Obbligo valvole termostatiche: temporeggiare è controproducente. Perchè?

Come sappiamo, negli ultimi giorni del 2016 è giunta la notizia che molti aspettavano: il Governo, con il decreto Milleproroghe, ha rinviato al 30 giugno 2017 il termine entro cui diventa obbligatorio installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore nei condomini con impianti centralizzati (il D.Lgs. 102 del 2014, recependo la direttiva 2012/27/UE, aveva inizialmente fissato la scadenza al 31 dicembre 2016, prevedendo, in caso di inadempimento, multe dai 500 fino ai 2.500 euro).

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La proroga era stata richiesta a gran voce e addirittura prevista da alcuni. Fin dai mesi precedenti alla prima scadenza, diversi enti ed associazioni di categoria avevano espresso dubbi e perplessità, soprattutto su alcuni punti: tempistiche tecniche, ritardi normativi, sovraccarico di maestranze e imprese con impossibilità a procedere nei lavori per tempo.

Sin dalla comunicazione della proroga, gli enti territoriali e le associazioni hanno espresso il loro punto di vista e, dalla Regione Lombardia, è arrivato anche il primo stop. In un comunicato ufficiale è infatti sottolineato come la proroga non potrà avere effetto nel suo territorio, in quanto “… può essere disposta solo con legge regionale…”.  Dal canto suo Assoedilizia ha fin da subito contestato fermamente tale interpretazione, sostenendo che “… è ben vero che la potestà legislativa in materia spetta alle Regioni, ma la Costituzione prevede che le Regioni debbano rispettare i principi fondamentali la cui determinazione spetta allo Stato…”.

Mentre le opinioni si fronteggiano, diventa fondamentale andare al di là delle singole opinioni e cercare di fare chiarezza, fissando alcuni punti importanti soprattutto per le imprese coinvolte e i cittadini interessati.

Antonello Guzzetti, Country Manager di Qundis in Italia, ci ricorda come il nuovo termine del 30 giugno 2017 cada nel pieno della stagione in cui è possibile installare le valvole termostatiche. L’effetto di spinta derivato dal D.Lgs. 102, che ancora indicava la scadenza del 31 Dicembre, si è sentito molto anche nel mese di gennaio, un periodo nel quale molti hanno cercato di completare l’adeguamento dei loro impianti.

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Da quando si è ricevuta notizia della proroga è stato registrato un effetto “fisarmonica”: si è passati da una grande domanda ad un rallentamento, determinato anche dal fatto che avviare – o proseguire – i lavori di adeguamento in questi mesi invernali avrebbe richiesto anche lo spegnimento degli impianti di riscaldamento.

Il pensiero generale da qui in avanti sarà probabilmente quello di avviare i lavori solo al momento dello spegnimento, in una data che oscilla tra la fine di Marzo e l’inizio di Aprile, a seconda del clima e delle aree geografiche.

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Obbligo valvole termostatiche: cosa succederà tra aprile, maggio e giugno

Quello che si prevede nei tre mesi immediatamente successivi (aprile, maggio e giugno), prima della nuova scadenza, è un notevole aumento della richiesta di professionisti, oltre che di strumenti adeguati. Un intervallo di tempo che si profila come insufficiente per mettere a norma tutti gli impianti mancanti.

Diventa quindi fondamentale anticipare questa fase e muoversi per tempo per avere modo di valutare le singole situazioni, evitando di concentrare il pieno delle attività negli ultimi mesi disponibili e tenendo ben presenti alcune informazioni essenziali in termini di risparmio e detrazioni fiscali:

  • Con l’installazione di strumenti di contabilizzazione e di termoregolazione si modificano le ripartizioni delle spese e si può ottenere fino al 30% di risparmio energetico annuale, diventando effettivamente responsabili dei propri consumi.
  • Il disegno di legge di bilancio per il 2017 proroga fino al 31 dicembre 2017 la misura delle detrazioni al 65% per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

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Diventa quindi molto importante non farsi influenzare dalla nuova proroga per installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione al 30 giugno. Bisogna muoversi rapidamente e fin da subito per avere il tempo utile di fare tutte le valutazioni del caso e poter usufruire – finché sono disponibili – delle detrazioni fiscali oggi concesse dalla legge.

Ma soprattutto approfittare del tempo concesso in più per trovare progettisti e professionisti certificati per realizzare un lavoro ad hoc che possa garantire un risparmio effettivo sul lungo periodo.

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Source: Ediltecnico.it

Le Tecnologie leggere in edilizia per l’ambiente

La tecnologia rappresenta da sempre la possibilità di determinare per la società – rispetto ai bisogni – , l’innovazione , la risposta ai problemi che il quotidiano e lo straordinario richiedono.

In questo filone ideologico la tecnica si muove promuovendo attraverso la ricerca scientifica nuove soluzioni, che spesso non prescindono dalla storia del costruito  e dalle sue implicazioni didattiche formative.

La scoperta delle caratteristiche fisiche-meccaniche dei materiali grazie agli studi condotti da Hooke ha contribuito nella storia del costruire a sviluppare una nuova consapevolezza progettuale capace di evolversi morfologicamente e di svincolarsi da forme precostituite.

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Pensare alla forma dell’arco e rivisitare il suo principio costitutivo, che partendo dalla catenaria – forma ottenuta dalla distribuzione di un sistema di vettori carichi paralleli nel piano, che determina la possibilità di trasferire i carichi sfruttando la caratteristica di resistenza di compressione del materiale- ; ha contribuito insieme allo sviluppo del principio di membrana – capacità degli elementi sottili orizzontali di resistere ai soli sforzi di  trazione rispetto alla distribuzione di carichi verticali –; di allargare gli orizzonti progettuali verso la creazione di strutture leggere, la cui funzione oggi come allora rispondeva al soddisfacimento di alcune esigenze della contemporaneità.

Se per leggerezza intendiamo un modo semplice di applicare le conquiste ottenute dalla tecnologia, allora si può pensare ad un ambiente costruito in cui a regola d’arte ove la sostenibilità viene garantita dalla semplicità delle soluzioni .

Tecnologie leggere: studi 2 di 4

La tensostruttura rappresenta  un percorso evolutivo della forma dell’arco in cui si incarna la sinergia tra leggerezza e resistenza e  la flessibilità e versatilità spaziale-funzionale , che si traduce nella possibilità nei confini del dibattito attuale sulla tutela ambientale , di proporre come strategia la minimizzazione dell’uso del suolo verde e al contempo di creare nuovi scenari tematici nel quadro delle strategie di politiche territoriali volte all’integrazione socio-urbanistica.

Tecnologie leggere: studi 3 di 4

Il tema della rigenerazione urbana , connessa alla resilienza territoriale offrono lo spunto per ricercare nuove strategie atte al recupero funzionale e socio-economico di contesti caratterizzati  da molteplici vincoli -sia di ordine paesaggistico che ambientale -, in cui l’approccio programmatico ha come esigenza di perseguire un modus operandi leggero e sopratutto di semplice realizzazione. Nel quadro dell’emergenza sismica territoriale , del rischio idrogeologico e quelli connessi alla vulcanologia , l’utilizzo delle tecnologie leggere favoriscono nell’immediato la possibilità di risolvere il problema dell’accoglienza e dell’emergenza abitativa , che nella tipologia delle strutture continue a reticolo offre la possibilità di  un modello strutturale capace di resistere a notevoli carichi con il minor uso di materiale e con conseguente contenimento dei costi , rimanendo inalterati gli standard di qualità e salubrità .

Tecnologie leggere: studi 4 di 4

La leggerezza diventa uno strumento indispensabile per il rispetto della sostenibilità ambientale, che nel contesto dell’Horizon 2020 tende sensibilizzare il mondo dell’impresa e delle tecnologie avanzate a determinare un nuovo modo di “costruire”  in cui abbisogna affrontare le nuova sfida planetaria della riduzione dell’emissione gas serra in atmosfera attraverso un percorso tecnico  indirizzato alla “revisione dell’edificato”  , che significa controllare e verificare per un periodo limitato lo stato dell’edificio.

Se per tecnologia leggera si tende a sfruttare i limiti dell’emergenza ambientale , il futuro può inaugurare  la nuova stagione del progresso-sostenibile  attraverso la ricerca.

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Source: Ediltecnico.it

Sismabonus, Delrio firma. La classificazione del rischio sismico è imperfetta ma necessaria

Questo pomeriggio il Ministro Delrio ha finalmente emanato il Decreto che darà attuazione all’ormai famoso Sismabonus, previsto nella Legge di Bilancio 2017((il testo è disponibile sul sito del Ministero delle infrastrutture). Da domani si potrà accedere ufficialmente al Sismabonus e ai relativi incentivi fiscali.

L’idea iniziale venne dal manifesto “Classificare la vulnerabilità sismica dei fabbricati – Come certificare la sicurezza e la sostenibilità del patrimonio immobiliare favorendo lo sviluppo economico” che l’Associazione ISI Ingegneria Sismica Italiana pubblicò nel maggio 2013. Nell’autunno dello stesso anno l’allora Ministro Lupi istituiva un Gruppo di Studio “per la proposizione di uno o più documenti normativi per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, finalizzata all’incentivazione fiscale di interventi per la riduzione dello stesso rischio” per il quale venne assegnata ad ISI la funzione di Segreteria Tecnica.

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Dopo quattro anni dunque, il documento ha visto la luce; definisce 8 Classi di Rischio, con rischio crescente dalla lettera A+ alla lettera G. La determinazione della classe di appartenenza di un edificio può essere condotta secondo due metodi, tra loro alternativi, l’uno convenzionale e l’altro semplificato, quest’ultimo con un ambito applicativo limitato.

Il metodo convenzionale è concettualmente applicabile a qualsiasi tipologia di costruzione; è basato sull’applicazione dei normali metodi di analisi previsti dalle attuali Norme Tecniche e consente la valutazione della Classe di Rischio della costruzione sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’eventuale intervento.

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Il metodo semplificato si basa su una classificazione macrosismica dell’edificio; è indicato per una valutazione speditiva della Classe di Rischio dei soli edifici in muratura e può essere utilizzato sia per una valutazione preliminare indicativa, sia per valutare, limitatamente agli edifici in muratura, la classe di rischio in relazione all’adozione di interventi di tipo locale.

Senza addentrarci negli aspetti tecnici, che ogni professionista da oggi in poi studierà approfonditamente, riporto alcune considerazioni.

Il documento è perfetto? No. Le linee guida sono sicuramente perfettibili, a partire dal titolo. Il documento infatti classifica esclusivamente la vulnerabilità e non il rischio. [1]

Per il resto, si tratta a mio avviso di un importante cambio di passo sia per i professionisti che per la società, quindi è normale un affinamento progressivo  e un riscontro sereno e obiettivo a seguito dell’attuazione.

Il documento era necessario? Sì. Si per almeno tre ragioni.

. Perché il nostro deficit nei confronti della riduzione del rischio sismico è aumentato talmente tanto che qualsiasi procedura che possa accendere l’attenzione su questo problema è vitale, nel senso letterale del termine.

. Per un motivo tanto banale quanto sconcertante: il patrimonio edilizio è più vecchio delle normative che ne devono garantire la sicurezza.

. Perché anche il cittadino deve avere consapevolezza del proprio patrimonio, anche a discapito del portafoglio. Deve finire il tempo in cui il valore di un immobile deriva dagli intonaci e dalle piastrelle.

Ultimo aspetto, non marginale, è che la classificazione deriva comunque da valutazioni di sicurezza effettuate ai sensi delle NTC; ciò significa che sono necessari professionisti preparati e consapevoli, abituati a “maneggiare” gli edifici esistenti e a dedicare loro il giusto tempo, con equilibrio tra uso del software e occhio esperto. Tradotto, trovo difficile che si manifesterà l’effetto “GroupOn” come per la certificazione energetica.

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[1] Il RISCHIO è formato dal prodotto tra pericolosità, esposizione e vulnerabilità. La pericolosità è insita nel luogo in cui l’edificio è realizzato, la vulnerabilità dipende da come l’edificio è realizzato; l’esposizione è invece la quantificazione sociale (pubblica e privata) patrimoniale ed economica di ciò che potrebbe essere danneggiato dalla scossa.

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Source: Ediltecnico.it

Alte prestazioni energetiche e industria 4.0, in Irpinia l’edificio libellula

Una struttura innovativa, un gioiello architettonico che si integra con l’ambiente della regione dell’Irpinia, ecco la nuova sede di ACCA software, azienda all’avanguardia nel settore della tecnologia informatica dedicata ai professionisti del mondo edile.

Realizzato nella nuova area produttiva del comune di Bagnoli Irpino (AV) dall’architetto Francesco Bruno, il nuovo edificio oltre a essere una struttura architettonicamente all’avanguardia, avveniristica e funzionale, è anche energeticamente autosufficiente grazie a fonti rinnovabili: energia eolica, solare, termica e fotovoltaica.

L’edificio libellula tra natura e smart factory

Il complesso, immerso in un’area paesaggistica incontaminata e tra le più belle dell’Irpinia, è composto da quattro edifici con facciate vetrate e richiama nella sua struttura l’immagine di una libellula: un corpo centrale che collega quattro parallelepipedi a formare le “ali laterali”, disposte in doppia fila su due diversi livelli dell’area verde: una prima si allunga nella quota inferiore dell’area, a valle, e una seconda nella quota superiore, a monte, dando vita a una realizzazione architettonica che non contrasta con l’ambiente ma che al contrario apporta una trasformazione sostenibile del paesaggio, grazie anche alla leggerezza della volumetria dei diversi corpi.

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L’edificio centrale della struttura, area di accoglienza e rappresentanza, è preceduto da un organismo troncopiramidale, uno “ziggurat” di richiamo arcaico e monumentale, caratterizzato da un imponente scalone che accompagna i dipendenti e gli ospiti dell’ACCA software verso il patio, i diversi ambienti ristoro e gli spazi espositivi atti a favorire gli scambi tra le persone.

Dall’unità principale si dispiegano le quattro ali sfalsate della libellula che creano due corti aperte, un fondamentale elemento di comfort per gli ambienti di lavoro a essi prospicenti: le diverse aree sono infatti separate da muri forati da passaggi che suddividono e frazionano in settori gli spazi oblunghi, determinando alternanze di prato e cespugli, secondo un disegno perfettamente integrato nell’architettura della costruzione.

Seguendo la tendenze delle smart factory e dell’industria 4.0 anche la nuova sede di ACCA software è stata realizzata considerando le nuove necessità lavorative che portano a ripensare spazi commerciali e uffici in ottica più social e digital, headquarters aziendali dove il layout si adatta alle nuove esigenze di integrazione e condivisione.

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All’interno dei quattro corpi laterali trovano posto gli open space delle postazioni di lavoro dei diversi reparti lavorativi, dalla logistica all’amministrazione, dallo stoccaggio al confezionamento, all’accoglienza e alle relazioni esterne. Non mancano poi sale riunioni, aule computer e per la formazione, a cui si aggiunge al pianterreno la presenza di una micro piscina con annessa palestra, attrezzature e spogliatori, una sala mensa con self service per 200 persone, cucina e servizi.

Una struttura energeticamente autosufficiente

La nuova sede dell’ACCA software si caratterizza per essere una realizzazione architettonica all’avanguardia non solo per la composizione delle sue volumetrie e l’integrazione con il paesaggio, ma anche per la sua autosufficienza energetica, resa possibile grazie all’uso di fonti rinnovabili e della più moderna tecnologia che alimentano una superficie di circa 7.500 m², di cui 4.300 coperti, oltre all’impiego di materiali innovativi come il blocco Porotherm BIO PLAN 45 T – 0,11 di Wienerberger Italia.

Nella progettazione dell’edificio a struttura intelaiata in calcestruzzo armato si è scelto di utilizzare, per la muratura di tamponamento, la soluzione monostrato di Wienerberger: Porotherm BIO PLAN 45 T – 0,11, ideale per tutti gli edifici ad alte prestazioni energetiche.

Porotherm BIO PLAN 45 T – 0,11, infatti, grazie alle sue elevate prestazioni in termini di isolamento termico, isolamento acustico, traspirabilità, resistenza meccanica al fuoco garantisce una trasmittanza U pari a 0,23 W/m²K, rappresentando un elemento fondamentale e strategico per il contenimento dei consumi energetici, sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento soprattutto in un clima mediterraneo come quello dell’Irpinia.

Una soluzione eccellente adottata dai progettisti non solo per gli ottimi valori di trasmittanza ma anche per le brillanti prestazioni di sfasamento dell’onda termica conferite dalla cospicua massa superficiale del blocco, la cui inerzia permette di smorzare i picchi della temperatura esterna, mantenendo all’interno dell’edificio temperature costanti per il massimo comfort. A tutto ciò si aggiunge che, grazie al suo elevato spessore, pari a 450 mm, Porotherm BIO PLAN 45 T – 0,11 consente di risolvere il problema dei ponti termici, preservando così l’edificio da eventuali perdite di calore e abbassamento della temperatura superficiale interna.

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Tutti questi vantaggi in termini di comfort abitativo sono inoltre determinati dalla combinazione della tecnologia della rettifica con quella dei setti sottili: grazie alla rettifica è infatti possibile realizzare giunti di malta di appena 1 mm, andando a eliminare completamente il ponte termico della malta e incrementando le performance energetiche, mentre i setti sottili permettono di aumentare le file dei fori e la percentuale di foratura, migliorando così le prestazioni energetiche rispetto a un normale laterizio. La tecnica della rettifica inoltre permette di ridurre i tempi di posa fino al 50% grazie al perfetto incastro dei blocchi con vantaggi anche in termini economici.

L’involucro esterno, distanziato 80 cm dalle pareti e caratterizzato da schermature orizzontali e verticali, è invece interamente in acciaio e svolge una doppia funzione: proteggere l’edificio dall’irraggiamento solare e al contempo sorreggere il cornicione su cui sono installate delle lamelle fotovoltaiche.

Questa “doppia pelle” in acciaio consente il sostegno delle diverse schermature: quelle orizzontali realizzate in pannelli tipo orsogrill che risolvono anche il problema della percorribilità delle vetrate per la loro manutenzione, e quelle verticali, scorrevoli e orientabili che caratterizzano anche l’aspetto figurativo dell’edificio in base alle diverse posizioni che le schermature assumono durante il giorno.

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Completano questo complesso energeticamente autosufficiente la presenza sulla copertura di una fascia centrale a lanternini continui disposti a sheds che catturano e raccolgono la luce naturale proveniente da nord, mentre a sud si integrano con i pannelli fotovoltaici e la presenza a fianco dell’edificio di una “torre del vento” sulla cui sommità è installata una pala eolica di nuova generazione, a doppia elica a spoletta verticale.

Scheda tecnica

Tipologia: Complesso di nuova costruzione destinato a ospitare la sede dell’azienda ACCA software S.p.A
Località: Bagnoli Irpino (AV)
Progetto architettonico e coordinamento generale: Francesco Bruno
Architettura: Lilla Mangoni di S.Stefano e Staff tecnico ACCA software S.p.A
Collaboratore: Vincenzo Accetta
Strutture: Antimo Bencivenga
Direttore dei lavori: Antonio Cianciulli
Impresa esecutrice: Sabino Dello Buono Costruzioni s.r.l
Carpenterie metalliche: Emmepimental srl
Committente: ACCA software S.p.A
Cubatura fuori terra: 30.000 mc

Per maggiori informazioni consultare www.acca.it/nuova-sede

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Source: Ediltecnico.it

Urban è la nuova finestra di Sidel: moderna, diversa, naturale

Grazie all’esperienza maturata in oltre 60 anni di produzione di serramenti interni ed esterni, Sidel ha ideato e realizzato una finestra unica nel suo genere, il design e la ricercatezza si sposano con le soluzioni su misura e le prestazioni tecniche, un serramento “evoluto” per rispondere alle più svariate soluzioni architettoniche e alle tendenze del mercato.

Nasce così la nuova finestra in legno alluminio Urban, l’evoluzione del serramento.

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Una finestra di concezione moderna, che si caratterizza per uno stile attuale e ricercato, che crea atmosfere dal gusto metropolitano con uno stile moderno minimalista, essenziale e dalle linee decise.

La finestra urban è l’espressione di uno stile particolarmente ricercato e flessibile, perché si adatta a qualsiasi contesto dalle residenze private, agli uffici, ai negozi, ad ambienti cittadini e località poste al di fuori di contesti metropolitani, ma Urban non è solo estetica, la sua vera forza sta nella tecnica di realizzazione.

Urban e’ la risposta alle richieste attuali, infatti se risulta essere la finestra ideale in fase di progettazione, studiando dimensioni e soluzioni di montaggio, si adatta con facilità anche in fase di ristrutturazione; Urban un unico serramento con molteplici combinazioni di montaggio.

La sua collocazione è ovunque sia la tua casa, in ambienti ampi e spaziosi o più piccoli dove recuperare spazio e luce diventa fondamentale, in ogni caso, Urban saprà dare subito un senso di libertà e grandezza ad ogni locale.

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Living moderno + spazio alla luce

Con le sue linee decise, il profilo minimal ed il coprifilo interno complanare all’anta la serie urban riscrive il concetto di montaggio della finestra, passando dal tradizionale a centro muratura al più ricercato “raso parete”, arredando con stile qualsiasi ambiente sfruttando gli spazi e donando luminosità con un maggiore ingresso di luce rispetto alle finestre tradizionali.

Proprio le sue qualità e caratteristiche rendono la finestra Urban una finestra:

Perchè Urban è moderna

URBAN è una finestra che vuole rompere gli schemi tradizionali e uscire dalla solita prospettiva in cui siamo abituati a vedere le finestre. Quando l’ufficio progettazione ha ideato la nuova finestra di casa Sidel, lo ha fatto tenendo presenti quali fossero i requisiti a cui doveva rispondere il nuovo serramento::

  • arredare ogni ambiente, dal moderno al classico, dal minimal al ricercato;
  • avere prestazioni straordinarie;
  • essere originale e tecnicamente valida;
  • avere una gamma completa che rispondesse a tutte le soluzioni architettoniche più comuni;

Profilo complanare

Il profilo anta di Urban si presenta complanare al telaio rendendola cosi la finestra

MODERNA per eccellenza, rispondendo a pieno alle attuali esigenze in fatto di linee squadrate, recupero della luce e un ricercato minimalismo.

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Perchè Urban è diversa

La finestra URBAN è da subito diventata l’espressione di uno stile ricercato, adatta a qualsiasi ambiente ed arredamento, dal più classico dove i colori scuri e naturali del legno sono predominanti ad ambienti moderni e luminosi dove i colori chiari e sbiancati regnano sovrani, creando a volte anche contrasti forti ma equilibrati; ma URBAN si differenzia per la sua flessibilità, adeguandosi alle esigenze architettoniche più complesse come i montaggi raso parete o con telai a “zeta” ottenendo risultati estetici diversi dal solito.

Soglia minimal

Cio’ che rende Urban una finestra diversa dalle altre è anche la soglia utilizzata; sia la finestra che la portafinestra montano di serie una soglia ribassata in alluminio a taglio termico con un profilo studiato e realizzato appositamente.

Perchè Urban è naturale

Urban esprime il suo essere naturale non solo attraverso l’utilizzo di legni di prima scelta e certificati, non solo per l’utilizzo di vernici esclusivamente ad acqua ma anche per l’utilizzo di altri materiali come ferramenta a scomparsa di ultima generazione e vetri ad alte prestazioni energetiche, facendo di Urban la finestra a risparmio energetico per eccellenza.

Urban rispetta a pieno il nuovo concetto di “essere naturale”; oggi non basta più semplicemente utilizzare materiali a basso impatto ambientale e non inquinanti, ma bisogna fare un passo avanti, riducendo i consumi energetici in fase di produzione e di installazione, realizzando prodotti che una volta messi in opera aiutino realmente ad evitare sprechi energetici e al tempo stesso aumentano il confort abitativo.

La scelta dei materiali

La ricerca dei componenti è stata fondamentale in fase di studio e progettazione per realizzare un prodotto “naturale”, infatti, unire le migliori prestazioni ottenibili da un serramento in legno-alluminio con la tecnologia più avanzata in materia di produzione ha portato alla realizzazione di una finestra eco-compatibile al 100%

Perchè Urban è tecnica

Sotto il profilo tecnico, Urban è un serramento unico nel suo genere, dove il design e la ricercatezza si sposano con le soluzioni tecniche e le prestazioni, un serramento “EVOLUTO” per rispondere alle più svariate soluzioni architettoniche.

Urban è la risposta alle tendenze del momento, un unico serramento ma molteplici combinazioni di montaggio. Qualunque sia il risultato che vuoi ottenere, Urban potrà dartelo.

Urban rispetta tutte le caratteristiche di tenuta e funzionalità che oggi sono richieste ad una finestra di ultima generazione. Nonostante le piccole dimensioni del telaio e dell’anta, grazie alla tecnologia applicata ed ai materiali utilizzati, la nuova finestra Urban è in grado di assicurare un elevato confort abitativo.

Urban raggiunge valori prestazionali eccellenti.

Isolamento termico 0,83 W/mqk | Isolamento acustico 40 dB.

Per maggiori dettagli clicca qui

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Source: Ediltecnico.it

Partita IVA e Professionisti: la dichiarazione IVA scade oggi

Ecco uno schema delle scadenze fiscali IVA come modificate dal Decreto Milleproroghe: le nuove date per il 2017 e come cambieranno dal 2018. Entro oggi è da fare la dichiarazione annuale IVA relativa al 2016.

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Entro oggi, la dichiarazione IVA

La Comunicazione annuale dati IVA è sostituita dalla Dichiarazione IVA 2016, con scadenza 28 febbraio 2017 (oggi) e, per il 2018, 30 aprile.

Entro oggi va inviata la Dichiarazione IVA all’Agenzia delle Entrate, pena la senzione.

È una novità fiscale, separata rispetto alla dichiarazione dei redditi. Il termine del 28 febbraio vale solo per quest’anno. L’adempimento riguarda tutti i titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa, artistiche, professionali.

La dichiarazione IVA si presenta solo online, sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

I moduli sono due:
– modulo IVA
– modulo IVA base, semplificato per persone fisiche e imprese che hanno determinato imposta e detrazioni con modalità ordinarie.

Cosa fare se non fai la dichiarazione IVA oggi

L’Agenzia delle Entrate ritiene effettuata la presentazione quando ottiene la ricevuta. La presentazione in ritardo, ma comunque entro i successivi 90 giorni (cioè entro il 29 maggio) prevede il pagamento della sanzione di 250 euro, riducibili a 25 euro con ravvedimento operoso. Superati i 90 giorni supplementari, per il fisco la dichiarazione è omessa, anche se l’imposta risultante dal modello “ritardatario” fa titolo ai fini della riscossione.

Puoi, prima della scadenza ordinaria, correggere o integrare una dichiarazione che hai già inoltrato, compilando un nuovo modello e barrando la casella “Correttiva nei termini”.

Il versamento va fatto entro il 16 marzo 2017 (in unica soluzione o a rate mensili, al massimo fino a novembre) oppure, con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese di ritardo rispetto al 16 marzo, rispettando i termini previsti dalla dichiarazione dei redditi.

Dichiarazione IVA, sei esonerato se

Sei esonerato se:
– nel 2016 hai registrato solo operazioni esenti (articolo 10, Dpr 633/1972) o se sei dispensato dagli obblighi di fatturazione e registrazione (articolo 36-bis, Dpr 633/1972)
– se hai aderito al regime dei minimi o al regime forfetario e lavoratori in mobilità (“nuovi minimi”);
– se hai un’impresa individuale e hai dato in affitto l’unica azienda e se non eserciti altre attività rilevanti ai fini del tributo;
– se sei contribuente Iva, residente in altri stati Ue, nell’anno d’imposta hai eseguito solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o senza obbligo di pagamento dell’imposta.

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Regime Forfetario e dei Minimi: come compilare la dichiarazione dei redditi

Milleproroghe, scadenze fiscali 2017

28 febbraio (oggi): Dichiarazione annuale IVA relativa al 2016;

10 / 20 aprile: Spesometro relativo al 2016

31 maggio: Comunicazione liquidazioni IVA I trimestre 2017;

18 settembre: 1° Spesometro 2017, comunicazione fatture I semestre 2017;

18 settembre: Comunicazione liquidazioni IVA II trimestre 2017;

30 novembre: Comunicazione liquidazioni IVA III trimestre 2017;

Milleproroghe, scadenze fiscali 2018

28 febbraio: Comunicazione liquidazioni IV trimestre 2017 e Spesometro 2017 (Comunicazione fatture II semestre 2017);

30 aprile: Dichiarazione annuale IVA relativa al 2017.

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Scadenze Partite IVA e professionisti: riferimenti normativi

Il Milleproroghe 2017 (Legge n. 244/2016), approvato in via definitiva, modifica i termini trimestrali dello Spesometro previsti dal D.l. 193/2016: l’articolo 14-ter (“Misure per il recupero dell’evasione”) del Ddl di conversione del D.l. 244/2016 proroga dal 25 luglio al 16 settembre 2017 (ovvero il 18 settembre, visto che il 16 è sabato) il temine per la comunicazione dei dati delle fatture relative al primo semestre. Per la comunicazione relativa al secondo semestre, la scdenza è a febbraio 2018.

Scadenze dello Spesometro

Per lo Spesometro, per il 2016 l’adempimento va fatto:
– entro il 10 aprile 2017 dai contribuenti IVA mensili
– entro il 20 aprile 2017 per quelli trimestrali.

Dal 2018, invece, lo Spesometro sarà trimestrale. L’adempimento relativo alla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (articolo 21-bis del D.L. n. 78 del 2010) resta trimestrale: prima scadenza per il primo trimestre 31 maggio 2017.

Regime forfetario dei professionisti tecnici dopo la Legge di Stabilità


Regime forfetario dei professionisti tecnici dopo la Legge di Stabilità

L. De Simone, 2016, Maggioli Editore

Il 2016 si apre con molte novità positive per chi si appresta ad iniziare una nuova attività e vuol ridurre al minimo gli obblighi amministrativi e, soprattutto, il peso del fisco. Le modifiche al regime forfetario rendono infatti questo sistema molto più conveniente…

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Gli orfani dei Liberi professionisti pagheranno più tasse rispetto a quelli dei dipendenti

In seguito all’annullamento di un emendamento al Jobs Act Autonomi, chi ha perso un genitore che faceva il libero professionista pagherà più tasse rispetto a chi ha avuto lo stesso lutto ma il genitore era un dipendente. Si tratta in tutto di circa 230 euro all’anno.

Che fine ha fatto il Jobs Act Autonomi?

La vicenda

In favore dei figli di genitori deceduti, nella Legge di Bilancio 2017 è prevista l’esclusione – fino a un massimo di 1.000 euro – delle quote di pensione dal reddito imponibile ai fini Irpef, ma solo per i lavoratori dipendenti, pubblici, privati o per quelli iscritti alla Gestione separata dell’Inps. Non c’è nessun riferimento agli iscritti presso gli altri Enti di previdenza obbligatoria.

Si tratta di una disparità di trattamento. Nel tentativo di eliminarla è stato presentato un emendamento al Disegno di legge Jobs Act Autonomi. L’emendamento è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

 

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Jobs Act Autonomi a rischio. Quali dovrebbero essere i tempi di approvazione?

Il presidente dell’associazione delle Casse dei professionisti Alberto Oliveti chiede al Presidente e a tutti i componenti della Commissione Lavoro della Camera di ristabilire parità di diritto tra i cittadini. Non possono esistere orfani di serie A e orfani di serie B.

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Il suolo: una risorsa vitale ma limitata. Le conseguenze del degrado

Il suolo è una risorsa sostanzialmente non rinnovabile nel senso che la velocità di degradazione può essere rapida, mentre i processi di formazione e rigenerazione sono estremamente lenti. Si tratta di un sistema molto dinamico che svolge numerose funzioni e presta servizi essenziali per le attività umane e la sopravvivenza degli ecosistemi.

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La Terra è stata modellata interamente dall’azione di forze con movimenti lenti agenti in periodi di tempo lunghissimi, sintetizzabile con la frase “il passato è la chiave del presente”. Le specie si formano ognuna in un preciso momento dello spazio e del tempo, già pronte per l’ambiente in cui si trovano a vivere, anche se possono disperdersi a causa di cambiamenti climatici o per l’introduzione di nuove specie, che modifichino l’habitat. Il suolo deve essere utilizzato in maniera sostenibile, in modo da conservarne le capacità di fornire servizi di tipo ecologico, economico e sociale e di mantenerne le funzioni, affinché le generazioni future possano vedere soddisfatte le proprie esigenze.

Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali e dell’uomo sulla superficie della Terra. Il suolo è un substrato vivente e dinamico che permette l’esistenza della vita vegetale e animale. E’ essenziale alla vita dell’uomo quale mezzo produttore di nutrimento e di materie prime.  E’ un elemento fondamentale della biosfera e contribuisce, assieme alla vegetazione ed al clima, a regolare il ciclo idrologico e a influenzare la qualità delle acque.

Cosa s’intende per suolo?

In genere, per “suolo” s’intende lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, organici, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Nel suolo vengono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio: in effetti, con le 1.500 giga tonnellate di carbonio che immagazzina, è il principale deposito del pianeta.

Per l’importanza che rivestono sotto il profilo socioeconomico e ambientale, tutte queste funzioni devono pertanto essere tutelate. Il suolo è un mezzo estremamente complesso e variabile. In Europa ne sono stati individuati oltre 320 tipi principali, ognuno dei quali, al proprio interno, è caratterizzato da proprietà fisiche, chimiche e biologiche estremamente variabili. Le funzioni che svolge il suolo dipendono notevolmente dalla sua struttura e pertanto eventuali danni alla struttura hanno ripercussioni negative anche su altre matrici ambientali ed ecosistemi.

La questione del consumo del suolo e di un suo uso sostenibile e razionale è di vitale importanza per la realizzazione consapevole di infrastrutture e di edifici civili da parte di amministrazioni pubbliche e/o di committenti privati.

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Il suolo subisce una serie di processi di degradazione e di minacce, quali l’erosione, la diminuzione di materia organica, la contaminazione locale o diffusa, l’impermeabilizzazione, la compattazione, il calo della biodiversità, la salinizzazione, le alluvioni e gli smottamenti.  Combinati, tutti questi rischi possono alla fine determinare condizioni climatiche aride che possono portare alla desertificazione.

Il degrado del suolo è un problema serio, causato dalle attività umane, per esempio da pratiche agricole e silvicole inadeguate, attività industriali, turismo, proliferazione urbana e industriale e opere di edificazione.  Tutte queste attività esercitano un impatto negativo, perché impediscono al suolo di svolgere tutta la varietà di funzioni e di servizi che normalmente fornisce agli esseri umani e agli ecosistemi. Il risultato è una minor fertilità del suolo, una perdita di carbonio e di biodiversità, una capacità inferiore di trattenere l’acqua, lo sconvolgimento dei cicli dei gas e dei nutrienti e una minore degradazione degli agenti contaminanti.

Degrado del suolo: le conseguenze

Il degrado del suolo ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell’aria, sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici, ma può anche incidere sulla salute dei cittadini e mettere in pericolo la sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale.  Saranno necessarie ulteriori attività di ricerca per colmare le lacune esistenti in termini di conoscenze sul suolo e per dare una base scientifica più solida alle politiche.

I processi di degradazione del suolo variano sensibilmente da uno Stato membro all’altro, perché i rischi si presentano in forma e in entità diverse, ma il fenomeno riguarda tutta l’UE.  Secondo le stime, 115 milioni di ettari, pari al 12 % della superficie totale delle terre emerse europee, sono soggetti ad erosione idrica, mentre 42 milioni di ettari sono colpiti dal fenomeno dell’erosione prodotta dal vento.

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Si calcola che il 45 % dei suoli europei presenta uno scarso contenuto di materia organica. È evidente, tuttavia, che i fattori antropici alla base delle attuali minacce per il suolo incidono sempre di più. I cambiamenti climatici, sotto forma di temperature in aumento e di eventi meteorologici estremi, stanno acuendo le emissioni di gas serra prodotte dal suolo e fenomeni come l’erosione, gli smottamenti, la salinizzazione e la diminuzione di materia organica dei suoli.

Da molti dati risulta evidente che gran parte dei costi legati al degrado del suolo non è sostenuta dagli utilizzatori più diretti dei terreni, ma spesso dalla società in generale e da soggetti distanti dal punto in cui insorge il problema (esterni al sito). Il suolo si forma lentamente attraverso processi fisici, fisico-chimici e biologici, ma può essere distrutto rapidamente in seguito ad azioni sconsiderate.

La sua fertilità può essere aumentata con un trattamento appropriato che può durare anni e decenni, ma, una volta distrutto, il suolo può impiegare secoli per ricostruirsi. La società industriale usa i suoli sia a fini agricoli che a fini industriali o d’altra natura. Qualsiasi politica di pianificazione territoriale deve essere concepita in funzione delle proprietà dei suoli e dei bisogni della società di oggi e di domani.

I molteplici usi del suolo

Il suolo può essere destinato a molteplici usi, le cui scelte sono generalmente guidate da necessità economiche e sociali. Tali scelte, tuttavia, devono tenere conto delle caratteristiche dei suoli, della loro fertilità e dei servizi socio-economici che i suoli possono rendere alla società di oggi e di domani. Queste stesse caratteristiche determinano, conseguentemente, l’utilizzabilità dei suoli per fini agricoli, forestali o di altra natura. Deve essere evitata la distruzione dei suoli fatta per motivi puramente economici dettati da considerazioni di rendimento a breve termine.

Le terre marginali pongono problemi speciali e offrono possibilità particolari per la conservazione del suolo, perché, se convenientemente sistemate, esse possono avere un potenziale non trascurabile come risorse naturali, zone di rimboschimento, settori di protezione contro l’erosione e le valanghe, riserve di acqua e regolatori dei regimi idrici e come zone da sfruttare per attività ricreative. Gli agricoltori e i forestali devono applicare metodi che preservino le qualità dei suoli.

La meccanizzazione e i metodi moderni permettono di aumentare i rendimenti, ma se vengono impiegati senza discernimento possono rompere l’equilibrio naturale dei suoli, alterandone le proprietà fisiche, chimiche e biologiche. La distribuzione delle sostanze organiche del suolo a causa di pratiche agricole inadeguate e il cattivo uso di macchine pesanti sono importanti fattori che possono degradare la struttura del suolo e, di conseguenza, diminuire la produttività delle colture. La struttura dei suoli destinati alla produzione di foraggio può essere egualmente danneggiata da un carico eccessivo.

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Erosione e inquinamenti

Il suolo è esposto agli agenti atmosferici: è eroso dall’acqua, dal vento, dalla neve e dal ghiaccio.  Le attività umane, condotte senza le dovute precauzioni, accelerano il degrado della struttura del suolo e ne diminuiscono la normale resistenza agli agenti corrosivi. Nessuna occupazione di suolo deve mai essere fatta senza prestabilire gli opportuni interventi meccanici e biologici propri a fermare l’erosione accelerata.

Se utilizzati senza discernimento e senza controllo, taluni concimi chimici e pesticidi possono accumularsi nei terreni coltivati e quindi contribuire all’inquinamento del suolo, delle acque sotterranee, dei corsi d’acqua e dell’atmosfera. Essi influenzano anche le zone circostanti, a causa delle infrastrutture necessarie al funzionamento dello spazio urbano (strade, acquedotti, ecc.) e delle quantità, sempre in aumento, dei rifiuti da evacuare.

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L’urbanizzazione deve essere concentrata e organizzata in maniera tale da evitare il più possibile l’occupazione dei suoli di buona qualità e la degradazione o l’inquinamento dei suoli nelle regioni agricole e forestali, le riserve naturali e le zone ricreative. Nei progetti di ingegneria civile si deve tener conto di ogni loro ripercussione sui territori circostanti e nel costo devono essere previsti e valutati adeguati provvedimenti di protezione. Le opere di costruzione di dighe, ponti, strade, canali, fabbriche o case possono avere una influenza più o meno permanente sui territori circostanti sia vicini che più o meno lontani.

Tali opere alterano spesso il drenaggio naturale delle falde freatiche. È necessario prevedere quindi le loro ripercussioni in modo da evitare, adottando misure adeguate, gli effetti nefasti che potrebbero generare. Il costo delle misure di protezione dei territori circostanti deve essere calcolato già nella fase di progettazione e, in caso di installazioni temporanee, nel calcolo delle spese di previsione deve essere compreso il costo del ripristino alla situazione originaria.

L’inventario delle risorse del suolo

In vista di una pianificazione territoriale razionale e per permettere una autentica politica di conservazione e di miglioramento, è indispensabile che vengano definite le caratteristiche dei vari suoli, ne vengano riconosciute le attitudini e la distribuzione spaziale. Si è visto che in Europa ne sono stati individuati oltre 320 tipi principali, ognuno dei quali, al proprio interno, è caratterizzato da proprietà fisiche, chimiche e biologiche estremamente variabili.

A tale scopo, ogni paese dovrà procedere ad un inventario, il più dettagliato possibile delle risorse rappresentate dai suoli. Le carte pedologiche, necessariamente completate da carte tematiche, cioè carte geologiche, carte sull’idrogeologia reale e potenziale dei suoli, carte d’utilizzazione dei suoli, carte della potenzialità colturale, carte della vegetazione naturale e potenziale e carte idrologiche permettono di realizzare l’inventario sopracitato.

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La loro esecuzione effettuata da un servizio specializzato, deve costituire un’attività necessaria e basilare per ogni paese.  Tali carte dovrebbero essere redatte in modo da permettere i paragoni a livello internazionale. Per realizzare l’utilizzazione razionale e la conservazione dei suoli sono necessari l’incremento della ricerca scientifica e la collaborazione interdisciplinare.

Infatti da essa dipendono la messa a punto delle tecniche, di conservazione, in agricoltura e in silvicoltura, l’elaborazione delle norme di applicazione dei concimi chimici, lo sviluppo dei metodi di sostituzione dei pesticidi tossici e dei mezzi di prevenzione dell’inquinamento. La ricerca scientifica è essenziale per evitare le conseguenze dannose di qualsiasi utilizzazione sbagliata dei suoli al momento dell’insediamento su di essi delle diverse attività umane. Data la complessità dei problemi da risolvere, tale ricerca deve essere sviluppata presso centri multidisciplinari.

Un esempio della classificazione delle aree forestali nazionale (IFNC)

L’inventario forestale nazionale e dei serbatoi forestali di Carbonio (INFC) impiega un proprio sistema di classificazione studiato per soddisfare, per quanto possibile, le esigenze dei diversi utilizzatori e salvaguardare la possibilità di integrare fra loro dati e informazioni raccolti da diverse indagini territoriali. Le unità di territorio osservate vengono classificate dapprima in funzione dell’uso del suolo, o meglio della copertura del suolo, quindi del tipo di vegetazione presente, sia in termini di rapporto tra specie arbustive ed arboree che di composizione specifica.

La classificazione delle unità di campionamento consente di stimare l’estensione delle diverse categorie individuate: la superficie occupata da boschi, dalle boscaglie, dagli arbusteti come pure la superficie delle faggete, dei lariceti e di tutti i diversi tipi di bosco vengono infatti stimate sulla base della proporzione delle unità osservate ricadenti in ciascuna classe di copertura o categoria di vegetazione. I diversi livelli di classificazione previsti dall’INFC rendono massima la coerenza con gli standard internazionali che costituiscono il naturale riferimento di indagini territoriali a livello nazionale. In particolare ai livelli più alti dello schema di classificazione esiste una perfetta corrispondenza con il sistema CORINE Land Cover (Copernicus Land Monitoring Service), mentre i livelli più bassi, relativi alla distinzione delle diverse fitocenosi, corrispondono ad una o più classi del sistema europeo di classificazione degli ambienti naturali CORINE Biotopes

Il sistema di classificazione INFC prevede diversi livelli gerarchici:

  • punto elenco classi e sottoclassi di uso/copertura del suolo,
  • punto elenco macrocategorie e categorie inventariali (classi di uso/copertura definite sulla base della definizione di foresta),
  • punto elenco categorie e sottocategorie forestali, individuate in base alla composizione specifica dello strato arboreo, alle specie diagnostiche del sottobosco, ai caratteri della stazione e, in molti casi, alla localizzazione geografica.

La classificazione delle unità di campionamento avviene in due momenti, dapprima per fotointerpretazione durante la prima fase e successivamente con i rilievi al suolo di seconda fase.

Mediante una procedura speditiva di fotointerpretazione su ortofoto digitali in bianco e nero viene dapprima classificato l’uso del suolo, o meglio il tipo di copertura, secondo un sistema di classificazione derivato dal CORINE Land Cover Classification System e adattato alle esigenze dell’inventario forestale nazionale.  Squadra durante la localizzazione del punto inventariale.

In questa fase vengono attribuiti alla classe delle Aree boscate i punti di campionamento caratterizzati da una copertura arborea o arbustiva superiore alla soglia minima adottata oltre ai punti temporaneamente privi di copertura per cause antropiche o naturali. In seconda fase la copertura arboreo-arbustiva osservata su ortofoto viene ripartita nelle sue due componenti, alberi e arbusti, allo scopo di distinguere i boschi veri e propri dalle altre formazioni forestali (arbusteti, boscaglie, ecc.).

I punti di campionamento vengono così assegnati ad una delle sette categorie inventariali. L’identificazione a terra della specie o del gruppo specie prevalenti, che avviene sempre durante i rilievi di seconda fase, consente infine di ripartire i punti di campionamento secondo categorie di vegetazione, le categorie e sottocategorie forestali, distinte sulla base della specie o del gruppo di specie prevalenti. La classificazione in due tempi delle unità di campionamento appena descritta permette quindi di giungere ad un livello di accuratezza molto elevato e di applicare operativamente in modo coerente e robusto le definizioni adottate.

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Il suolo come una risorsa vitale

La conservazione dei suoli deve essere oggetto di insegnamento a tutti i livelli e di informazione pubblica sempre maggiore.  L’informazione del pubblico sulla necessità e sui metodi di conservazione della qualità dei suoli deve essere aumentata e adatta alle situazioni locali e nazionali. Le autorità devono fare in modo che il pubblico venga correttamente informato sulla ricerca scientifica svolta in tale settore.

La dottrina della conservazione dei suoli deve figurare nei programmi di insegnamento a tutti i livelli (primario, secondario, universitario) quale elemento dell’educazione in materia di ambiente. Le tecniche della conservazione dei suoli devono essere insegnate presso le facoltà e le scuole di ingegneria civile, agrarie e forestali e agli adulti degli ambienti rurali.  I governi e le autorità amministrative devono pianificare e gestire razionalmente le risorse rappresentate dal suolo.

Il suolo costituisce una risorsa vitale, ma limitata. Deve quindi essere oggetto di una pianificazione razionale che risponda non solamente ai bisogni attuali, ma garantisca anche per il futuro la conservazione del suolo nella biosfera, accrescendone o almeno mantenendone la capacità produttiva.

Di conseguenza, nell’ambito delle risorse rappresentate dal suolo si impone una vera politica di conservazione, realizzabile attraverso strutture amministrative competenti, necessariamente centralizzate e ben coordinate a livello regionale. Egualmente si impone una legislazione appropriata, che permetta di ripartire razionalmente le diverse attività umane nel quadro regionale e nazionale, di controllare le tecniche di utilizzazione dei suoli che potrebbero degradare o inquinare l’ambiente, di proteggere i suoli contro le aggressioni naturali o provocate dall’uomo e, dove necessario, di ricostituirli.

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Source: Ediltecnico.it

Case in legno: possono marcire?

Affrontiamo in questo articolo un tema molto importante relativo alle case in legno, che sta già divenendo, negli ultimi anni, oggetto di numerose contestazioni e vertenze legali.

È una domanda ricorrente e molto importante. Infatti noto come spesso l’informazione relativa al mondo delle case in legno non sia esaustiva, fornendo ai Committenti, che si stanno interessando e documentando, dati ed opinioni spesso parziali, incomplete e soggettive.

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Partiamo da un concetto semplice e quasi banale: il legno è un materiale per molti aspetti formidabile, ma in certe condizioni, e in particolare per quanto riguarda alcune essenze, può marcire, soprattutto in presenza di particolari condizioni di umidità e temperatura.

La maggior parte delle case in legno prefabbricate in commercio sono realizzate con struttura portante in legno di Abete (sia quelle con struttura a xlam sia a telaio), che teme notevolmente le marcescenze. Molto raramente vengono utilizzate altre essenze più resistenti come ad esempio il Larice (più costoso), in particolare nella realizzazione di case con struttura a telaio, mentre la quasi totalità delle pareti in xlam in commercio sono realizzate in Abete.

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Nelle case in legno (indipendentemente dalla tipologia costruttiva) è necessario garantire la tenuta all’aria dell’involucro edilizio, in particolare delle pareti perimetrali (ma anche in copertura c’è il medesimo problema). Infatti, in inverno, con una temperatura interna di 20°C ed una umidità, ad esempio, del 40-50%, si viene creare una migrazione di vapore naturale dall’interno della casa verso l’esterno.

Questo flusso naturale di vapore deve essere limitato o impedito, in modo da evitare pericolose condense interstiziali all’interno del muro della casa in legno. Se il flusso viene impedito, è necessario prevedere assolutamente un impianto di ventilazione con ricambio automatico ad alta efficienza, in modo da smaltire all’esterno, senza necessità di aprire le finestre, tutta l’umidità che viene prodotta nell’abitazione dalla normale vita familiare.

Anche un foro di pochi mmq sulla parete perimetrale genera, in un breve lasso di tempo, una grande quantità di condensa (svariati litri di acqua) che, nel tempo, può causare gravi marcescenze alla struttura portante lignea, agli isolamenti (in particolare ai cappotti in fibra di legno) oltre che sgradevoli problematiche alle contropareti interne, formate spesso da lastre di cartongesso che, a contatto con l’acqua, aumentano di volume.

Case in legno: come evitare le marcescensce

Pertanto quando si progetta e realizza una casa in legno si devono verificare accuratamente i pacchetti perimetrali murali (ad esempio con il classico diagramma di Glaser) in modo da scongiurare, fin dalla fase progettuale, errori gravi che possono poi generare nel tempo, condense interstiziali pericolosissime. Ma ciò non basta.

La fase esecutiva di cantiere è fondamentale. Infatti, la Direzione Lavori deve verificare con cura che le pareti perimetrali siano realizzate come da progetto, in particolare che il frenovapore previsto sul pacchetto della casa in legno con struttura a telaio sia stato installato correttamente, anche in corrispondenza dei punti critici quali scatole di derivazione elettriche, punti luce, giunzioni tra pannelli prefabbricati, ecc.

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Per le case di legno con struttura a xlam invece è fondamentale che siano installate a regola d’arte le nastrature butiliche in corrispondenza dei punti di interruzione delle pareti o dove posano le travi dei solai in quanto la parete medesima svolge anche la funzione di barriera al vapore (si ricorda che il legno massello ha una permeabilità al vapore comparabile a quella del polistirolo).

Una volta completata la realizzazione della nuova abitazione in legno, per verificare che tutto sia stato realizzato a regola d’arte, è opportuno che sia fatto un blower door test per verificare la tenuta all’aria dell’involucro edilizio e per individuare eventuali imperfezioni, spifferi e difetti, molto pericolosi per le case in legno.

Anche l’attacco delle pareti a terra è un punto molto delicato: deve essere sempre presente un cordolo di rialzo in cemento armato che sporge di almeno 10 cm dalla platea (o dal solaio se è presente un piano interrato). Inoltre deve essere sempre presente una guaina di separazione tra le superfici di contatto tra i pannelli portanti in legno ed il cordolo in c.a.

Inoltre, per evitare ingressi di umidità laterali, deve essere sempre previsto un risvolto di guaina tra i marciapiedi esterni e le pareti perimetrali lignee.

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Un’ultima precisazione

Chi compra o realizza una casa in legno deve essere ben coscente del fatto che le pareti perimetrali ed il tetto non possono assolutamante essere forati, per nessun motivo per appendere ad esempio mensole, mobili, pensili, lampadari ecc. Ciò, infatti, potrebbe provocare negli anni grandi condense interstiziali occulte che, nel giro di qualche anno, potrebbero far marcire parte delle strutture portanti lignee, con gravi conseguenze statiche ed economiche.

E’ fondamentale che i Committenti si affidino a professionisti esperti del settore che li accompagnino e consiglino in tutte le innumerevoli scelte e peculiarità che la realizzazione di una casa in legno comporta.

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