della popolazione residente nel Comune e con allacciamento diretto alla rete elettrica, alla rete idrica e a quella fognaria, non possono essere considerate strutture precarie non necessitanti del permesso di costruire. Al contrario, trattasi di strutture effettivamente idonee a essere utilizzate come unità abitative e, quindi, prive della precarietà funzionale, oltre che di quella strutturale e, pertanto, subordinate al rilascio del suddetto titolo edilizio.

Cambio destinazione d’uso da industriale a commerciale

Estremi della sentenza: TAR Lazio, sez. II bis Roma, sent. 19 settembre 2017 n. 9818
Massima: Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale comporta un incremento del carico urbanistico e conseguente aggravio degli oneri concessori

 

Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra un mutamento tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico.

L’incremento del carico urbanistico, ancorché discendente da un mutamento di destinazione d’uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e l’aggravio urbanistico in relazione all’incremento dei flussi di traffico e di clientela che la destinazione commerciale (rispetto alla iniziale destinazione industriale) necessariamente implica.

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Muro di contenimento: serve il permesso di costruire?

Estremi della sentenza: TAR Molise, sent. 22 settembre 2017 n. 317
Massima: Serve il permesso di costruire per il muro di contenimento

 

Come chiarito dall’univoco orientamento della giurisprudenza, i muri di contenimento possiedono una struttura idonea, per consistenza e modalità costruttive, a sorreggere le spinte del terreno medesimo e dunque, pur potendo avere concomitante funzione di confine, quest’ultima è solo accessoria ed eventuale, mentre quella principale ne rappresenta un’utilità specifica per il proprietario, autonomamente valutabile e comunque comportante un’alterazione significativa dello stato dei luoghi, con conseguente soggezione al regime del permesso a costruire (cfr. TAR Calabria, sez. dist. Reggio Calabria, 16 aprile 2014, n. 186; TAR Napoli, sez. IV, 26 ottobre 2012, n. 4275; cfr. anche TAR Piemonte, 18 dicembre 2013, n. 1368; TAR l’Aquila, 14 febbraio 2013, nr. 145; TAR Lazio, Roma, sez. I, 5 febbraio 2013, nr. 1210; TAR Milano, sez. II, 8 novembre 2012, nr. 2687 ed altre).

Natura delle osservazioni al PRG

Estremi della sentenza: TAR Toscana, sez. I, sent. 19 settembre 2017 n. 1095
Massima: Le osservazioni formulate dagli interessati in sede di formazione degli strumenti di pianificazione e governo del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo e non danno luogo a peculiari aspettative

 

Per consolidata giurisprudenza, le osservazioni formulate dagli interessati in sede di formazione degli strumenti di pianificazione e governo del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente dimostrare che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6386; id., 7 novembre 2014, n. 5482).

Lottizzazione abusiva

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. IV Salerno, sent. 19 settembre 2017 n. 4446
Massima: La lottizzazione abusiva non è esclusa dalla circostanza che l’attività lottizzatoria fosse già stata intrapresa dal precedente proprietario del fondo

 

La fattispecie della lottizzazione abusiva non è esclusa dalla circostanza che l’attività lottizzatoria fosse già stata intrapresa dal precedente proprietario del fondo, atteso che l’eventuale abuso commesso dal precedente proprietario non esclude l’abuso a opera dell’attuale (Consiglio Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006 , n. 6060).

Inoltre, “la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali se del caso potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 08/01/2016, n. 26; nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, 19/06/2014, n. 3115).

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Articolo Per una roulotte, serve il permesso di costruire? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it