L’equo compenso non ha niente a che fare con i minimi tariffari

Ecco le parole di Zambrano, Presidente del CNI, a proposito del parere dell’Antitrust secondo il quale l’equo compenso è contrario ai principi di concorrenza: “Ci stiamo battendo per ottenere il riconoscimento di un diritto e stavolta la politica è stata ad ascoltarci. L’Antitrust ci ha dato una bacchettata, sostenendo che l’equo compenso viola la libera concorrenza. Noi diciamo che una libera concorrenza senza regole penalizza i professionisti, soprattutto quelli giovani”. Zambrano ha dato appuntamento alla manifestazione “Equo compenso: un diritto”, organizzato cda RPT e CUP in programma giovedì mattina a Roma al teatro Brancaccio.

Equo compenso: l’errore dell’Antitrust

Secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, la posizione dell’Antitrust contro l’equo compenso per i liberi professionisti conferma che l’Autorità garante “è rimasta ferma al secolo scorso”. E prosegue: “Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza”.

Stella sottolinea giustamente che l’equo compenso non fissa dei minimi tariffari, ma “interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti”. Non c’è restrizione alla libera concorrenza, quindi, ma limitare le possibilità delle amministrazioni locali a pubblicare bandi con un compenso simbolico per prestazioni complesse e onerose.

I giovani sono stati i più penalizzati

L’Agcm sostiene che l’introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani, continua Stella, perché gli ultimi dieci anni di deregulation hanno colpito loro e i redditi medi dei giovani si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro all’anno. Il processo di liberalizzazione delle professioni ha creato nuove forme di precariato tra i giovani professionisti, “calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro”.

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Source: Ediltecnico.it

Equo compenso, il 30 novembre confermata la manifestazione

L’OICE, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura italiane di Confindustria, parteciperà alla manifestazione sull’equo compenso il 30 novembre, al teatro Brancaccio di Roma. Prima dell’episodio del Comune di Solarino, che ha pubblicato un bando da 1 euro per la riqualificazione di due scuole, l’OICE aveva dichiarato: “Importante che il DL Fiscale riconosca il principio, soprattutto sul fronte privato”. Dopo l’episodio di Solarino, la manifestazione, che non sarebbe saltata nemmeno in seguito alla piega positiva che aveva preso la questione con l’inserimento dell’equo compenso nel decreto fiscale, ha ancora più ragione di essere organizzata.

Il Presidente dell’Associazione di Via Flaminia, Gabriele Scicolone, dichiarato: “L’OICE ha deciso di partecipare alla manifestazione del 30 novembre per condividere con la Rete delle Professioni Tecniche (RPT) e con il Comitato Unitario delle Professioni (CUP), una posizione netta e chiara: ridare dignità agli operatori economici che lavorano in ambito professionale in ogni forma giuridica e rifiutare ogni svilimento economico dell’attività professionale”. Queste dichiarazioni risalgono al pre-Solarino e avevano un loro valore e una loro importanza. Dopo quell’episodio, valgono ancora di più.

A proposito di “equo compenso“, l’OICE ha sempre posto molta attenzione nell’ambito locale: da più di 20 anni monitora distorsioni nei comportamenti delle stazioni appaltanti, fino all’ultimo caso di Catanzaro e sentenza 4614 del Consiglio di stato, “padre” e “madre” del caso Solarino. Sono stati proposti due emendamenti al codice degli appalti, accolti dal decreto correttivo, che vietano di usare sponsorizzazioni e rimborsi spese come corrispettivi e impediscono di subordinare il pagamento al finanziamento dell’opera.

È importante che il decreto fiscale riconosca il principio dell’equo compenso per tutelare i professionisti, gli studi e le società che ogni giorno operano fra mille difficoltà. Dopo Solarino e dopo il NO dell’Antitrust all’equo compenso per tutti i professionisti, servirà ribadire con ancora più forza sull’attuazione del principio in ogni ambito, a partire prima di tutto da quello pubblico, dove è necessario individuare meccanismi efficaci per mantenere l’equo compenso. La manifestazione si terrà il 30 novembre a Roma, al Teatro Brancaccio.

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Source: Ediltecnico.it

L’equo compenso è contrario ai principi della concorrenza

La norma introdotta dal Senato nel decreto fiscale sarebbe in contrasto con i principi della concorrenza e con i processi di liberalizzazione e l’introduzione nel decreto fiscale dell’equo compenso per tutte le professioni ostacola il processo competitivo e vanifica anche le riforme pro-concorrenziali introdotte di recente

Lo sostiene l’Antitrust in una segnalazione pubblicata sul Bollettino settimanale n. 45 di oggi. Qui puoi scaricare il bollettino dell’AGCOM sull’equo compenso. Eccone i passaggi salienti.

Equo compenso: perchè è contro la libera concorrenza?

L’art. 19 quaterdecies del ddl citato introduce, per tutte le professioni, una disciplina delle clausole vessatorie ulteriore sia rispetto a quella già prevista dal codice civile agli art. 1341 e 1342, sia rispetto a quella introdotta dalla legge 22 maggio 2017, n. 81 (Jobs Act).

La disciplina in questione introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra professionisti e i clienti che fissino un compenso a livello inferiore dei valori previsti nei parametri individuati dai decreti ministeriali sarebbero da considerare vessatorie. Inoltre, è altamente improbabile che i clienti accettino la fissazione di un compenso a livelli inferiori assumendosi, così, il rischio di vedersi contestare in corso d’opera o anche successivamente il mancato rispetto del principio dell’equità.

In definitiva, tramite la disposizione in esame viene sottratta alla libera contrattazione tra le parti la determinazione del compenso dei professionisti (ancorché solo con riferimento a determinate categorie di clienti). L’articolo, che tra l’altro ripresenta alcune disposizioni già inserite in Disegni di legge presentati alla Camera e al Senato, si pone, nel suo complesso, in contrasto con consolidati principi posti a tutela della concorrenza.

Secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, infatti, le tariffe professionali fisse e minime costituiscono una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione.

In quest’ottica, l’effettiva presenza di una concorrenza di prezzo nei servizi professionali non può essere collegata a una dequalificazione della professione, giacché, come più volte ricordato dall’Autorità, è invece la sicurezza offerta dalla protezione di una tariffa fissa o minima a disincentivare l’erogazione di una prestazione adeguata e a garantire ai professionisti già affermati sul mercato di godere di una rendita di posizione determinando la fuoriuscita dal mercato di colleghi più giovani in grado di offrire, all’inizio, un prezzo più basso.

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Source: Ediltecnico.it

Equo compenso, bando da 1 euro anche nel Comune di Solarino

Dopo l’inserimento dell’equo compenso nel decreto fiscale per tutte le professioni e non solo per gli avvocati, arriva lo stesso un caso Catanzaro 2: il comune di Solarino (Siracusa) ha pubblicato due bandi con base d’asta 1 euro per la progettazione. La sentenza del Consiglio di Stato n. 4614, precedente al caso Catanzaro, ha fatto scuola, come ha anche osservato Inarsind.

Equo compenso: ancora svalutata la progettazione

A Solarino, quindi, sono stati pubblicati due bandi di gara per la progettazione e DL dei Lavori di efficientamento energetico di due scuole in cui l’importo per la progettazione viene quantificato pari a 1 euro, senza preoccuparsi del DM 17 giugno 2016. È stato considerato legittimo quanto stabilito dalla sentenza del C.d.S. 4614 del 3 ottobre 2017, e quindi l’affidamento dell’incarico al prezzo simbolico di 1 euro. Il presupposto? Sempre quello: il ritorno economico non è per forza legato a un introito finanziario ma può essere legato ad altre utilità, come il ritorno di immagine o l’implementazione del curriculum.

>> Sul caso Catanzaro leggi Compensi dei Professionisti, la PA può anche pagare ZERO

Il bando da un euro, lo ricordiamo, è inconciliabile con l’art. 3 comma 1 lett. ii) del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) che espressamente qualifica come oneroso il contratto di appalto pubblico. La gratuità stessa, inoltre, non è idonea a garantire la qualità dell’offerta e a consentire una sua effettiva valutazione.

La sentenza del CdS sembra aver ormai sdoganato il concetto della legittimità del lavoro gratuito e la possibilità di considerare i liberi professionisti lavoratori di serie B, non degni di essere remunerati nel modo giusto a fronte di una serie infinita di costi obbligatori da sostenere per formazione, previdenza, assicurazione, POS, fatturazione elettronica.

Inarsind sul caso Solarino

“È inaccettabile – commenta Inarsind – che si possa continuare a operare in spregio alla normativa vigente, il comportamento tenuto dalla stazione appaltante in oggetto dimostra che il Codice degli Appalti, che avrebbe dovuto garantire l’impossibilità di un Catanzaro 2, non ha alcun valore e può essere bypassato in funzione della Sentenza 4614 che diventa faro nella notte per le Amministrazioni che necessitino di affidare incarichi in mancanza di fondi o che semplicemente vogliano mettere in atto un risparmio per le proprie casse, da utilizzare a piacimento, peraltro nel caso specifico senza alcun riferimento a un eventuale contratto di sponsorizzazione di cui all’art.19 del Codice”.

E continua Inarsind: “Si genera così una realtà completamente distorta in cui la definizione di cosa potrà essere appaltato secondo i criteri del D. Lgs. 50/2016 e cosa possa sottostare ai concetti espressi nella Sentenza 4614 sarà lasciata alla libertà delle stazioni appaltanti, una situazione inaccettabile su cui va fatta immediata chiarezza”.

Il coordinamento regionale di Inarsind Sicilia ha inviato la segnalazione all’Anac e chiesto il ritiro della procedura alla stazione appaltante.

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Source: Ediltecnico.it

Obbligo BIM, quanto costa tra formazione e software

Il Building information modeling (Bim), oltre a una grande rivoluzione, è anche un grande business per imprese, professionisti e per chi fa formazione. In effetti, le Amministrazioni devono investire su software e formazione. Il decreto del Mit introduce il calendario degli obblighi legati al Bim, decreto che sta per essere approvato. Il decreto dice che tutte le stazioni appaltanti italiane dovranno approvare “un piano di formazione del proprio personale in relazione al ruolo ricoperto, con particolare riferimento ai metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”. In più, dovranno dovranno varare “un piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi, adeguati alla natura dell’opera, alla fase di processo ed al tipo di procedura in cui sono adottati”.

L’utilizzo del Bim porterà senza dubbio a risparmi notevoli nel tempo, risparmi che riguarderanno il lavoro delle Amministrazioni. Bisogna però anche da considerare l’investimento iniziale. Ricordiamo che per ora non c’è traccia di incentivo da parte del Governo e che i Comuni dovranno trovare in autonomia i soldi. Vediamo un breve quadro delle scadenze dettato dal Decreto e poi alcuni conti riportati anche qualche giorno fa da Edilizia e Territorio.

Decreto Bim: le scadenze per l’obbligo

L’obbligo scatterà dal 1° gennaio 2019 per le sole opere di importo superiore a cento milioni. Dal primo gennaio 2020 si passa alle opere di importo superiore a 50 milioni. Dal primo gennaio 2021, l’obbligo riguarderà anche le opere oltre 15 milioni. Dal 1° gennaio 2025, anche le opere sotto il milione dovranno essere realizzate con il Bim. Approfondisci le fasi del decreto

Bim, i costi per la formazione

Non è detto che un progettista Bim serva a tutte le PA. Le amministrazioni che ne avranno bisogno, dovranno avere almeno una persona capace di utilizzare il Bim. Il costo di un corso di formazione di 180 ore può aggirarsi intorno ai 2.400 euro a persona. Un master comprensivo di stagecosat almeno 6.500 euro. Non è detto, però che un progettista Bim serva a tutte le PA.

BIM, i costi dei software

Tutte le amministrazioni dovranno essere abilitate a visualizzare i modelli Bim e a verificare i progetti contenuti nei file. Poi, ci sono altre funzionalità: gestire in Bim i computi metrici, gestire l’immobile in corso di vita e progettare (realizzare strutture, impianti)… le prospettive di costo sono diverse in base alle necessità che ciascuna PA ha rispetto all’utilizzo del Bim.

Le licenze per un pacchetto base di software costano circa 6.800 euro. Con le funzionalità legate ai computi metrici, si arriva a 12 mila euro, come anche per la gestione dell’immobile. I costi più alti riguardano la progettazione: circa 37 mila euro all’anno. Teniamo in considerazione una cosa importante: le spese per licenze sono annuali.

Costo per le amministrazioni: software più formazione

Il ministero delle Infrastrutture parla di circa 32mila stazioni appaltanti presenti in Italia, alle quali è possibile applicare una media di costo di 12mila euro circa. Aggiungendo la formazione di almeno un funzionario, sono 2.400 euro in più. Totale, circa 14mila euro abbondanti. Moltiplicato per le 32mila stazioni appaltanti, fa quasi 450 milioni di euro. I Comuni sono un po’ preoccupati per l’arrivo del decreto del ministero delle Infrastrutture che fisserà gli obblighi di utilizzo del Bim.

Il Building Information Modeling - BIM

Il Building Information Modeling – BIM

Mario Caputi – Paolo Odorizzi – Massimo Stefani, 2015, Maggioli Editore

?La societ? contemporanea sta vivendo una profonda trasformazione dovuta alla diffusione delle Tecnologie dell?Informazione (IT) che stanno modificando radicalmente il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni. Anche l?industria dell?ambiente costruito ?…


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Source: Ediltecnico.it

POS obbligatorio, ad architetti e ingegneri non serve

Per il pagamento delle attività svolte da ingegneri e architetti il POS non è necessario. Per tempistiche, importi e rapporto tra cliente e professionista, il pagamento delle prestazioni di architetti e ingegneri liberi professionisti è corrisposto il più delle volte con bonifico, molto spesso a costo zero, e non tramite POS. Il POS obblligatorio (a proposito, dove eravamo rimasti?) sarebbe solo un ulteriore costo per il professionista, che lo utilizzerebbe. Inoltre, le prestazioni di progettazione o direzione dei lavori si realizzano su un arco di tempo più o meno ampio e spesso la parcella prevede compensi superiori ai mille euro.

Il committente paga con bonifico bancario. Da quando ci sono le detrazioni per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica o antisismica, le prestazioni vengono pagate secondo procedure specifiche con bonifico bancario.

Inarsind, per tutti questi motivi, invita il Governo a escludere gli ingegneri e gli architetti dall’obbligo di POS. E… a mali estremi estremi rimedi. Inarsind si richiama all’art. 693 del Codice Penale, che recita: “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro”. L’illecito si verifica, quindi, non in mancanza del POS ma solo in caso di mancata accettazione del suo utilizzo se lo richiede il cliente.

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No al POS per architetti e ingegneri: ecco i motivi

Riportiamo tutto il testo con cui Inarsind ha chiesto di non imporre il POS ad architetti e ingegneri.

“Già nel 2013 Inarsind sottolineò la poca pertinenza dell’utilizzo del POS con l’attività tipica di ingegneri ed architetti liberi professionisti. I motivi che avevano spinto Inarsind ad essere contrari all’introduzione dell’obbligo del POS per architetti ed ingegneri non sono mutati nel tempo.

Tempi e procedure della prestazione

Anzitutto tipicamente l’espletamento delle prestazioni di architetti ed ingegneri non vedono un committente recarsi presso lo studio del professionista, ritirare un prodotto o fruire di un servizio e quindi procedere al pagamento.

Le prestazioni di progettazione, e ancor più di Direzione dei lavori, si espletano su un arco di tempo che può essere più o meno ampio, e tipicamente, dato che i compensi minimi possono corrispondere a qualche centinaio di euro ma risultano più spesso superiori almeno ai mille euro, vengono pagate, dopo presentazione di avviso di parcella, con bonifico bancario a fronte della relativa fattura; molto spesso anche con tempi molto dilazionati rispetto alla prestazione ed all’emissione dell’avviso.

Detrazioni per ristrutturazione e risparmio energetico

Inoltre, a seguito delle diverse misure di defiscalizzazione messe in campo negli ultimi anni per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione, risparmio energetico etc, tutte le prestazioni connesse a tali pratiche, comprese le progettazioni e direzioni lavori, vengono pagate secondo procedure specifiche che prevedono l’utilizzo del bonifico bancario. Le modalità operative di architetti e ingegneri liberi professionisti sono pertanto tali, per tempistiche, importi e rapporto tra cliente e professionista, da non corrispondere a quelle del pagamento mediante POS.

POS obbligatorio, nessun vantaggio solo costi

Si ritiene quindi che l’estensione di tale obbligo ai professionisti architetti e ingegneri non vada a introdurre alcun vantaggio o miglioramento del servizio per il cliente, che mai riteniamo si recherebbe presso lo Studio appositamente per pagare con il POS quando può facilmente fare un bonifico on line, molto spesso a costo zero, costituendo invece un ulteriore costo da sostenere per il professionista che nessun utilizzo farebbe del servizio.

Come già espresso anche in una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze Padoan, Inarsind ritiene si debbano escludere dall’applicazione dell’obbligo di utilizzo del POS le categorie professionali, come architetti ed ingegneri, per le cui modalità operative non porterebbe alcun vantaggio alla collettività. In alternativa il rimando all’art. 693 del Codice Penale potrebbe in qualche modo risolvere la problematica per architetti ed ingegneri, determinando l’illecito non in mancanza del POS ma solamente in caso di mancata accettazione dell’utilizzo dello stesso su richiesta del cliente.”

E i geometri?

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Jobs Act Autonomi: cosa cambia per i professionisti tecnici

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Lisa De Simone, 2017, Maggioli Editore

In vigore la legge 22 maggio 2017, n. 81, pubblicata sulla G.U. n. 135 del 13 giugno 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” e meglio…


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Comunicazione dati fatture per lo Spesometro: rinvio al 28 settembre

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato il rinvio al 28 settembre 2017 del termine per effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute nel primo semestre del 2017. La scadenza precedente era il 16 settembre. Per il primo trimestre la trasmissione aveva scadenza 12 giugno. La prossima scadenza? Il 28 febbraio 2018 per il secondo semestre 2017.

La proroga, prevista da un DPCM, è stata fatta proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 luglio 2017.

Spesometro: cosa bisogna comunicare

Il contribuente comunicare i dati di tutte le fatture (emesse e d’acquisto), comprese eventuali modifiche, includendo data di emissione e di registrazione. Esclusi gli scontrini fiscali, le ricevute fiscali, le schede carburanti. Il mancato invio comporta una sanzione di 2 euro per ogni fattura, fino al massimo di 1000 euro a trimestre (Risoluzione 104/E del 28 luglio 2017). Se l’invio avviene entro 15 giorni dalla scadenza, la multa è dimezzata. Si può fare ricorso al ravvedimento operoso.

In sintesi, i dati che professionisti dovranno trasmettere entro il 18 settembre 2017 sono:

  • soggetti relativi alla fattura,
  • data e numero della fattura,
  • base imponibile,
  • aliquota e imposta,
  • tipo di operazione.

La prossima scadenza è fissata per il 28 febbraio 2018, per inviare i dati del secondo semestre 2017.

Spesometro, comunicazione fatture: i motivi

Il rinvio risponde solo in parte alle esigenze segnalate dai professionisti. Si era infatti parlato all’inizio del 15 ottobre o addirittura fine ottobre. Poi si diceva al 30 settembre, ma cadeva di sabato. Quindi, per evitare di prorogare al 2 ottobre, si è deciso il 28 settembre, un giovedì.

L’obbligo di invio trimestrale delle fatture emesse e ricevute è stato introdotto dal Dl 193/2016. Poi era stato congelato, ma all’inizio aveva suscitato molte proteste: i commercialisti erano contrari al fatto che un adempimento prima annuale fosse diventato trimestrale. Avevano quindi deciso di scioperare, salvo poi far saltare lo sciopero perché l’obbligo trimestrale era stato, appunto, congelato. Fino alla sua proroga al 28 settembre.

La scelta probabilmente non ha convinto i professionisti. E infatti il Presidente dei commercialisti Massimo Miani ha dichiarato: “Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha richiesto ufficialmente al ministero dell’Economia il differimento di un mese del termine per la presentazione del nuovo spesometro, alla luce delle difficoltà operative che l’adempimento comporta. Dai nostri interlocutori istituzionali avevamo avuto ampie rassicurazioni su una proroga almeno a sabato 30 settembre, che avrebbe comportato lo slittamento di fatto al 2 ottobre. Pur apprezzando il fatto che questa volta l’annuncio del rinvio sia arrivato con un certo anticipo e non a ridosso della scadenza come spesso accaduto ultimamente, resta il fatto che la proroga di soli dieci giorni al 28 settembre è del tutto insufficiente, dal momento che i tempi a disposizione per i nostri colleghi restano troppo stretti, anche in considerazione del fatto che gli applicativi stanno arrivando nei nostri studi solo in questi giorni”.

Spesometro, il testo del decreto del rinvio

Di seguito trovate il testo del DPCM che stabilisce la “proroga al 28 settembre di termini per l’assolvimento di alcuni adempimenti legati a presentazione, trasmissione, comunicazione di dichiarazioni o altri elementi”.

È disposta la proroga dei seguenti termini:

a) la dichiarazione dei sostituti d’imposta, di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, relativa all’anno 2016, è presentata in via telematica, direttamente ovvero tramite i soggetti incaricati di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, entro il 31 ottobre 2017;

b) le dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive dei soggetti indicati nell’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che devono essere presentate dal 1 luglio 2017 ed entro il 30 settembre 2017, nonchè dei soggetti di cui al comma 1-bis dell’articolo 83 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che devono essere presentate dal 1° luglio 2017 ed entro il termine di cui all’articolo 13-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, sono presentate entro il 31 ottobre 2017.

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Source: Ediltecnico.it

Appalti Beni Culturali, quali caratteristiche bisogna avere per partecipare?

In arrivo il Decreto che contiene le condizioni per la qualificazione tecnico-economica delle imprese che vogliono partecipare agli appalti pubblici e privati sui beni culturali per lavori di monitoraggio, manutenzione e restauro su immobili tutelati; per gli scavi archeologici; per il monitoraggio, la manutenzione e il restauro di beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico.

Il Dm (n. 374 del Mibact) è stato firmato il 22 agosto e sta per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il Ministero dei Beni Culturali comunica che il provvedimento sarà disponibile dopo la registrazione degli organi di controllo. Ediltecnico ve lo anticipa: potete scaricarlo qui.

Appalti per i beni culturali: requisiti generali

Obbligatoria l’iscrizione alla camera di commercio, relativamente a lavori:
1) in scavi archeologici;
2) di manutenzione e restauro dei beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili culturali, lavori di conservazione e restauro di opere d’arte;
3) di restauro e manutenzione di beni culturali immobili, a conservazione e restauro di opere d’arte;
4) per il verde storico (art.10, c. 4 lettera “f” del Codice dei Beni culturali), in parchi e giardini.

Appalti per i beni culturali: requisiti speciali

Il Direttore tecnico

Il regolamento impone precisi vincoli al Direttore tecnico, o ai Direttori tecnici, nel caso siano più di uno.

Per prima cosa al Direttore tecnico si richiede l’unicità dell’incarico: per tutta la durata dell’appalto non può rivestire un incarico simile per conto di altre imprese qualificate. Bisogna consegnare una dichiarazione alla stazione appaltante.

Per la categoria OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela) il direttore tecnico deve essere un architetto iscritto all’albo o laureato in conservazione dei beni culturali.

Per le categorie OS2-A (Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico) e OS2-B (Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario) serve:
– un diploma di restauratore conseguito presso le scuole di alta formazione o altri istituti indicati dal codice dei beni culturali all’articolo 29 al comma 9)
– oppure una laurea in conservazione e restauro dei beni culturali
– oppure bisogna essere restauratori di beni culturali qualificati ai sensi dell’articolo 182 del codice dei Beni culturali, ma bisogna aver svolto – al momento in cui entrerà in vigore del regolamento – almeno tre incarichi di direzione tecnica.

Per lavori con importo inferiore ai 150 mila euro questi requisiti vengono autocertificati.

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Lavori già eseguiti

L’impresa deve avere eseguito lavori sui beni culturali almeno per il 70% dell’importo della classifica per cui viene richiesta l’iscrizione. Ai fini della qualificazione, valgono i certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore del decreto solo se accompagnati e integrati dalla dichiarazione di buon esito rilasciata dall’autorità preposta alla tutela dei beni su cui si è intervenuto. I lavori possono essere utilizzati solo se eseguiti dall’impresa, anche come impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare i lavori di restauro affidati in subappalto.

Idoneità organizzativa

I restauratori, i collaboratori e gli archeologi devono avere con l’impresa un contratto a tempo determinato o indeterminato.

Categoria OG2. Imprese con almeno 6 dipendenti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità è dimostrata da un costo del personale di almeno il 15% dei lavori OG2 realizzati negli ultimi dieci anni precedenti all’iscrizione alla Soa, di cui almeno il 40% deve riguardare il personale operaio.
Oppure, la spesa per il personale dipendente a tempo indeterminato deve essere di almeno il 10% dei lavori OG2 realizzati nell’ultimo decennio, di cui almeno l’80% per il personale tecnico qualificato.

Categorie OS2-A e OS2-B. Imprese con almeno 6 addetti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità si dimostra con almeno il 20% dei restauratori e con almeno il 40% di collaboratori restauratori o restauratori, sempre rispetto al personale complessivo.
Oppure, l’impresa deve dimostrare di aver sostenuto un costo del lavoro per restauratori e collaboratori restauratori di almeno il 40% degli importi di lavori OS2 (A e B) nel decennio precedente all’iscrizione Soa.

Imprese fino a cinque dipendenti (per OS2): devono avere al loro interno almeno un restauratore.

Categoria OS25. Imprese con almeno 6 dipendenti in media negli ultimi dieci anni: l’idoneità è si ottiene con la presenza di almeno il 30% di archeologi rispetto al totale dell’organico.
Oppure, l’impresa è idonea se dimostra di aver sostenuto con costo del lavoro di almeno il 30% degli importi di lavori OS25 nel decennio precedente all’iscrizione Soa.

Imprese fino a cinque dipendenti (per OS25): presenza di almeno un archeologo.

Capacità economica

Valgono le regole del Codice appalti (articolo 83, comma 2, articolo 84, articolo 86). Per le categorie OS2-A, OS2-B e OS25 sono sufficienti le referenze bancarie.

Qualificazione per i beni culturali: lavori soprasoglia

I lavori soprasoglia sono quelli che hanno un valore di oltre 150 mila euro, per i quali le imprese devono dimostrare il possesso delle seguenti qualifiche:
– OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela),
– OS2-A (Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico),
– OS2-B (Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario ),
– OS24 (Verde e arredo urbano),
– OS25 (Scavi archeologici).

La certificazione rilasciata deve inoltre contenere l’attestato del buon esito degli interventi eseguiti da parte dell’autorità preposta alla tutela del bene.

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Articolo Appalti Beni Culturali, quali caratteristiche bisogna avere per partecipare? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Il fatturato di Architetti e Ingegneri è aumentato nel secondo trimestre 2017

L’Istat ha pubblicato il prospetto del secondo trimestre 2017 sul fatturato dei servizi, all’interno del quale, dopo le valutazioni iniziali generali e sulle altre , si parla anche degli Studi di Ingegneria e Architettura.

In generale, nel secondo trimestre del 2017 l’indice destagionalizzato del fatturato dei servizi (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) aumenta dello 0,7% rispetto al primo trimestre 2017, consolidando i segnali espansivi registrati nei trimestri precedenti. Nel secondo trimestre del 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’indice generale del fatturato dei servizi registra un aumento del 2,7 %.

Fatturato: i dati relativi agli studi tecnici

Gli indici destagionalizzati* registrano variazioni congiunturali positive in alcuni settori, si rileva invece una variazione negativa nel settore delle Attività professionali, scientifiche e tecniche dello 0,3%.

Su base tendenziale** l’indice del fatturato aumenta del 6,1% per le Attività dei servizi di alloggio e ristorazione, per esempio, del 4,4% per il Trasporto e Magazzinaggio, del 3,5% per le Agenzie di viaggio e i servizi di supporto alle imprese. Nel secondo trimestre del 2017 la sezione delle Attività professionali, scientifiche e tecniche presenta, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, una diminuzione del lo 0,9%. Si segnalano variazioni tendenziali positive per i settori delle Attività degli studi di architettura e d’ingegneria, collaudi e analisi tecniche (+1,2 %) e delle Altre attività professionali, scientifiche e tecniche (+0,2 %). Mentre si segnalano variazioni tendenziali negative per i settori della Pubblicità e ricerche di mercato ( – 4,0%) e delle Attività legali e contabilità (-3,6%). L’indice destagionalizzato dell’intero settore presenta una variazione congiunturale negativa dello 0,3 %.

Legenda

*Dati destagionalizzati: dati privati, mediante apposite tecniche statistiche, dalle fluttuazioni attribuibili alla componente stagionale (dovute a fattori meteorologici, consuetudinari, legislativi ecc.) e, se significativi, dagli effetti di calendario. Questa trasformazione dei dati è la più idonea a cogliere l’evoluzione congiunturale di un indicatore.
**Variazione tendenziale: variazione percentuale rispetto allo stesso mese o periodo dell’anno precedente.

Scarica il documento dell’Istat sul fatturato dei servizi

Intanto però, L’Istat ha pubblicato anche i dati sull’occupazione nazionale generali. A luglio, il tasso di disoccupazione è all’11,3% aumentando di 0,2 punti percentuali da giugno. Sale anche la disoccupazione giovanile, al 35,5%. Per la prima volta dal 2008, supera i 23 milioni il numero totale degli occupati. Rispetto a luglio 2016, il numero di occupati sale di 294 mila unità.

Jobs Act Autonomi: cosa cambia per i professionisti tecnici

Jobs Act Autonomi: cosa cambia per i professionisti tecnici

Lisa De Simone, 2017, Maggioli Editore

In vigore la legge 22 maggio 2017, n. 81, pubblicata sulla G.U. n. 135 del 13 giugno 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” e meglio…


Articolo Il fatturato di Architetti e Ingegneri è aumentato nel secondo trimestre 2017 di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Fascicolo del fabbricato eliminato dal Jobs Act Autonomi

Il Senato aveva approvato il Jobs Act Autonomi il 3 novembre 2016. Settimana scorsa, il testo è stato esamito dalla commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, che ha fatto alcune modifiche: eliminato il riferimento al fascicolo del fabbricato; gli atti pubblici sono rimessi alle professioni ordinistiche; gestione dati personali degli iscritti agli Ordini; salute e sicurezza degli studi professionali.

No al Fascicolo del Fabbricato. Soppressa infatti la lettera b) del comma 1 dell’art. 5 che prevedeva il “riconoscimento del ruolo sussidiario delle professioni ordinistiche, demandando agli iscritti l’assolvimento di compiti e funzioni finalizzati alla deflazione del contenzioso giudiziario e a introdurre semplificazioni in materia di certificazione dell’adeguatezza dei fabbricati alle norme di sicurezza ed energetiche, anche attraverso l’istituzione del fascicolo del fabbricato”.

Atti pubblici rimessi alle professioni ordinistiche

Per semplificare l’attività delle amministrazioni pubbliche e di ridurne i tempi di produzione, l’articolo 5 stabilisce che il Governo debba adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) individuazione degli atti delle amministrazioni pubbliche che possono essere rimessi anche alle professioni ordinistiche in relazione al carattere di terzietà di queste;
b) riconoscimento del ruolo sussidiario delle professioni ordinistiche, demandando agli iscritti l’assolvimento di compiti e funzioni finalizzati alla deflazione del contenzioso giudiziario e ad introdurre semplificazioni in materia di certificazione dell’adeguatezza dei fabbricati alle norme di sicurezza ed energetiche, anche attraverso l’istituzione del fascicolo del fabbricato.

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Che fine ha fatto il Jobs Act Autonomi? Tempi di approvazione

Gestione dati personali degli iscritti agli Ordini

Aggiunte dopo la lettera a) del comma 1 dell’art. 5:
a-bis) individuazione di misure che garantiscano il rispetto della disciplina in materia di tutela dei dati personali nella gestione degli atti rimessi ai professionisti iscritti a Ordini o Collegi;
a-ter) individuazione delle circostanze che possano determinare condizioni di conflitto di interesse nell’esercizio delle funzioni rimesse ai professionisti ai sensi della lettera a).

Salute e sicurezza degli studi professionali

L’articolo 10 del disegno di legge approvato dal Senato contiene la delega al Governo sulla semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali. Il Governo dovrà infatti adottare, al massimo dopo un anno dalla data di entrata in vigore del Jobs Act Autonomi, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori applicabili agli studi professionali, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previa identificazione delle condizioni in presenza delle quali i rischi per la salute e sicurezza negli studi professionali sono da equiparare a quelli nelle abitazioni, individuazione delle misure di prevenzione e protezione idonee in tale contesto a garantire la tutela della salute e sicurezza delle persone che ivi svolgono attività lavorativa, con o senza retribuzione e anche al fine di apprendere un’arte, un mestiere o una professione;
b) determinazione di misure tecniche ed amministrative di prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed organizzative degli studi professionali;
c) semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza negli studi professionali, anche per mezzo di forme di unificazione documentale;
d) riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro negli studi professionali, avuto riguardo ai poteri del soggetto contravventore e alla natura sostanziale o formale della violazione.

Approvato anche un emendamento che sostituisce la lettera a) all’articolo 10 con la seguente:
a) individuazione di specifiche misure di prevenzione e protezione idonee a garantire la tutela della salute e della sicurezza delle persone che svolgono attività lavorativa negli studi professionali, con o senza retribuzione e anche al fine di apprendere un’arte, un mestiere o una professione.

Il fascicolo del fabbricato


Il fascicolo del fabbricato

Mario Dejaco, Fulvio Re Cecconi, Sebastiano Maltese, 2017, Maggioli Editore

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