Impianti solari termici più sicuri: come funziona il sistema a svuotamento

L’impianto solare a svuotamento o “Drain Back” funziona così: quando l’impianto raggiunge la temperatura impostata o quando non c’è più sufficiente calore nel collettore, la pompa si ferma e il fluido termovettore presente nei pannelli solari defluisce automaticamente nel serbatoio per caduta gravitazionale.

Quindi lo svuotamento avviene anche nel caso di impianti spenti o a riposo, durante la notte, in caso di scarso irraggiamento o durante interventi di manutenzione dell’impianto. I vantaggi della tecnologia a svuotamento sono molteplici:

  • ridotta manutenzione. Il fluido termovettore non ristagna nei collettori per cui non si rischia che geli o si deteriori.
  • lunga vita dell’impianto solare. Lo svuotamento dei collettori evita rischi di alta pressione, colpi d’ariete dovuti al vapore, imbrattamento di valvole di non ritorno e pompe e corrosione.
  • risparmio energetico. A impianto fermo non è necessario smaltire l’energia in eccesso, pertanto non viene utilizzata l’energia elettrica normalmente necessaria per il raffreddamento dell’impianto.
funzionamento sistema a svuotamento per impianti solari termici
Ecco come funziona un sistema a svuotamento per impianti solari termici

Solbox, sistema a svuotamento per strutture sportive

Rossato Group propone il sistema solare a svuotamento Solbox, particolarmente idoneo per strutture ricettive e centri sportivi. Ne è un esempio il sistema Rossato installato dalla PFF Group presso una palestra di Bondeno di Ferrara. L’impianto è costituito da 30 mq di pannelli solari piani e copre circa il 70% del fabbisogno annuale di acqua sanitaria per le docce e dei servizi della struttura sportiva. “La nostra soluzione di riqualificazione energetica ha portato alla palestra un notevole risparmio in termini di costi di gestione oltre ad un insieme di contributi indiretti che permetteranno l’ammortamento dell’intero intervento in brevissimo tempo, generando addirittura liquidità in azienda” afferma con orgoglio Simone Toffanin, AD della PFF Group.

Una delle particolarità del sistema Rossato è la possibilità di monitorarne il funzionamento da remoto grazie alla centralina LTDC con datalogger e la sua APP. Per l’intervento di riqualificazione PFF Group ha scelto marchi di cui ha piena fiducia. “Conosciamo molto bene la Rossato, un’azienda partecipe e presente non solo nella vendita dei prodotti ma anche nella messa in funzione”. La committenza ha particolarmente apprezzato la presenza in loco del titolare per verificare personalmente l’impianto dopo l’avviamento. Avere un interlocutore diretto “permette una risoluzione immediata di eventuali problematiche e soluzioni personalizzate per ottenere un funzionamento ottimale.”

impianti solari termici sicuri
La palestra di Bondeno (Ferrara)

Più informazioni www.rossatogroup.com

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Source: Ediltecnico.it

Obbligo BIM, quanto costa tra formazione e software

Il Building information modeling (Bim), oltre a una grande rivoluzione, è anche un grande business per imprese, professionisti e per chi fa formazione. In effetti, le Amministrazioni devono investire su software e formazione. Il decreto del Mit introduce il calendario degli obblighi legati al Bim, decreto che sta per essere approvato. Il decreto dice che tutte le stazioni appaltanti italiane dovranno approvare “un piano di formazione del proprio personale in relazione al ruolo ricoperto, con particolare riferimento ai metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”. In più, dovranno dovranno varare “un piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi, adeguati alla natura dell’opera, alla fase di processo ed al tipo di procedura in cui sono adottati”.

L’utilizzo del Bim porterà senza dubbio a risparmi notevoli nel tempo, risparmi che riguarderanno il lavoro delle Amministrazioni. Bisogna però anche da considerare l’investimento iniziale. Ricordiamo che per ora non c’è traccia di incentivo da parte del Governo e che i Comuni dovranno trovare in autonomia i soldi. Vediamo un breve quadro delle scadenze dettato dal Decreto e poi alcuni conti riportati anche qualche giorno fa da Edilizia e Territorio.

Decreto Bim: le scadenze per l’obbligo

L’obbligo scatterà dal 1° gennaio 2019 per le sole opere di importo superiore a cento milioni. Dal primo gennaio 2020 si passa alle opere di importo superiore a 50 milioni. Dal primo gennaio 2021, l’obbligo riguarderà anche le opere oltre 15 milioni. Dal 1° gennaio 2025, anche le opere sotto il milione dovranno essere realizzate con il Bim. Approfondisci le fasi del decreto

Bim, i costi per la formazione

Non è detto che un progettista Bim serva a tutte le PA. Le amministrazioni che ne avranno bisogno, dovranno avere almeno una persona capace di utilizzare il Bim. Il costo di un corso di formazione di 180 ore può aggirarsi intorno ai 2.400 euro a persona. Un master comprensivo di stagecosat almeno 6.500 euro. Non è detto, però che un progettista Bim serva a tutte le PA.

BIM, i costi dei software

Tutte le amministrazioni dovranno essere abilitate a visualizzare i modelli Bim e a verificare i progetti contenuti nei file. Poi, ci sono altre funzionalità: gestire in Bim i computi metrici, gestire l’immobile in corso di vita e progettare (realizzare strutture, impianti)… le prospettive di costo sono diverse in base alle necessità che ciascuna PA ha rispetto all’utilizzo del Bim.

Le licenze per un pacchetto base di software costano circa 6.800 euro. Con le funzionalità legate ai computi metrici, si arriva a 12 mila euro, come anche per la gestione dell’immobile. I costi più alti riguardano la progettazione: circa 37 mila euro all’anno. Teniamo in considerazione una cosa importante: le spese per licenze sono annuali.

Costo per le amministrazioni: software più formazione

Il ministero delle Infrastrutture parla di circa 32mila stazioni appaltanti presenti in Italia, alle quali è possibile applicare una media di costo di 12mila euro circa. Aggiungendo la formazione di almeno un funzionario, sono 2.400 euro in più. Totale, circa 14mila euro abbondanti. Moltiplicato per le 32mila stazioni appaltanti, fa quasi 450 milioni di euro. I Comuni sono un po’ preoccupati per l’arrivo del decreto del ministero delle Infrastrutture che fisserà gli obblighi di utilizzo del Bim.

Il Building Information Modeling - BIM

Il Building Information Modeling – BIM

Mario Caputi – Paolo Odorizzi – Massimo Stefani, 2015, Maggioli Editore

?La societ? contemporanea sta vivendo una profonda trasformazione dovuta alla diffusione delle Tecnologie dell?Informazione (IT) che stanno modificando radicalmente il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni. Anche l?industria dell?ambiente costruito ?…


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Source: Ediltecnico.it

Distanze tra fabbricati, 10 metri valgono solo per le nuove costruzioni

L’art. 9 del DM 1444/1968 prescrive, per i nuovi edifici che non si trovano in zona A, “la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti” (comma 1 e 2). La norma del DM 1444 è stata con costanza ritenuta inderogabile dalla giurisprudenza, a garanzia di esigenze collettive di igiene e sicurezza e per tutelare il diritto di proprietà degli immobili con la disciplina delle distanze tra fabbricati stabilita dal Codice civile.

Distanze tra fabbricati, quando si può meno di 10 metri

Una nuova sentenza del Consiglio di Stato (14 settembre 2017, n. 4337) è coraggiosa e afferma alcuni principi interessanti, partendo sempre dall’articolo 9 del DM 1444. La sentenza 4337 aggiunge che sono ammesse distanze inferiori solo se ci sono gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche.

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Distanze tra edifici: 10 metri solo per il nuovo

L’art. 9 del DM 1444 riguarda i nuovi edifici. Ai sensi dell’art.41-quinquies della Legge 17 agosto 1942 n. 1150, “i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi”, sono imposti “ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti”.

L’articolo 9 non riguarda quindi gli interventi sul patrimonio edilizio esistente: il singolo arretramento di qualche metro produrrebbe infatti un disallineamento con altri fabbricati preesistenti e la realizzazione di spazi chiusi, rientranze ed intercapedini nocivi per le condizioni di salubrità, igiene, sicurezza e decoro. Quindi, la previsione del limite inderogabile di distanza a 10 metri riguarda immobili o parti di essi costruiti per la prima volta, ma non può riguardare immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione

Per stabilire se un intervento è soggetto al limite inderogabile di distanza di 10 metri non importa che sia qualificato come nuova costruzione e che sia stato oggetto di permesso di costruire. Ciò che importa è il dato di fatto: cioè che preesistesse un immobile che si trova a distanza inferiore rispetto a quella prevista dall’art. 9 del DM 1444.

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Questa nuova edizione del volume prosegue nell’ obiettivo di tenere (doverosamente) aggiornato uno strumento di lavoro, qual’è stato inteso, concepito e redatto il volume stesso, inerente un argomento che continua ad essere oggetto di controversie e/o registrare contrasti sia…


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Impermeabilizzazione in edilizia: come posare le guaine bituminose

Tantissime volte ho parlato di come eseguire la scelta di un sistema impermeabile, ho discusso di quali caratteristiche deve avere un sistema impermeabile e di come deve essere posato, ho spiegato valore per valore cosa vogliono dire i dati riportati sulle schede tecniche dei materiali impermeabili. Una cosa però non ho mai spiegato: come si fa a capire se una posa è corretta oppure no?

Forse a causa di un atto di arroganza da parte mia, ho sempre pensato che anche i professionisti della progettazione e non solo quelli esperti di impermeabilizzazione fossero edotti di come si posa uno dei sistemi più vecchi in assoluto: le guaine bituminose. Ebbene, le guaine bituminose, per riassumere, possono essere posate nei seguenti modi:

  • a colla
  • in autoaderenza
  • a fiamma
  • con fissaggio meccanico

Le uniche soluzioni che danno l’aderenza al 100% sono solo le prime due (a colla e in autoaderenza) in quanto vi è uno strato adesivo (che sia applicato o sia spalmato sulla membrana stessa) che viene rullato ed ogni sua parte aderisce al supporto e mantiene il telo bituminoso totalmente incollato. La posa a fiamma, invece, può essere suddivisa in: posa in totale aderenza e posa per punti.

Chiariamoci subito: per posa in totale aderenza non si intende con adesione al 100% ma prevede che la fiamma venga passata in ogni parte del lato della guaina da appoggiare al supporto. Come potete immaginare benissimo la posa a fiamma avrà dei punti che sono particolarmente aderenti ed altri che non solo sono. Secondo le statistiche, si ritiene (non esiste norma o linea guida) che una guaina posata perfettamente in “totale aderenza a fiamma” avrà un’aderenza finale superiore a 70%; nel caso dei verticali questa sarà superiore al 50%. Proprio l’altro giorno in cantiere mi è stato fatto osservare che al 50% è semiaderenza, non totale aderenza. Purtroppo la questione è puramente semantica! Non riguarda il lavoro in sé.

Impermeabilizzazione verticale: l’aderenza al 50% è adeguata

A questo punto è necessario capire perché una posa sui verticali al 50% è ritenuta adeguata. Bisogna pensare che quanto un sistema impermeabile bituminoso viene posato sul piano verticale di una fondazione questo dovrà resistere autonomamente, aderente al supporto, fin quando non verrà interrato. Da quel momento in poi lo strato impermeabile verrà compresso al muro di fondazione dalla terra (o quello che verrà messo al suo posto) che farà le veci di un vero e proprio fissaggio meccanico. Quindi perché una posa in totale aderenza a fiamma su un piano verticali di fondazione sia considerata a regola d’arte è necessario che:

  • la guaina sia stata sfiammata in tutte le sue parti;
  • le giunzioni tra i rotoli siano stati posati correttamente (schiacciati e non stuccati);
  • che i punti iniziali e terminali dei rotoli siano aderenti al 100%;
  • che i rotoli posati non siano superiori a 3m di altezza;
  • che non vi siano tagli o danneggiamenti della membrana;
  • che il supporto sia il più vicino possibile al piano liscio (nel caso è necessario prevedere una rasatura con materiali che siano resististenti quanto il calcestruzzo che è stato usato).

Impermeabilizzazione: la protezione meccanica

Altro punto fondamentale è la protezione meccanica che è necessario inserire tra la guaina e il riempimento; normalmente si usano i teli in HDPE bugnati. A lungo termine, si è sperimentato troppe volte, danneggiano la membrana ed è meglio non utilizzarli, invece la migliore protezione è data da un geocomposito formato da una tramatura casuale in HDPE ricompresa tra due TNT (tessuto non tessuto).

L’importanza della membrana

Terzo punto importantissimo: la membrana dovrà essere additivata con il master anti radice. Non basta pensare che c’è il geocomposito che funge da anti radice o qualsiasi altro elemento separatore, nel lungo termine le radici degli alberi sono in grado di raggiungere ugualmente lo strato bituminoso ed è meglio proteggerlo in modo tale che non siano necessari interventi di manutenzione straordinaria molto costosi.
Ultimo ma non meno importante: se la membrana finisce sul piano verticale è necessario che venga fissata meccanicamente in testa e sigillata con una piccola scossalina o un battiscopa.

Ricordo sempre che tutti i sistemi impermeabili devono fuoriuscire dal piano di calpestio di almeno 15 cm. Quindi che venga posto sotto intonaco, che venga fissato a vista con una scossalina, che venga coperto da un battiscopa o qualsiasi altra soluzione, anche le membrane poste in fondazione devono rispettare questa regola.

Le impermeabilizzazioni in edilizia

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Bonus ristrutturazioni: detrazione maggiore per chi compra

Novità per le agevolazioni fiscali per la riduzione del rischio sismico degli edifici: maggiori detrazioni per l’acquisto di immobili nei comuni che si trovano in zone a “rischio sismico 1”. Questa la novità contenuta nella nuova edizione della guida “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali”, pubblicata dalle Entrate. Ci sono anche le detrazioni fiscali che spettano all’acquisto di case antisismiche introdotte del decreto legge n. 50/2017.

Quando gli interventi che danno diritto alle detrazioni (sotto un quadro riassuntivo) sono realizzati nei Comuni che si trovano in zone classificate a “rischio sismico 1” (fare riferimento all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519/2006, pubblicata nella GU 108 dell’11 maggio 2006), chi compra un immobile facente parte di un edificio demolito e ricostruito può usufruire di una detrazione pari al 75% del prezzo di acquisto (se i lavori hanno ridotto di una classe il rischio sismico dell’edificio) o all’85% (se si passa a due classi di rischio inferiori). Il prezzo di acquisto su cui calcolare la detrazione è quello dell’atto pubblico di compravendita, comunque la detrazione spetta su un massimo di 96mila euro.

Scarica la Guida delle Entrate sulle ristrutturazioni aggiornata al 22 settembre

L’agevolazione viene riconosciuta anche se la ricostruzione dell’edificio determina una variazione di volume rispetto alla costruzione preesistente (se le norme urbanistiche consentono la variazione di volume). Gli interventi devono essere stati eseguiti da imprese che vendono l’immobile entro 18 mesi da quando hanno concluso i lavori.

La guida ricorda anche la possibilità per i contribuenti che beneficiano dell’agevolazione di cedere il credito pari alla detrazione spettante.

Detrazioni antisismica: il quadro generale

La legge di bilancio 2017 aveva previsto la possibilità di usufruire di detrazioni più elevate se la realizzazione degli interventi di ristrutturazione comporta una riduzione del rischio sismico. Per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021, ecco le detrazioni possibili:

  • detrazione del 70%, su una spesa massima di 96mila euro per unità immobiliare, se i lavori portano a una classe di rischio sismico inferiore
  • detrazione dell’80%, se si passa a due classi di rischio in meno

L’agevolazione riguarda non solo i lavori eseguiti su edifici ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 ma anche su quelli situati nella zona 3. Vale per tutti gli immobili abitativi, non solo le abitazioni principali ma anche quelli destinati ad attività produttive.

Quando scade il bonus ristrutturazioni?

La guida ribadice anche che la detrazione 50% per interventi di ristrutturazione (quelli “normali”, che non comportanto miglioramento antisismivo) dal 1° gennaio 2018 la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48.000 euro per unità immobiliare. Riguardo alle spese sostenute per interventi di adozione di misure
antisismiche, valgono fino al 31 dicembre 2021.

Le detrazioni fiscali sulla casa 2017

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Fabio Fusano, 2017, Maggioli Editore

Nuova edizione 2017 aggiornata e ampliata della Guida in formato ebook,, che si propone di fornire risposte esaurienti, specifiche e risolutive sul tema delle agevolazioni fiscali in edilizia.
La prima parte è dedicata all’Ecobonus con un’analisi sull’incentivo fiscale…


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Source: Ediltecnico.it

Per una roulotte, serve il permesso di costruire?

Arriva la selezione delle sentenze della settimana scorsa su edilizia e urbanistica. Gli argomenti questa volta sono: il permesso di costruire per le case mobili e le roulotte; il cambio destinazione d’uso da industriale a commerciale e il conseguente aggravio degli oneri concessori; il permesso di costruire per un muro di contenimento; osservazioni al PRG; la lottizzazione abusiva è esclusa se l’attività lottizzatoria è già stata intrapresa dal precedente proprietario?

Roulotte, serve il permesso di costruire?

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 settembre 2017 n. 1824
Massima: Per le case mobili e le roulotte utilizzate come residenza abitativa serve il permesso di costruire

 

Come ha di recente chiarito il Consiglio di Sato, per effetto di quanto disposto dal citato art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, “…l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper e case mobili, può ritenersi consentita in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti se sono diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, non determinandosi una trasformazione irreversibile o permanente del territorio su cui insistono, mentre l’installazione stabile di mezzi (teoricamente) mobili di pernottamento determina una trasformazione irreversibile o permanente del territorio, con la conseguenza che per tali manufatti, equiparabili alle nuove costruzioni, necessita il permesso di costruire” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 1 aprile 2016, n. 1291).

Di conseguenza, case mobili e roulotte per le quali i relativi utilizzatori richiedono l’iscrizione nel registro della popolazione residente nel Comune e con allacciamento diretto alla rete elettrica, alla rete idrica e a quella fognaria, non possono essere considerate strutture precarie non necessitanti del permesso di costruire. Al contrario, trattasi di strutture effettivamente idonee a essere utilizzate come unità abitative e, quindi, prive della precarietà funzionale, oltre che di quella strutturale e, pertanto, subordinate al rilascio del suddetto titolo edilizio.

Cambio destinazione d’uso da industriale a commerciale

Estremi della sentenza: TAR Lazio, sez. II bis Roma, sent. 19 settembre 2017 n. 9818
Massima: Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale comporta un incremento del carico urbanistico e conseguente aggravio degli oneri concessori

 

Il mutamento di destinazione d’uso, anche senza realizzazione di nuove opere, da industriale a commerciale, integra un mutamento tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico.

L’incremento del carico urbanistico, ancorché discendente da un mutamento di destinazione d’uso senza opere, è dunque presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, in considerazione del vantaggio economico che ritrae il richiedente e l’aggravio urbanistico in relazione all’incremento dei flussi di traffico e di clientela che la destinazione commerciale (rispetto alla iniziale destinazione industriale) necessariamente implica.

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Muro di contenimento: serve il permesso di costruire?

Estremi della sentenza: TAR Molise, sent. 22 settembre 2017 n. 317
Massima: Serve il permesso di costruire per il muro di contenimento

 

Come chiarito dall’univoco orientamento della giurisprudenza, i muri di contenimento possiedono una struttura idonea, per consistenza e modalità costruttive, a sorreggere le spinte del terreno medesimo e dunque, pur potendo avere concomitante funzione di confine, quest’ultima è solo accessoria ed eventuale, mentre quella principale ne rappresenta un’utilità specifica per il proprietario, autonomamente valutabile e comunque comportante un’alterazione significativa dello stato dei luoghi, con conseguente soggezione al regime del permesso a costruire (cfr. TAR Calabria, sez. dist. Reggio Calabria, 16 aprile 2014, n. 186; TAR Napoli, sez. IV, 26 ottobre 2012, n. 4275; cfr. anche TAR Piemonte, 18 dicembre 2013, n. 1368; TAR l’Aquila, 14 febbraio 2013, nr. 145; TAR Lazio, Roma, sez. I, 5 febbraio 2013, nr. 1210; TAR Milano, sez. II, 8 novembre 2012, nr. 2687 ed altre).

Natura delle osservazioni al PRG

Estremi della sentenza: TAR Toscana, sez. I, sent. 19 settembre 2017 n. 1095
Massima: Le osservazioni formulate dagli interessati in sede di formazione degli strumenti di pianificazione e governo del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo e non danno luogo a peculiari aspettative

 

Per consolidata giurisprudenza, le osservazioni formulate dagli interessati in sede di formazione degli strumenti di pianificazione e governo del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente dimostrare che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6386; id., 7 novembre 2014, n. 5482).

Lottizzazione abusiva

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. IV Salerno, sent. 19 settembre 2017 n. 4446
Massima: La lottizzazione abusiva non è esclusa dalla circostanza che l’attività lottizzatoria fosse già stata intrapresa dal precedente proprietario del fondo

 

La fattispecie della lottizzazione abusiva non è esclusa dalla circostanza che l’attività lottizzatoria fosse già stata intrapresa dal precedente proprietario del fondo, atteso che l’eventuale abuso commesso dal precedente proprietario non esclude l’abuso a opera dell’attuale (Consiglio Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006 , n. 6060).

Inoltre, “la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali se del caso potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 08/01/2016, n. 26; nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, 19/06/2014, n. 3115).

Cosa si intende per lottizzazione abusiva?

Lottizzazione abusiva: definizione e verifica di conformità della trasformazione edilizia

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Articolo Per una roulotte, serve il permesso di costruire? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

POS obbligatorio, ad architetti e ingegneri non serve

Per il pagamento delle attività svolte da ingegneri e architetti il POS non è necessario. Per tempistiche, importi e rapporto tra cliente e professionista, il pagamento delle prestazioni di architetti e ingegneri liberi professionisti è corrisposto il più delle volte con bonifico, molto spesso a costo zero, e non tramite POS. Il POS obblligatorio (a proposito, dove eravamo rimasti?) sarebbe solo un ulteriore costo per il professionista, che lo utilizzerebbe. Inoltre, le prestazioni di progettazione o direzione dei lavori si realizzano su un arco di tempo più o meno ampio e spesso la parcella prevede compensi superiori ai mille euro.

Il committente paga con bonifico bancario. Da quando ci sono le detrazioni per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica o antisismica, le prestazioni vengono pagate secondo procedure specifiche con bonifico bancario.

Inarsind, per tutti questi motivi, invita il Governo a escludere gli ingegneri e gli architetti dall’obbligo di POS. E… a mali estremi estremi rimedi. Inarsind si richiama all’art. 693 del Codice Penale, che recita: “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro”. L’illecito si verifica, quindi, non in mancanza del POS ma solo in caso di mancata accettazione del suo utilizzo se lo richiede il cliente.

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No al POS per architetti e ingegneri: ecco i motivi

Riportiamo tutto il testo con cui Inarsind ha chiesto di non imporre il POS ad architetti e ingegneri.

“Già nel 2013 Inarsind sottolineò la poca pertinenza dell’utilizzo del POS con l’attività tipica di ingegneri ed architetti liberi professionisti. I motivi che avevano spinto Inarsind ad essere contrari all’introduzione dell’obbligo del POS per architetti ed ingegneri non sono mutati nel tempo.

Tempi e procedure della prestazione

Anzitutto tipicamente l’espletamento delle prestazioni di architetti ed ingegneri non vedono un committente recarsi presso lo studio del professionista, ritirare un prodotto o fruire di un servizio e quindi procedere al pagamento.

Le prestazioni di progettazione, e ancor più di Direzione dei lavori, si espletano su un arco di tempo che può essere più o meno ampio, e tipicamente, dato che i compensi minimi possono corrispondere a qualche centinaio di euro ma risultano più spesso superiori almeno ai mille euro, vengono pagate, dopo presentazione di avviso di parcella, con bonifico bancario a fronte della relativa fattura; molto spesso anche con tempi molto dilazionati rispetto alla prestazione ed all’emissione dell’avviso.

Detrazioni per ristrutturazione e risparmio energetico

Inoltre, a seguito delle diverse misure di defiscalizzazione messe in campo negli ultimi anni per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione, risparmio energetico etc, tutte le prestazioni connesse a tali pratiche, comprese le progettazioni e direzioni lavori, vengono pagate secondo procedure specifiche che prevedono l’utilizzo del bonifico bancario. Le modalità operative di architetti e ingegneri liberi professionisti sono pertanto tali, per tempistiche, importi e rapporto tra cliente e professionista, da non corrispondere a quelle del pagamento mediante POS.

POS obbligatorio, nessun vantaggio solo costi

Si ritiene quindi che l’estensione di tale obbligo ai professionisti architetti e ingegneri non vada a introdurre alcun vantaggio o miglioramento del servizio per il cliente, che mai riteniamo si recherebbe presso lo Studio appositamente per pagare con il POS quando può facilmente fare un bonifico on line, molto spesso a costo zero, costituendo invece un ulteriore costo da sostenere per il professionista che nessun utilizzo farebbe del servizio.

Come già espresso anche in una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze Padoan, Inarsind ritiene si debbano escludere dall’applicazione dell’obbligo di utilizzo del POS le categorie professionali, come architetti ed ingegneri, per le cui modalità operative non porterebbe alcun vantaggio alla collettività. In alternativa il rimando all’art. 693 del Codice Penale potrebbe in qualche modo risolvere la problematica per architetti ed ingegneri, determinando l’illecito non in mancanza del POS ma solamente in caso di mancata accettazione dell’utilizzo dello stesso su richiesta del cliente.”

E i geometri?

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In vigore la legge 22 maggio 2017, n. 81, pubblicata sulla G.U. n. 135 del 13 giugno 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” e meglio…


Articolo POS obbligatorio, ad architetti e ingegneri non serve di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it

Come modellare correttamente gli impianti termici?

Grazie all’esperienza maturata in anni di partecipazione a gruppi di lavoro normativi, Blumatica rappresenta un valido riferimento per la progettazione e la formazione dei tecnici nel settore dell’efficienza energetica. La normativa in materia di energia e ambiente è sempre in continua evoluzione e sta innovando profondamente le modalità costruttive degli edifici e degli impianti di climatizzazione.

In particolare, le maggiori difficoltà riscontrate dai tecnici riguardano gli aspetti impiantistici, il più delle volte a causa di una non perfetta corrispondenza tra gli schemi funzionali previsti dalla normativa e quelli reali degli impianti. Risulta pertanto indispensabile diventare padroni in tempi stretti delle nuove procedure di calcolo introdotte dalle norme tecniche (UNI/TS 11300) e delle regole di modellazione nel software di calcolo per evitare errori o risultati non coerenti con il comportamento reale dell’edificio.

Di seguito, i concetti più importanti delle UNI/TS 11300 e alcuni esempi di schemi impiantistici modellati con il software Blumatica Energy.

Impianti termici, definizioni importanti

Definizione 1. Zona termica: parte dell’ambiente climatizzato mantenuto a temperatura (ed eventualmente umidità) uniforme attraverso lo stesso impianto di climatizzazione. In linea generale ogni porzione di edificio, climatizzata ad una determinata temperatura con identiche modalità di regolazione, costituisce una zona termica. La zonizzazione non è richiesta se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  1. Le temperature interne di regolazione per il riscaldamento differiscono di non oltre 4 K
  2. Gli ambienti non sono raffrescati o comunque le temperature interne di regolazione per il raffrescamento differiscono di non oltre 4 K
  3. Gli ambienti sono serviti dallo stesso impianto di climatizzazione
  4. Se vi è un impianto di ventilazione meccanica, almeno l’80% dell’area climatizzata è servita dallo stesso impianto di ventilazione con tassi di ventilazione nei diversi ambienti che non differiscono di un fattore maggiore di 4
  5. Se vi è il controllo dell’umidità, le umidità relative interne di regolazione differiscono di non oltre 20 punti percentuali.

È possibile che la zonizzazione relativa al riscaldamento differisca da quella relativa al raffrescamento.

Esempio 1: villetta due piani con radiatori

 

Terminali Emissione:radiatori
Riscaldamento Piano 1: termocamino
Riscaldamento Piano 2: caldaia
Raffrescamento: assente

2 ZONE TERMICHE
Zona 1 Piano 1  
Zona 2 Piano 2  

 


Esempio 2 – Villetta due piani con radiatori e split di raffrescamento

 

Terminali Emissione:radiatori
Riscaldamento Piano 1: termocamino
Riscaldamento Piano 2: caldaia
Raffrescamento: Soggiorno Piano 1

3 ZONE TERMICHE
Zona 1 Piano 1  
Zona 2 Piano 1  
  Zona 3 Piano 2  

 


Definizione 2. Priorità generatori: nel caso di sistemi che comprendono produzione di energia termica utile da energie rinnovabili e da altri sottosistemi di generazione (pompe di calore, cogenerazione, combustione a fiamma con vettori energetici non rinnovabili), la ripartizione del carico tra i generatori deve essere effettuata secondo un ordine di priorità definito nel progetto, in modo da ottimizzare il fabbisogno di energia primaria tenendo conto dei vettori energetici, dei rendimenti e delle condizioni dei singoli generatori.

In mancanza di condizioni specificate nel progetto, nel prospetto 6 della UNI/TS 11300-4 è indicato come devono essere valutate le priorità per la produzione di energia termica utile per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria ai fini del calcolo.

Prioritàa) Sottosistema di generazione Produzione di energia
1 Solare termico Termica
2 Cogenerazione Elettrica e termica cogenerata
3 Combustione di biomasse Termica
4 Pompe di calore Termica o frigorifera
5 Generatore di calore a combustili fossili Termica
a)  Qualora il sistema preveda l’utilizzo di energia termica da rete (teleriscaldamento) e di energia solare, a quest’ultima viene assegnata priorità 1

 

In Blumatica Energy, la gestione della priorità dei generatori avviene seguendo 2 regole semplicissime:

  • All’interno di una stessa centrale termica, la priorità tra i generatori segue il prospetto 6 della UNI/TS 11300-4
  • L’utente può modificare la priorità tra i generatori, dividendoli in due o più centrali termiche differenti e ordinarle secondo la priorità che il sottosistema ha nello schema impiantistico.

Esempio – Appartamento con termico a pellet e caldaia per riscaldamento

Priorità secondo UNI/TS 11300   Priorità definita dall’utente
  1) Termocamino a pellet
2) Caldaia
    1) Caldaia
2) Termocamino a pellet
     

 

Definizione 3. Generatori biomassa in sistemi bivalenti: secondo la UNI/TS 11300-4, i sistemi si definiscono bivalenti o polivalenti quando l’energia termica utile richiesta dall’edificio è fornita da almeno un generatore a biomassa e da uno o più generatori i cui consumi siano riconducibili a fonti non rinnovabili (combustibili fossili e energia elettrica).

Nel caso di sistemi bivalenti o polivalenti, la quota di energia utile fornita dai generatori a biomassa non può superare i valori riportati nei prospetti seguenti:

Sistemi per riscaldamento o combinati (riscaldamento + ACS) con fluido termovettore acqua

Tipo di generatore Quota fornita dalla biomassa %
Impianto con accumulo Impianto senza accumulo
Generatore di calore a biomassa a caricamento manuale e controllo manuale dell’aria comburente 55 40
Generatore di calore a biomassa a caricamento manuale e controllo automatico dell’aria comburente 75 65
Generatore di calore a biomassa a caricamento automatico e controllo automatico dell’aria comburente 90 90

 

Sistemi per sola produzione di ACS con fluido acqua

Tipo di generatore Quota fornita dalla biomassa %
Impianto con accumulo Impianto senza accumulo
Generatore di calore a biomassa installato in ambiente
Generatore di calore a biomassa installato in centrale termica a caricamento manuale 50
Generatore di calore a biomassa installato in centrale termica a caricamento automatico 90
Generatore di calore a biomassa installato in centrale termica a caricamento automatico con ventilatore a condensazione 90 0

 

Sistemi per il riscaldamento con fluido termovettore aria

Tipo di generatore Quota fornita dalla biomassa %
Generatore di calore a biomassa a caricamento manuale e controllo manuale dell’aria comburente 30
Generatore di calore a biomassa a caricamento automatico e controllo automatico dell’aria comburente 50

 

Esempio – Appartamento con termico a pellet e caldaia per riscaldamento e ACS

Definizione 4. Unità di trattamento aria e distribuzione aeraulica: nel bilancio termico dell’edificio il fabbisogno termico dovuto agli impianti aeraulici è calcolato tenendo conto della differenza tra la temperatura interna di set-point e la temperatura dell’aria di immissione dell’aria in ambiente.

Pertanto, ai fini della determinazione dei fabbisogni di energia primaria per la climatizzazione, al fabbisogno di energia termica utile effettivo va aggiunto il fabbisogno di energia termica necessario per portare l’aria dalla temperatura di prelievo alla temperatura di immissione dell’aria in ambiente.

Tale carico è dovuto principalmente alle perdite termiche per trasmissione attraverso le pareti delle condotte ed è funzione della portata d’aria effettiva e della temperatura di immissione dell’aria in ambiente di progetto. Al fine di garantire il mantenimento di tale temperatura, le batterie dell’UTA dovranno fornire, in uscita, aria a temperatura sufficiente da compensare le dispersioni nei vari tratti dell’impianto aeraulico.

Ai fini del calcolo delle temperature in uscita e in entrata alla batteria è necessario tener conto di recuperi e perdite dei circuiti di distribuzione dal punto di immissione dell’aria in ambiente all’uscita della batteria e dal punto di prelievo dell’aria esterna all’entrata della batteria.

Risulta necessario, pertanto, procedere ad una schematizzazione della rete in modo da tenere in considerazione perdite e fabbisogni elettrici o termici dei vari tratti in cui è suddivisibile la rete. In particolare, la schematizzazione deve avvenire suddividendo la rete in più tratti dalle caratteristiche omogenee, effettuando il calcolo di perdite e fabbisogni in maniera separata ogni qual volta vi sia:

  • un nodo ovvero una ramificazione della rete: in questo caso cambia la portata nominale e potrebbe cambiare la temperatura nel caso di due condotte con aria a temperatura differente si uniscano in un’unica condotta (ad esempio nel caso di ricircolo aria ambiente)
  • una batteria: in questo caso cambia la temperatura per effetto della batteria
  • il passaggio in locali o ambienti a temperature diverse: il calcolo delle perdite è differente per la diversa differenze di temperatura
  • il cambio delle caratteristiche della condotta (ad esempio da condotta isolata a condotta non isolata): cambiando le perdite
  • un ventilatore: solo per valutazioni A3 se si considera l’incremento di temperatura dei recuperi degli ausiliari.

Il sistema aeraulico può essere suddiviso, inoltre, su due livelli di calcolo:

  • Circuito primario: che comprende l’UTA e alimenta le diverse reti di utenza
  • Circuito secondario: che rappresenta il circuito delle n-zone termiche. Se le condotte sono tutte interne all’ambiente possono essere trascurate, in quanto il calcolo delle perdite si effettua solo nei tratti correnti in locali non riscaldati o all’esterno

Esempio – Ufficio 2 piani con impianto aeraulico a doppio flusso con recuperatore

La batteria di preriscaldamento dell’UTA è collegata ad una pompa di calore e un generatore a combustione: il fabbisogno di energia termica della batteria di preriscaldamento è assegnato in priorità alla pompa di calore; l’eventuale fabbisogno residuo è soddisfatto dalla caldaia.

Condotte estrazione   Condotte immissione
CE.1: condotta dall’uscita del piano terra alla giunzione (con la condotta del primo piano);

CE.2: condotta dall’uscita del primo piano alla giunzione (con la condotta del piano terra);

CE.3: condotta dalla giunzione al recuperatore di calore

  CI.1: condotta dall’entrata del piano terra alla giunzione (con la condotta del primo piano);

CI.2: condotta dall’entrata del primo piano alla giunzione (con la condotta del piano terra);

CI.3: condotta dalla giunzione all’UTA

 

Nota: Le condotte presenti nelle diverse zone termiche sono state trascurate in quanto non necessarie per il calcolo data la configurazione e il tipo di impianto (assenza di ventilatori di zona e/o condotte per singola zona correnti in ambienti non climatizzati e/o all’esterno.
Inoltre, sono state trascurate le condotte che collegano l’UTA all’ambiente esterno, da cui viene prelevata l’aria di rinnovo.

Definizione 5. Ausiliari elettrici: l’energia ausiliaria è utilizzata per l’azionamento di pompe, valvole, ventilatori e sistemi di regolazione e controllo. Una quota di tale energia può essere recuperata come energia termica utile, apportando una corrispondete riduzione al fabbisogno di energia termica (ad esempio, l’energia meccanica fornita all’asse di un circolatore si trasforma in energia termica nel fluido termovettore, riducendo il fabbisogno della distribuzione).

Il fabbisogno di energia elettrica di un impianto di riscaldamento po’ derivare dai seguenti sottosistemi:

  • Sottosistema di emissione: funzione della potenza elettrica complessiva dei terminali di emissione (es. ventilconvettori).

In assenza di dati di progetto o forniti dal fabbricante, è possibile utilizzare per il calcolo le potenze elettriche riportate nel Prospetto 36 della UNI/TS 11300-1.

Inoltre, tali consumi elettrici si considerano recuperati come energia termica utili, ovvero l’energia dissipata sotto forma di calore dagli ausiliari elettrici di emissione è recuperata nel bilancio termico dell’edificio.

  • Sottosistema di distribuzione: funzione della potenza elettrica dei ventilatori o pompe di distribuzione (a seconda del fluido termovettore).

L’energia elettrica dissipata dagli ausiliari con fluido termovettore acqua è recuperata per l’85% sotto forma di calore. Tali recuperi si considerano solamente se il calcolo delle perdite di energia termica del sottosistema di distribuzione è effettuato con il metodo analitico (Appendice A UNI/TS 11300). Nel caso si utilizzino i valori di rendimento precalcolati, le perdite recuperate sono pari a zero.

L’energia elettrica dissipata dagli ausiliari con fluido termovettore aria è recuperata, invece, come aumento della temperatura dell’aria all’interno della rete aeraulica.

  • Sottosistema di generazione: comprende la potenza elettrica di tutti gli ausiliari montati a bordo del generatore (escluse eventuali pompe installate sul circuito primario di generazione esterne al generatore stesso).Ai fini del calcolo del calcolo dell’energia termica recuperabile si considera recuperata la quota di energia termica trasmessa all’acqua dell’impianto pari a 0,75 del totale, mentre la quota ceduta in ambiente dagli ausiliari si assume pari al 0,25 del totale.

Inoltre, su ciascun generatore, è possibile indicare la potenza di eventuali pompe dei circuiti di collegamento tra il generatore di calore e l’accumulo.

La complessità della materia e la poca chiarezza delle normative, impongono, quindi, uno standard elevato in termini di competenza tecnica. Risulta fondamentale, pertanto, formarsi in tempi molto rapidi o avvalersi di strumenti di lavoro in grado di fornire tutte le informazioni indispensabili a produrre una documentazione professionale e completa.

In tal senso Blumatica mette a disposizione il software “Blumatica Energy“ che, in un’unica soluzione, consente di gestire tutte le problematiche connesse all’efficienza energetica degli edifici: APE, AQE, relazione tecnica e di calcolo (Legge 10), annunci commerciali, trasmittanze termiche e verifiche termoigrometriche, fattibilità interventi migliorativi, esportazioni regionali.

Fiore all’occhiello del software è la tecnologia (già collaudata con altri software, ad esempio Blumatica Energy) che sta rivoluzionando il mondo dell’informatica creando un connubio perfetto tra software e formazione. Si chiama SAAT (Software As A Teacher), una rivoluzionaria alchimia che consente di apprendere qualsiasi tematica tecnica e normativa man mano che si utilizza il software, senza bisogno di utilizzare manuali o altri supporti. Tutorial audio/video, help contestuali ed interfacce studiate ad hoc aprono nuovi orizzonti alla vecchia concezione del software inteso come mero strumento operativo.

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Articolo Come modellare correttamente gli impianti termici? di Ediltecnico.

Source: Ediltecnico.it